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i post degli altri - Ottobre 2020

 ora bastano 30 minuti per rendere potabile l'acqua di mare



Australia: l’innovazione che rende potabile l’acqua del mare in pochi minuti

L’invenzione della Monash University di Melbourne potrebbe alleviare il problema della mancanza di acqua nel mondo.

La carenza idrica potrebbe non essere un problema anche grazie all’invenzione di un team di esperti della Monash University di Melbourne. 

Gli studiosi australiani hanno sviluppato un sistema che consente di rendere potabile l’acqua del mare. Il tutto attraverso un filtro hi-tech e la luce diretta del sole in un processo che dura meno di 30 minuti. Il filtro, spiegano gli esperti, è in grado di trasformare centinaia di litri di acqua potabile al giorno grazie ai raggi solari, attraverso un processo energeticamente efficiente e sostenibile dal punto di vista economico.

Una serie di strutture metallo-organiche (MOFs), una classe di composti costituiti da ioni metallici, dà il via alla desalinizzazione dell’acqua. Il filtro MOF assorbe il sale dall’acqua senza consumare energia; una volta riempito di sale, viene messo alla luce diretta del sole per rigenerarsi, impiegando meno di quattro minuti prima di essere riutilizzato per desalinizzare altra acqua. Huanting Wang, esperto del dipartimento di Ingegneria chimica dell’Università di Monash ed autore principale dello studio, spiega come ‘‘la desalinizzazione rappresenta una possibile soluzione per risolvere la sempre più grave crisi idrica nel mondo, grazie all’illimitata quantità di acqua salmastra presente sul nostro pianeta.”

 originariamente scritto da ;Angelo Petrone 

scienzenotizie

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Nuovo materiale per accumulare calore a basso costo e green

In inverno bisogna riscaldare gli ambienti in cui viviamo o lavoriamo e l’energia richiesta per farlo equivale a circa un terzo di quella che consumiamo in Europa e i tre quarti della domanda è fornita da combustibili fossili.

Ora lo studio “Cementitious composite materials for thermal energy storage applications: a preliminary characterization and theoretical analysis”, pubblicato su Scientific Reports da un gruppo di ricercatori dei dipartimenti di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) e di Energetica (DENERG) del Politecnico di Torino e dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia del CNR (CNR-ITAE), concretizza l’idea di un nuovo materiale per l’accumulo di energia termochimica e dimostra che è possibile sviluppare calore idratando il sale inserito nei pori del cemento.

Al Politecnico di Torino ricordano che «Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità in Europa è necessario ridurre i consumi di energia fossile e utilizzare invece sistemi a energia rinnovabile, ma l’integrazione di energia rinnovabile nei sistemi di riscaldamento comporta una discrepanza tra il surplus di energia e i picchi di domanda giornalieri e annuali. L’energia solare, ad esempio, è disponibile in abbondanza durante i mesi estivi, però la maggior parte del fabbisogno di riscaldamento è in inverno quando alle nostre latitudini il giorno dura di meno. E’ chiaro che lo sfruttamento massiccio delle fonti energetiche rinnovabili deve integrare lo sviluppo di sistemi di accumulo economici, con l’obiettivo di compensare la discrepanza temporale tra richiesta e offerta di energia. Uno dei possibili modi per conservare l’energia è l’approccio termochimico che, a differenza delle soluzioni più tradizionali, dà la possibilità di immagazzinare calore per un tempo indefinito».

Il principale autore dello studio, Luca Lavagna, assegnista di ricerca del DISAT, spiega: «Provate a sciogliere in un bicchiere di acqua un buon quantitativo di sale, quello che noterete è che il bicchiere con alcuni tipi di sale si scalda e con altri si raffredda. Un fenomeno simile è alla base del nostro materiale, solo che al posto di acqua allo stato liquido noi utilizziamo vapore acqueo senza sciogliere il sale. Il vapore acqueo interagisce con il sale sviluppando calore e, una volta completamente idratato, il sale potrà ritornare alla situazione di partenza eliminando l’acqua che interagisce con il sale semplicemente essiccando il materiale. Questo tipo di reazione è nota da tempo e i materiali ad accumulo termico sono in parte già stati sviluppati, quello che limita il loro utilizzo attualmente è il costo. Ad esempio, una zeolite, che è uno dei migliori materiali dal punto di vista termico, può arrivare a costare fino a diverse decine di euro al kilogrammo. Ciò significa avere un costo insostenibile per stoccare l’energia necessaria a scaldare una stanza o un intero edificio. Il cemento come matrice per ospitare gli idrati salini è un materiale molto interessante, in quanto è ben noto, facilmente disponibile e a basso costo».

La caratteristica innovativa presentata nello studio è proprio l’utilizzo del cemento come matrice per ospitare il sale e i ricercatori concludono: «Il costo totale dei materiali utilizzati è molto basso e le prestazioni energetiche sono buone: il costo energetico, misurato in €/kWh accumulato, è migliore rispetto alla maggior parte dei materiali attualmente utilizzati. Il nuovo materiale mostra inoltre una straordinaria stabilità anche dopo centinaia di cicli. Questo lavoro può rappresentare il primo passo verso la creazione di una nuova classe di materiali compositi per l’accumulo di energia termochimica a cui nessuno aveva pensato prima».

greenreport.it

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Solare termico, un nuovo liquido per usare d’inverno il calore accumulato d’estate

Una nuova molecola capace di stoccare l'energia termica anche per anni sembra molto promettente per l'accumulo stagionale.

Accumulare il calore prodotto con il sole durante l’estate per usarlo d’inverno in futuro sarà sempre più facile, anzi, teoricamente si potrà agevolmente stoccarlo anche per utilizzarlo a distanza di anni e, volendo, anche in un luogo diverso.

Una strada interessante che si sta seguendo infatti è quella di immagazzinare l’energia nei legami tra gli atomi di molecole particolari. Su questo versante, un gruppo di ricercatori della Chalmers University of Technology, in Svezia, ha compiuto passi avanti importanti, presentati in quattro diverse pubblicazioni scientifiche uscite quest’anno (link in basso).

Circa un anno fa, il team di ricerca ha presentato una molecola in grado di immagazzinare energia solare. Composta da carbonio, idrogeno e azoto, ha la proprietà unica che quando viene colpita dalla luce del sole, si trasforma in un isomero ricco di energia, cioè in una molecola che consiste degli stessi atomi, ma legati insieme in un modo diverso.

L’isomero studiato si presenta in forma liquida ed è adattato ad essere usato in un sistema solare termico, che i ricercatori hanno chiamato MOST (Molecular Solar Thermal Energy Storage). Nell’ultimo anno, la squadra della Chalmers University of Technology ha fatto grandi progressi nello sviluppo del MOST.

“L’energia in questo isomero può essere conservata fino a 18 anni. E quando estraiamo l’energia per usarla, otteniamo un aumento di calore che è maggiore di quanto osassimo sperare “, spiega il coordinatore del gruppo di ricerca, Kasper Moth-Poulsen.

Per controllare il rilascio dell’energia immagazzinata, i ricercatori hanno sviluppato un catalizzatore. Il catalizzatore agisce come un filtro attraverso il quale scorre il liquido, creando una reazione che riscalda il liquido di 63 gradi centigradi. Se il liquido ha una temperatura di 20 °C dopo essere passato dal il filtro, esce a 83 °C. Allo stesso tempo, la molecola torna alla sua configurazione originale, così che può essere riutilizzata nel sistema di storage termico.

Grazie al lavoro fatto da Moth-Poulsen e colleghi, inoltre ora dal materiale si è eliminato il toluene, infiammabile e potenzialmente pericoloso.

Il MOST funziona in modo circolare: il liquido cattura energia dal sole, tramite un collettore solare termico sul tetto di un edificio; il liquido viene conservato a temperatura ambiente, con perdite di energia minime e poi, quando l’energia è necessaria, può essere aspirata attraverso il catalizzatore in modo che il liquido si riscaldi restituendo l’energia per essere usato ad esempio negli impianti di riscaldamento domestico, dopo di che può essere rispedito sul tetto per raccogliere altro calore solare:


Insomma la cosa è promettente, anche se resta per ora in laboratorio: il gruppo di ricerca punta a portare l’aumento di temperatura ottenibile ad almeno 110 °C e stima che la tecnologia possa essere commercializzata entro 10 anni.

Removing the need for toluene to be mixed with the molecule. Liquid Norbornadiene Photoswitches for Solar Energy Storage in the journal Advanced Energy Materialse.
Increasing energy density and storage times. Molecular Solar Thermal Energy Storage in photoswitch oligomers increases energy densities and storage times in the journal Nature Communications.
Achieving energy storage of up to 18 years. Norbornadiene-based photoswitches with exceptional combination of solar spectrum match and long-term energy storage in Chemistry: A European Journal.
New record in how efficiently heating can be done. The liquid can increase 63°C in temperature. Macroscopic Heat Release in a Molecular Solar Thermal Energy Storage System in the journal Energy and Environmental Science.
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