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la Gigantomachia

 Questo è il quarto episodio della grande lotta per il dominio del Cosmo fra gli dei della vecchia generazione e quelli della nuova generazione. 

Qua verrà raccontato della Gigantomachia, la grande lotta fra gli Olimpi e i Giganti. 

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Piccola premessa: la suddetta lotta non è mai stata narrata da Esiodo nella sua Teogonia, infatti nel poema non viene mai specificato di un intervento dei giganti nelle lotte per il potere.

Il primo a parlarne fu Omero nei suoi poemi, facendo riferimento agli Aloadi, una coppia di giganti figli di Poseidone: Oto ed Efialte. Autori successivi hanno evoluto e riscritto la Gigantomachia fino a ricollegare la lotta alla Titanomachia di Esiodo.

Il Cosmo era in equilibrio: dalla sua dimora sulla vetta del Monte Olimpo, Zeus Tonante dominò sui cieli, Poseidone Enosigeo su tutti i mari e Ade nel sottosuolo. Zeus ebbe diversi figli con diverse spose, l'ultima e la più sacra di loro fu la dea Era. Alcuni dei figli furono: Atena, avuta con Meti, Ares, avuto con Era ed Eracle, con la mortale Alcmena.



La Grande Madre Gea, ancora adirata per la sorte toccata ai figli titani, decise di aizzare contro gli dei gli altri suoi figli rimasti: I mostruosi giganti. Erano creature di enormi, di forza invincibile e di aspetto terrificante: avevano folta capigliatura, barba irsuta e le loro gambe erano corpi di serpenti.

Così, convinti dalla Madre Gea, attaccarano l'Olimpo: con la loro immensa forza iniziarono a bersagliarlo con alberi infuocati e a lapidarlo con enormi massi di pietra, si dice grossi quanto montagne.

Gli dei si prepararono a respingerli, pronti per un'altra grande guerra.

Le Moire, le tre figlie di Zeus che tessono e tagliano il filo del destino dei mortali, predissero che gli Olimpi avrebbero potuto vincere quella guerra solo con l'aiuto di un eroe mortale: il possente Eracle (Ercole).


Zeus, armato della folgore e protetto dall'Egida fatta con la pelle della capra Amaltea, scese in combattimento con il suo carro sul quale era presente anche il possente Eracle, armato di arco e frecce la cui punta era intrisa del veleno dell'Idra di Lerna. Scese in combattimento anche Atena, armata di lancia e protetta dall'armatura e dallo scudo.

Poi anche Dioniso, seguito dai suoi satiri e poi Ares, Efesto, Afrodite, Eros, Poseidone, Apollo, Artemide, Ecate. La guerra infuriò.

Gli scontri durarono per anni e si spostarono nelle terre d'Occidente, in un posto che i posteri chiameranno "Esperia" (Italia, per i greci antichi), nei pressi dei Campi Flegrei.

Il primo gigante a cadere fu il più possente di tutti: Alcione, che fu abbattuto dai colpi di Atena e bersagliato dalle frecce di Eracle. Si dice che le figlie del gigante, disperate per la morte del padre, mutarono in uccelli per volare via dallo strazio. Quegli uccelli da quel momento presero il nome di "Alcioni".

Poi fu il turno del folle Porfirione: il gigante si imbatté nella dea Era, moglie di Zeus, che suscitò in lui un forte desiderio: le strappò le vesti e provò a violarla. Zeus vide la scena: pazzo e furente per la gelosia, con un ira che fece tremare l'intero cosmo, scagliò al mostro i suoi fulmini, abbattendolo. Eracle gli diede il colpo di grazia con una freccia.



Pallante venne abbattuto da Atena, che lo scorticò e fece della sua pelle una corazza. Da quel momento la dea sarà conosciuta come Pallade Atena. Anche Pallante fu ucciso dalle frecce di Eracle.

Apollo scagliò una freccia nell'occhio sinistro di Efialte, che fu finito da Eracle con una freccia nell'occhio destro.

Polibote fu inseguito da Poseidone fino all'isola di Cos: il dio scuotitore di terre spezzò in due l'isola e scagliò una delle due parti al gigante, abbattendolo. Eracle gli diede il colpo di grazia con una freccia. E così fu per tutti gli altri, sconfitti dagli dei e finiti dal possente Eracle.

Anche questa minaccia al dominio degli dei dell'Olimpo venne sventata. Si dice che gli echi di questa grande guerra si possano tutt'ora udire nel ruggito dei monti nei pressi di Neapolis (Napoli), Cuma e Procida.


La Grande Madre Gea però, straziata poiché anche gli ultimi suoi figli erano stati abbattuti, non si diede pace: Il suo odio per Zeus e gli dei dell'Olimpo crebbe a dismisura. Decise così di unirsi in amore all'oscura personificazione del Tartaro. La loro unione generò la più spaventosa e pericolosa creatura mai apparsa nel mondo conosciuto: Tifone.

DAL WEB




 
https://it.wikipedia.org/wiki/Polibote

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