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ODE ALLA PACE

 ODE ALLA PACE

Sia pace per le aurore che verranno,

pace per il ponte, pace per il vino,

pace per le parole che mi frugano

più dentro e che dal mio sangue risalgono

legando terra e amori con l’antico

canto;

e sia pace per le città all’alba

quando si sveglia il pane,

pace al libro come sigillo d’aria,

e pace per le ceneri di questi

morti e di questi altri ancora;

e sia pace sopra l’oscuro ferro di Brooklin, al portalettere

che entra di casa in casa come il giorno,

pace per il regista che grida al megafono rivolto ai convolvoli,

pace per la mia mano destra che brama soltanto scrivere il nome

Rosario, pace per il boliviano segreto come pietra

nel fondo di uno stagno, pace perché tu possa sposarti;

e sia pace per tutte le segherie del Bio-Bio,

per il cuore lacerato della Spagna,

sia pace per il piccolo Museo

di Wyoming, dove la più dolce cosa

è un cuscino con un cuore ricamato,

pace per il fornaio ed i suoi amori,

pace per la farina, pace per tutto il grano

che deve nascere, pace per ogni

amore che cerca schermi di foglie,

pace per tutti i vivi,

per tutte le terre e le acque.

Ed ora qui vi saluto,

torno alla mia casa, ai miei sogni,

ritorno alla Patagonia, dove

il vento fa vibrare le stalle

e spruzza ghiaccio

l’oceano. Non sono che un poeta

e vi amo tutti, e vago per il mondo

che amo: nella mia patria i minatori

conoscono le carceri e i soldati

danno ordini ai giudici.

Ma io amo anche le radici

del mio piccolo gelido paese.

Se dovessi morire mille volte,

io là vorrei morire:

se dovessi mille volte nascere,

là vorrei nascere,

vicino all’araucaria selvaggia,

al forte vento che soffia dal Sud.

Nessuno pensi a me.

Pensiamo a tutta la terra, battendo

dolcemente le nocche sulla tavola.

Io non voglio che il sangue

torni ad inzuppare il pane, i legumi, la musica:

ed io voglio che vengano con me

la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole

e che escano a bere con me il vino più rosso.

Io qui non vengo a risolvere nulla.

Sono venuto solo per cantare

e per farti cantare con me.

Pablo Neruda

Antonio Canova - Statua della Pace

Realizzata dal genio di Possagno su commissione del russo Nikolaj Rumjancev, l’opera marmorea simboleggia la diplomazia e il dialogo che vincono su armi e ostilità. Ora il museo di Kiev e i suoi volontari la tengono al riparo dalla follia delle bombe. Maestosa e pura, la scultura si rifà a Nemesi, dea della mitologia greca, riconosciuta per distribuire la giustizia. Con fierezza schiaccia un serpente, simbolo della guerra e del male

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