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Storia della BIRRA

Preparata utilizzando quattro elementi base: acqua, malto, luppolo e lievito, impiegati in proporzioni e modalità diverse, la birra è una bevanda fermentata, moderatamente alcolica, a base di cereali (il più usato è l'orzo) e aromatizzata col luppolo.
Questa non è solo la bevanda-alimento più diffusa al mondo, ma è anche tra le più antiche.

La prima prova della produzione di una pozione assimilabile alla birra risale a circa il 3700 a.C. in Asia. I popoli artefici della sua diffusione furono i Sumeri, gli Assiro-Babilonesi (attività svolta sacertosse), e in seguito gli Egizi.
Se vogliamo cercare le origini della birra moderna dobbiamo andare all’età del Ferro nel mondo celtico. La parola birra, tedesco "bier", francese "bière", viene probabilmente dalla stessa radice del celtico "brace", che secondo Plinio indicava una specie di cereale (scandella o orzo distico) fermentato e bruciato al fine di ottenere una bevanda.
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Non si conosce precisamente dove sia nata la prima birra: forse qualcuno assaggiò per primo una zuppa fatta con orzo che, a causa dell'umidità e del calore aveva iniziato a fermentare, e la trovò gustosa ed inebriante!

Al di là delle svariate ipotesi (che lasciamo agli esperti) la storia comunque conferma che la nascita delle prime civiltà asiatiche fu accompagnata da bevande ottenute dalla fermentazione di cereali, orzo compreso, quale è appunto la birra.

Quindi la strada della birra passò per il Medio Oriente.

I cereali abbondavano nella fertile Mesopotamia e gli esperti pensano addirittura che lo scopo principale della coltivazione dell'orzo ai tempi di Babilonia fosse la produzione della birra: presso i Sumeri, il primo popolo che ha lasciato testimonianze scritte su questa bevanda, il panificatore e il fabbricante di birra erano spesso la medesima persona.

La materia prima del birraio, infatti, erano dei pani d'orzo germinato e cotto.

Bisognava sbriciolarli e aggiungere acqua per ottenere il malto che avrebbe dato vita ad una fermentazione alcolica e quindi alla birra, altrimenti venivano consumati proprio come pane.

La birra a quell'epoca era chiamata "sikaru".

In seguito Assiri e Babilonesi perfezionarono ulteriormente il processo.

Ma furono gli Egiziani che si rivelarono dei veri e propri "imprenditori della birra": lo "zithum" , ovvero la birra, era la loro bevanda nazionale, anche se producevano e vendevano vino.

Era una birra dal gusto forte (pare 12° alcolici) che aromatizzavano con i lupini.

Anche i Greci conoscevano e apprezzavano la birra, tanto che il loro dio del vino Dionisio, divenne tale solo dopo aver tutelato per secoli la birra con il nome di Sabazio!

Ma la diffusione della bionda bevanda non si fermò al Mediterraneo e proseguì verso Nord: raggiunse l'Iberia, la Gallia e i Celti, che ne fecero la loro bevanda d'elezione.

Così, mentre il vino conquistò nel tempo i paesi del Mediterraneo quali l'Italia, la birra divenne la bevanda d'eccellenza nelle zone dove la vite aveva difficoltà a crescere.


Toccò pertanto alle tribù del centro e del nord Europa di sviluppare le tecnologie per la produzione della bevanda e di creare, nel corso del tempo, quel vasto panorama di varietà che conosciamo ai giorni nostri.

E' una storia dove, come in tutte le storie che si rispettano, non mancano diversi miti e leggende.

Quelle irlandesi, ad esempio: infatti la nascita del popolo irlandese è dovuta, seconda una "birrosa" leggenda, ai Fomoriani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la potenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall'eroe di Mag Meld, una specie di Prometeo irlandese.

Oppure quella del re Gambrinus che si dice sia il padre della bevanda e dovrebbe identificarsi con Jans Primis, duca di Brabante, vissuto in Germania dal 1250 al 1294.

Si dice che l'abbia inventata da una sua ricetta a base di orzo e malto e che ne fece partecipe il popolo: "...e il popolo godé, bevendo tutti, donne e uomini, giovani e vecchi, birra a sazietà".

E pare che, per fare onore a questa sua invenzione, lui stesso ne bevesse 117 pinte al giorno!

Leggende a parte, l'epopea della birra è sorretta innanzitutto dalla evoluzione tecnologica, sviluppata pazientemente nei monasteri che a partire dai primi secoli del Cristianesimo cominciano a costellare le nazioni del nord Europa.


Così come il vino, così per le birre migliori bisognava recarsi dai monaci che ne producevano di alta qualità, realizzandole con cura e con materie prime scelte.

La più antica "birreria" monastica è quella della abbazia di Weihehstephan, nei pressi di Monaco di Baviera, costruita nel 724.

Proprio nelle cantine delle abbazie dei conventi intorno al VIII secolo fa la comparsa un ingrediente che oggi è fondamentale nella produzione della birra: il luppolo.


Prima della sua diffusione, le birre venivano aromatizzate con erbe, spezie, bacche e cortecce d'albero.

L'infiorescenza di luppolo presenta delle ghiandole che producono un liquido giallo e appiccicoso, dal caratteristico sapore amaro e aromatico, che svolge anche una azione antisettica e conservante nella birra e che la rende anche più limpida.

Tuttavia con il tempo la produzione della birra non fu più prerogativa dei conventi anche se ormai si era stabilito un legame intenso tra gli ordini monastici e la birra: i monaci continuarono per secoli a rifornire le taverne del nord Europa con le loro pregiate birre (anche se le migliori le bevevano loro stessi).

Nel 1516 in Baviera venne promulgato il Reinheitsgebot, l'editto sulla purezza.

Per legge viene stabilito che la birra poteva essere prodotta solamente con malto d'orzo, acqua e luppolo, bandito qualsiasi altro ingrediente: una legge che è tuttora attuale in Germania.

E gli Inglesi? Già bevevano birra quando Cesare sbarcò con le sue legioni!
In ogni caso le ale inglesi hanno poco in comune con le birre bavaresi, per colore, tipo di cereali impiegati e il tipo di servizio.

Così ogni paese ha sviluppato le sue tipologie di birra e questa bevanda ha seguito passo dopo passo l'espansione della civiltà in ogni angolo del mondo: basti pensare che era con i Padri Pellegrini della Mayflower quando sbarcarono nel porto di Plymouth nel 1620.

I secoli successivi sono stati connotati dalla sistematica messa a punto delle tante tipologie di birra che oggi si trovano in commercio.

Dalla 'lager" prodotta per la prima volta nel 1842 in Boemia, la bionda dal colore brillante e limpido, profumata di frutta e luppolo, dal gusto amarognolo e leggero. Quella che per noi oggi è sinonimo di birra.

Nella fabbrica della città di Pils (da cui Pilsner) venne sperimentato con successo il metodo della fermentazione bassa ce consiste nell'uso di particolari lieviti e in una stagionatura (lagering) della birra a bassa temperatura, intorno a 0-2° C, per due - tre mesi.

Due sistemi che si sono diffusi presto nel mondo: oggi i termini Lager e Pilsener sono infatti sinonimi di birra chiara.

Un ulteriore pietra miliare in questa affascinante storia è dato dagli studi di Louis Pasteur, intorno al 1850, che chiarì i processi della fermentazione e il ruolo dei lieviti.

Grazie alla sua opera nacque la "pastorizzazione" di vini e birre, che rendeva i prodotti adatti a viaggiare e si iniziò a selezionar i lieviti migliori per la fermentazione.

Da allora a oggi il mercato è cresciuto in maniera esponenziale: siamo oltre 1.200.000.000 di ettolitri prodotti ogni anno in tutto il mondo, provenienti da ogni continente.

Se la grande industria si è appropriata della quasi totalità della suddetta produzione, tendendo a portarla verso una standardizzazione del prodotto, c'è comunque anche una voglia di riscoprire i "vecchi sapori".

Ecco allora che si è assistito, soprattutto in questi ultimi anni, al revival di molti stili della birra ormai dimenticati e sono sorte moltissime "breweries", piccole fabbriche con pub annesso per la degustazione, che producono birre dalle caratteristiche molto personali.

Negli Stati Uniti esistono quasi cinquecento micro fabbriche che servono il mercato locale, sono migliaia le persone che producono in casa la propria birra.
Una tendenza che sta già contagiando l'Europa...

L’italiano antico "cervogia" e lo spagnolo "cerveza" si rifarebbero invece al celtico "ceruesia", che indicava il colore di una birra scura simile al manto del cervo.
Gli Ateniesi la consumavano per la festa di Demetra e durante i giochi olimpici, ma la consideravano una bevanda poco virile per il suo basso contenuto alcolico.

Sembra che le prime aree italiane italiane dove la produzione di questa bevanda si diffuse furono l' Etruria e la Cisalpina occidentale, almeno dal VII sec. a.C.

Strabone (IV 6,2), parlando dei Liguri della costa “tra Monaco e l’Etruria” riferisce che “vivono per lo più delle carni dei greggi, di latte e di una bevanda d’orzo ed occupano le terre vicine al mare e specialmente i monti”.
Plinio ne ricorda l'utilizzo da parte dei Romani più per le proprietà curative e cosmetiche che di bevanda. Pare che il primo pub della penisola aprì i battenti nell'83 d.C. grazie ad Agricola, il governatore della Britannia grande estimatore della pozione, che di ritorno a Roma si portò al seguito dei mastri birrai inglesi.
Apprezzata dai popoli germanici e celti, la birra si diffuse con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, diventando il simbolo della cultura britannica.
Nel Medioevo il processo di birrificazione, che fino a quel momento era stata un'attività svolta delle sole donne, si trasferì dentro le mura dei monasteri. Si preparava una birra “leggera”, adatta ad esser consumata quotidianamente, e una birra ad alto contenuto alcolico, destinata alle occasioni speciali.
Pian piano la birrificazione passò nelle mani maschile dei monaci, i quali cercarono di migliorare il gusto e la qualità della bevanda.
Col passare del tempo il luppolo entrò nella birrificazione, sostituendo una mistura di erbe chiamata “Gruyt”, composta tra l’altro da bacche di ginepro, prugnolo, cannella, cumino selvatico, anice, genziana, rosmarino.
Con l’uso del luppolo la bevanda rivelò un gusto simile alla birra dei giorni nostri, anche se l'utilizzo del lievito era ancoro sconosciuto e la fermentazione un processo casuale.
Dopo il Mille la birra riscosse grande popolarità presso tutte le classi sociali, tanto da diventare un bene tassato. In Italia la "cervogia" (come si chiamava allora la birra) era consumata prevalentemente dagli uomini poiché per le donne la sua assunzione poteva avvenire solo sotto controllo medico.
Nel Cinquecento i produttori di birra scoprirono come controllare con successo la fermentazione dell'orzo, apportando migliorie in termini di qualità e quantità; fu in questo secolo che divenne la bevanda della Riforma, amata per la bontà e per essere un prodotto del lavoro umano, diventando merce di scambio e fonte di prosperità nei paesi protestanti. Il Seicento fu il secolo nel quale la birra si affermò come bevanda nazionale in Germania, Inghilterra, Danimarca e Olanda, ovvero nei paesi che ne rimarranno anche in seguito i principali produttori.

Birra in Europa nel Medioevo

Testo di Stefano Buso. Free lance, socio A.S.A. (Associazione Stampa Agroalimentare Italiana), ambasciatore AIGS (Accademia Storica Gastronomica Italiana) esperto food&beverage. Scrive per alcuni importanti magazine del settore food. È libero docente lecturer presso l'Uniper del Veneto Orientale.



Come mai la birra si diffuse con celerità in Europa dopo la caduta dell’Impero Romano e, cosa importante, perché era particolarmente apprezzata? Dopo la caduta dei Romani e degli idoli pagani si diffuse una massiccia cristianizzazione che sconvolse l’Europa dal punto di vista sociale, politico e demografico, causando massicce ondate di migrazione in tutte le latitudini del continente. Proprio in quel periodo, alcuni monaci irlandesi diffusero la birra dalla loro terra in tutta l'Europa, soprattutto nell’Europa del nord, dove la birra era considerata un prodotto indispensabile e particolarmente apprezzato; bere acqua era, infatti, considerato poco salubre e segno di povertà. Inoltre la birra era senz’altro più buona!
Nei monasteri si praticava lo studio dell'arte birraia, poiché il consumo di birra non comportava l'interruzione del digiuno, pratica questa molto sentita e diffusa tra i monaci. Gli storici del tempo riportano fedelmente che nel X secolo la razione giornaliera di birra dei frati era di cinque misure, ognuna delle quali corrispondeva ad un litro abbondante. Non male come consumo a scopo antisettico! Inoltre, la bionda bevanda divenne un'importante fonte di guadagno e le birrerie dei monasteri si trasformarono in mescite ben gestite e soprattutto molto frequentate.
Con il medioevo s’introdusse l'impiego del prezioso luppolo come ingrediente. Il vantaggio del luppolo fu l’effetto antisettico ed inoltre, le birre così prodotte si potevano conservare per periodi molto lunghi, senza limitazioni, rendendone possibile il commercio e facendone una bevanda ''sicura'' sotto l'aspetto igienico. L'esempio più antico di una legge della purezza risale però al 1447 e fu emanata dal Consiglio della città di Monaco di Baviera, in Germania.
Tali disposizioni di diritto alimentare giovarono alla qualità e alla diffusione della birra. In aree come la Svizzera l'arte birraia fiorì, ma solo fino nel tardo medioevo. Più tardi, i resoconti relativi al consumo di questa bevanda diventano più rari, incerti e con pochissimi dati. La coltivazione della vite era sempre più imperante e intensiva. Numerosi cattivi raccolti e conseguenti carestie non permisero l'impiego dell’orzo per la fabbricazione di birra e così l'arte della bronzea bibita rischiò di cadere nell’oblio. Fino al Seicento la produzione di birra dipendeva dal prezzo dell'orzo e del vino: se c'era molto grano era venduta a buon mercato, se invece mancavano i cereali a causa del cattivo raccolto, la produzione era quasi interrotta.

si ringrazia gli autori e internet
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