Eracle - episodio I - La nascita di un Eroe
Che sia tua la voce, o divina Calliope, che narri della nascita del più grande eroe mai esistito, discendente di Perseo uccisore di Medusa.
Nella grande città di Tebe, dominata da re Creonte, vi era Anfitrione, figlio di Alceo e nipote di Perseo. Al suo fianco c'era la bellissima consorte Alcmena, figlia di Elettrione nonché nipote dello stesso Anfitrione. Si dice che la sua bellezza fosse tale da rivaleggiare con quella delle Nereidi.
Quest'ultima, si concesse in sposa ad Anfitrione, ma ad un patto: egli sarebbe dovuto andare a sconfiggere in guerra i Tafi, poiché questi avevano massacrato senza pietà gli otto fratelli della donna.
Anfitrione accettò le condizioni e, radunato un esercito, partì per la guerra.
Zeus, intanto, si invaghì della bella Alcmena, quindiì decise di approfittare dell'assenza di Anfitrione e prese le sembianze di quest'ultimo, così da giacere con lei senza destare sospetti.
Il padre degli dei ordinò al dio del sole, Elio, di interrompere la marcia del proprio carro solare, in modo da allungare di tre volte la focosa notte di piacere con la bellissima donna mortale.
Anfitrione, intanto, vinse la guerra e fece subito ritorno a Tebe, desideroso di rivedere dopo tanto tempo la sua amata sposa e di abbandonarsi con lei nell'amore.
Da quella doppia unione, nacquero due gemelli, uno figlio di Anfitrione e l'altro figlio di Zeus: il primo fu chiamato Ificlo, mentre il secondo fu chiamato Alcìde, in onore di suo nonno Alceo. I due sposi, però, erano ignari della natura divina di quest'ultimo.
Era, gelosa e furiosa per l'ennesimo tradimento di suo marito, si vendicò durante il parto di Alcmena: fece sì che la nascita di Alcìde tardasse di un mese e, al contempo, anticipò quella del cugino Euristeo di due, così da rendere quest'ultimo il primogenito togliendo ad Alcìde il diritto di regnare su Argo.
L'indovino tebano Tiresia, rivelò agli inconsapevoli consorti la vera natura di Alcìde, dicendo loro che in realtà non era stato concepito da Anfitrione come pensavano, bensì dal grande Zeus Tonante.
Alcmena, temendo l'ira della gelosa Era, decise di abbandonare il figlio fuori dalle porte di Tebe, sperando che il Padre degli dei lo proteggesse da ogni pericolo. Infatti Zeus, escogitò un piano per fare nutrire il mortale figlio con il latte divino, così da renderlo invincibile, quindi chiese alla sua prediletta, Atena, di portare il piccolo dove era solita passeggiare Era.
La moglie di Zeus, mentre camminava, vide il neonato abbandonato vicino al sentiero, ma non lo riconobbe, quindi lo prese amorevolmente in braccio e avvicinò le labbra del piccolo al proprio abbondante seno, per nutrirlo con il latte divino. La focosa natura di Alcìde si rivelò subito però: appena ebbe avvicinato le labbra al seno, morse con forza il capezzolo della dea la quale, dolorante, stacco il piccolo e lo gettò in terra. ll latte sprizzò in gran quantità e si immortalò nella volta celeste: quella parte del cielo, luminosissima e tutt'oggi visibile, sarà chiamata in onore di questo evento, Via Lattea.
Alcìde riuscì comunque a bere qualche goccia di quel latte, il quale gli diede una forza straordinaria che lo renderà protagonista di grandi gesta.
~ Pieter Paul Rubens, "L'origine della Via Lattea", 1635-1638 ~
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