Ares, dio della guerra
Ares
Ares | |
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Scultura raffigurante Ares conservata nella Villa Adriana, a Tivoli | |
Nome orig. | Ἄρης (Árēs) |
Lingua orig. | Greco antico |
Specie | Divinità |
Sesso | Maschio |
Professione | Dio della guerra sanguinaria |
Affiliazione | Dei olimpici |
Ares (in greco antico: Ἄρης, Árēs) nella religione greca è il figlio di Zeus ed Era. Viene molto spesso identificato tra i dodici Olimpi come il dio della guerra in senso generale, ma si tratta di un'imprecisione: in realtà Ares è il dio solo degli aspetti più violenti della guerra e della lotta intesa come sete di sangue.
Per i Greci, Ares era un dio del quale diffidare sempre.[1] Il suo luogo di nascita e la sua vera residenza si trovavano in Tracia, ai limiti estremi della Grecia, paese abitato da genti barbare e bellicose;[2] e proprio in Tracia Ares decise di ritirarsi dopo che venne scoperto con Afrodite.[3] Anche Atena è la dea della guerra ma il suo campo di azione è quello delle strategie di combattimento e dell'astuzia applicata alle battaglie, mentre Ares si diverte e si esalta per gli scoppi di furia e violenza, più graditi da Ares se improvvisi e subdoli, che in guerra si manifestano, delle atrocità connesse o no alla guerra (risse, barbarie, razzie…), non a caso Eris è sua sorella, gregaria e anche, in alcuni testi, una delle sue amanti. Fra i suoi animali sacri c'erano il cane, il cinghiale e l'avvoltoio.
La parola "Ares" fino all'epoca classica fu usata anche come aggettivo, intendendosi come infuriato o bellicoso, ad esempio si ricordano le forme Zeus Areios, Athena Areia, o anche Aphrodite Areia.[4] Alcune iscrizioni risalenti all'epoca Micenea riportano Enyalios, un nome che è sopravvissuto fino all'epoca classica come epiteto di Ares.
Pur essendo protagonista nelle vicende belliche, raramente Ares risultava vincitore. Era più frequente, invece, che si ritirasse dalla contesa, come quando combatté a fianco di Ettore contro Diomede, o nella mischia degli Dei sotto le mura di Troia: in entrambi i casi si rifugiò sull'Olimpo perché messo in seria difficoltà, direttamente o indirettamente, da Atena. Altre volte la sua furia brutale si trovò contrapposta e vanificata da eroi o semidei, per esempio dalla lucida astuzia e dalla forza di Eracle, come nell'episodio dello scontro dell'eroe con suo figlio Cicno.
I Romani identificarono Ares con il dio Marte, che era un'antica divinità degli indoeuropei, la cui figura aveva però assunto in territorio italico caratteri diversi, essendo in origine una divinità "rurale" pacifica e benefica già all'epoca venerato di più rispetto ad Ares. Fu anche assunto dagli Etruschi col nome di Maris.
Il culto di Ares in Grecia
Ares per i Romani è Marte Roma identificò Ares con Marte, molto più umano e benevolo. Presso i Romani, in origine era il dio dell’agricoltura e della primavera; a lui era dedicato il primo mese dell’antico calendario romano, Martius. Il 29 maggio si celebravano gli Ambarvalia. Durante questa festa i contadini, in solenne processione compivano, con gli animali da sacrificare, per tre volte il giro dei propri campi; immolavano poi a Marte un maiale, un montone e un toro. Secondo Ovidio, sua madre Giunone, moglie di Giove, lo avrebbe concepito senza il concorso del marito, ma semplicemente portandosi al cuore un fiore miracoloso, dono della dea Flora. Marte sedusse la Vestale Rea Silva, che generò Romolo e Remo (per un approfondimento leggi Fondazione di Roma: Storia e Leggenda clicca qui). Come padre di Romolo, Marte, insieme con Giove e con Quirino (come venne chiamato Romolo dopo la deificazione), formava una triade venerata come la più alta protezione dello Stato, invocata durante la battaglia e onorata dopo la vittoria.
Secondo la tradizione, il vecchio re Numa Pompilio chiese a Marte un segno di benevolenza. Vide quindi cadere ai propri piedi dal cielo un piccolo scudo ovale, dalla cui integrità, secondo una profezia, sarebbe dipeso la conservazione di Roma stessa. Perciò il re, per impedire che fosse rubato, fece fare altri undici scudi identici al vero, in modo che nessuno riuscisse a identificarlo. Lo scudo originario, insieme agli altri undici, era custodito in un tempio accanto alla Porta Capena, sulla via Appia. Quando un generale si accingeva a partire per una guerra, si recava in questo tempio, toccava con la mano i dodici scudi ed esclamava: «Marte, vigila alla nostra salvezza». Equus October Fra le numerose feste, distribuite lungo tutto l’arco dell’anno, che rendevano onore al dio Marte, c’era la festa dell’Equus October. Era una corsa di carri, al termine della quale il cavallo di destra del carro vincitore era ucciso a colpi di lancia e decapitato per propiziarsi il favore del dio. Animali e piante sacri al dio Gli erano sacri il picchio, il lupo, il cavallo (in quanto protettore dei cavalli, nel mese di marzo si celebravano in suo onore le feste Equiria); fra le piante, il lauro.
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