Ai tempi che Berta filava
Ai tempi che berta filava Il modo di dire: “Ai tempi che Berta filava” è assai comune nella lingua italiana, è descritta di seguito la sua origine e significato. Al tempo dei tempi, chissà quando nel passato. Chi fosse questa Berta (nome molto comune nel Medioevo) e quale l’origine del detto, nessuno lo sa. C’e’ chi risale a ‘Berta dai grandi piedi, supposta madre di Carlo Magno. Comunque si dice spesso: Non sono più i tempi che Berta filava, come nostalgico richiamo al passato, o come invito ad aggiornarsi, a togliersi dalla mente illusioni retrograde. Gli ombrelli vanno di moda? L’ombrello fu inventato in Cina prima del XIII secolo A. C. e giunse in Europa, probabilmente attraverso la Grecia, si pensa attorno al V secolo a.C. Con la caduta dell’impero Romano prima e di Bisanzio poi, l’uso di ombrelli e parasole nella vita quotidiana si perse però completamente, e fino al XV secolo l’ombrello rimase unicamente accessorio liturgico o da cerimonia pubblica. Ombrelli e parasole per uso civile fecero la loro ricomparsa durante il Cinquecento, ma furono accolti con diffidenza, anche a causa del notevole peso e ingombro che li caratterizzava. E’ solo con il XVIII secolo, grazie anche a progressi tecnologici che permisero di realizzare esemplari sempre piu’ leggeri e maneggevoli, che l’ombrello divenne oggetto di moda e comincia a diffondersi. Nell’Ottocento l’ombrello parasole era ormai un accessorio immancabile, prezioso completamento di ogni abito femminile. Accessorio di moda, ma anche di bellezza, destinato a riparare il viso dal sole mantenendo la pelle candida, indispensabile requisito di bellezza per ogni donna del XIX secolo. Nel 1839 fu brevettato un modello di ombrello con manico pieghevole e calotta orientabile. Gli ombrelli di questi tipo erano detti marquise e, anche grazie alle ridotte dimensioni che li caratterizzavano, erano adatti per essere utilizzati nelle carrozze aperte dove potevano essere orientati nella direzione del sole. Erano spesso ornati da lunghe frange, e coronati da un anello in cima alla calotta per poterli portare come una borsetta appesi ad un dito. Questo tipo di parasole rimase in voga dagli anni ’40 ai primi anni ’70 dell’Ottocento. Gli anni a cavallo fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo videro un progressivo allungarsi degli ombrelli che divennero, ora dell’inizio del Novecento, slanciati come bastoni da passeggio a cui appoggiarsi elegantemente.
BERTA DAL GRAN PIE’
Il detto di Berta dal gran piè
• In tempi lontanissimi. Il detto originale dice “non sono più i tempi che Berta filava”, e indica quindi un’epoca non solo molto remota ma anche finita.
• Il detto si riferisce a un episodio storico da cui il troviero Adenet le Roi, vissuto attorno al 1275, trasse un romanzo la cui protagonista, moglie di Pipino il Breve e madre di Carlomagno e di Carlomanno, è detta “Berta dal gran piede” poiché aveva un piede più lungo dell’altro. Durante il viaggio intrapreso per raggiungere il futuro sposo, la principessa fu sostituita con la figlia della sua dama di compagnia, ma riuscì a fuggire e trovò asilo nella casa di un taglialegna presso il quale visse per anni mantenendosi con il lavoro di filatrice. In seguito la sostituzione fu smascherata, permettendo a Berta di prendere posto sul trono che le spettava. Un’altra versione sostiene che la Berta in questione sia invece Genoveffa di Brabante, la cui storia è più o meno simile a quella riferita da Adenet le Roi e ci è tramandata da Andrea da Barberino nei reali di francia. La favola, invece, narra che un tempo viveva una vedova di nome Berta, molto povera ma molto devota al suo re. Un giorno volle filare una lana sottilissima per donarla al sovrano, e questi, saputa la misera condizione della donna, la coprì di denaro e le garantì un comodo e sicuro avvenire. Quando si seppe di quel gesto generoso, tutti i sudditi si affrettarono a donare al re filati più o meno pregiati, ma il sovrano a tutti rispose: “Non sono più i tempi che Berta filava”.
• Il detto si riferisce a un episodio storico da cui il troviero Adenet le Roi, vissuto attorno al 1275, trasse un romanzo la cui protagonista, moglie di Pipino il Breve e madre di Carlomagno e di Carlomanno, è detta “Berta dal gran piede” poiché aveva un piede più lungo dell’altro. Durante il viaggio intrapreso per raggiungere il futuro sposo, la principessa fu sostituita con la figlia della sua dama di compagnia, ma riuscì a fuggire e trovò asilo nella casa di un taglialegna presso il quale visse per anni mantenendosi con il lavoro di filatrice. In seguito la sostituzione fu smascherata, permettendo a Berta di prendere posto sul trono che le spettava. Un’altra versione sostiene che la Berta in questione sia invece Genoveffa di Brabante, la cui storia è più o meno simile a quella riferita da Adenet le Roi e ci è tramandata da Andrea da Barberino nei reali di francia. La favola, invece, narra che un tempo viveva una vedova di nome Berta, molto povera ma molto devota al suo re. Un giorno volle filare una lana sottilissima per donarla al sovrano, e questi, saputa la misera condizione della donna, la coprì di denaro e le garantì un comodo e sicuro avvenire. Quando si seppe di quel gesto generoso, tutti i sudditi si affrettarono a donare al re filati più o meno pregiati, ma il sovrano a tutti rispose: “Non sono più i tempi che Berta filava”.
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