LE RADICI SPAGNOLE DELLA CAMORRA
Nei due secoli di dominio spagnolo, fra ‘500 e ‘700, quando Napoli era vicereame di Madrid, nella città partenopea proliferavano gruppi di criminali organizzati. Erano i progenitori della camorra storica, quella ottocentesca.
Erano chiamati "compagnoni", si muovevano sempre in 4 e vivevano sulle spalle delle prostitute, gestendo il gioco d’azzardo e facendo rapine. Ogni quartiere napoletano aveva un gruppo di "compagnoni" e ne faceva parte anche qualche nobile. Il loro luogo di incontro era una taverna chiamata" del Crispano", nel borgo di Sant’Antonio Abate, oggi a ridosso della Stazione Centrale. Anche il canonico Giulio Genoino, il vero manovratore della rivolta antispagnola di Masaniello, si faceva proteggere da gruppi di "compagnoni".
Nelle sommosse contro i soldati spagnoli, molti "compagnoni" si confondevano con la gente in rivolta. Ma in quella Napoli insicura, dove le prostitute si concentravano nella zona delle caserme dei soldati (oggi Quartieri spagnoli), c’erano anche delinquenti comuni come i cappiatori, ladri di strada ed equivalente degli attuali scippatori. E i campeadores, specializzati nelle rapine con coltelli. Alla fine del ‘700 i dati sulla criminalità ricavati dalle esecuzioni e dagli arresti raggiunsero cifre da brivido: 1.338 impiccati, 17 capi giustiziati, 57 con la testa mozzata, 913 condannati alla galera, 167 condannati ad andare in guerra.
Nel periodo del vicereame spagnolo il criminale più noto resta però Cesare Riccardi, detto "abate Cesare", che divenne il nemico pubblico numero uno dopo aver ucciso, per difendere la cognata, il nobile Alessandro Mastrillo, duca di San Paolo di Nola. Ricercato, mise insieme un gruppo di uomini che vivevano di rapine, sequestri, omicidi. E solo dopo anni di latitanza fu catturato e giustiziato.
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