MISTERI : MARCONI, TESLA IL RAGGIO DELLA MORTE, IL RAGGIO CHE DA' ENERGIA QUASI GRATIS
prima di leggere l' articolo ecco quello che ne dice wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Raggio_della_morte
Il raggio che dà energia, gratis………tutto insabbiato
Marconi ideò un raggio che fermava i mezzi a motore. Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò. Da quelle ricerche gli scienziati crearono l’alternativa a petrolio e nucleare. Nel 1999 l’invenzione stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato.
L’energia pulita tanto auspicata dal presidente Obama dopo il disastro ambientale del Golfo del Messico forse esiste già da un pezzo, ma qualcuno la tiene nascosta per inconfessabili interessi economici. Ma non solo. Negli anni Settanta, infatti, un gruppo di scienziati italiani ne avrebbe scoperto il segreto, ma questa nuova e stupefacente tecnologia, che di fatto cambierebbe l’economia mondiale archiviando per sempre i rischi del petrolio e del nucleare, sarebbe stata volutamente occultata nella cassaforte di una misteriosa fondazione religiosa con sede nel Liechtenstein, dove si troverebbe tuttora. Sembra davvero la trama di un giallo internazionale l’incredibile storia che si nasconde dietro quella che, senza alcun dubbio, si potrebbe definire la scoperta epocale per eccellenza, e cioè la produzione di energia pulita senza alcuna emissione di radiazioni dannose. In altre parole, la realizzazione di un macchinario in grado di dissolvere la materia, intendendo con questa definizione qualunque tipo di sostanza fisica, producendo solo ed esclusivamente calore.
Una scoperta per caso
Come ogni giallo che si rispetti, l’intricata vicenda che si nasconde dietro la genesi di questa scoperta è stata svelata quasi per caso. Lo ha fatto un imprenditore genovese che una decina d’anni fa si è trovato ad avere rapporti di affari con la fondazione che nasconde e gestisce il segreto di quello che, per semplicità, chiameremo «il raggio della morte». E sì, perché la storia che stiamo per svelare nasce proprio da quello che, durante il fascismo, fu il mito per eccellenza: l’arma segreta che avrebbe rivoluzionato il corso della seconda guerra mondiale. Sembrava soltanto una fantasia, ma non lo era. In quegli anni si diceva che persino Guglielmo Marconi stesse lavorando alla realizzazione del «raggio della morte». La cosa era solo parzialmente vera. Secondo quanto Mussolini disse al giornalista Ivanoe Fossati durante una delle sue ultime interviste, Marconi inventò un apparecchio che emetteva un raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di impianto elettrico. Tale raggio, inoltre, mandava in corto circuito l’impianto stesso, provocandone l’incendio. Lo scienziato dette una dimostrazione, alla presenza del duce del fascismo, ad Acilia, sulla strada di Ostia, quando bloccò auto e camion che transitavano sulla strada. A Orbetello, invece, riuscì a incendiare due aerei che si trovavano ad oltre due chilometri di distanza. Tuttavia, dice sempre Mussolini, Marconi si fece prendere dagli scrupoli religiosi. Non voleva essere ricordato dai posteri come colui che aveva provocato la morte di migliaia di persone, bensì solo come l’inventore della radio. Per cui si confidò con Papa Pio XII, il quale gli consigliò di distruggere il progetto della sua invenzione. Cosa che Marconi si affretto a fare, mandando in bestia Mussolini e gerarchi. Poi, forse per il troppo stress che aveva accumulato in quella disputa, nel 1937 improvvisamente venne colpito da un infarto e morì a soli 63 anni.
La fine degli anni Trenta fu comunque molto prolifica da un punto di vista scientifico. Per qualche imperscrutabile gioco del destino, pare che la fantasia e la creatività degli italiani non fu soltanto all’origine della prima bomba nucleare realizzata negli Stati Uniti da Enrico Fermi e dai suoi colleghi di via Panisperna; altri scienziati, continuando gli studi sulla scissione dell’atomo, trovarono infatti il modo di «produrre ed emettere sino a notevoli distanze anti-atomi di qualsiasi elemento esistente sul nostro pianeta che, diretti contro una massa costituita da atomi della stessa natura ma di segno opposto, la disgregano ionizzandola senza provocare alcuna reazione nucleare, ma producendo egualmente una enorme quantità di energia pulita».
Tanto per fare un esempio concreto, ionizzando un grammo di ferro si sviluppa un calore pari a 24 milioni di KWh, cioè oltre 20 miliardi di calorie, capaci di evaporare 40 milioni di litri d’acqua. Per ottenere un uguale numero di calorie, occorrerebbe bruciare 15mila barili di petrolio. Sembra quasi di leggere un racconto di fantascienza, ma è soltanto la pura e semplice realtà. Almeno quella che i documenti in possesso dell’imprenditore genovese Enrico M. Remondini dimostrano.
La testimonianza
«Tutto è cominciato – racconta Remondini – dal contatto che nel 1999 ho avuto con il dottor Renato Leonardi, direttore della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, con sede a Vaduz, capitale del Liechtenstein. Il mio compito era quello di stipulare contratti per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite le Centrali termoelettriche polivalenti della Fondazione Internazionale Pace e Crescita. Non mi hanno detto dove queste centrali si trovassero, ma so per certo che esistono. Altrimenti non avrebbero fatto un contratto con me. In quel periodo, lavoravo con il mio collega, dottor Claudio Barbarisi. Per ogni contratto stipulato, la nostra percentuale sarebbe stata del 2 per cento. Tuttavia, per una clausola imposta dalla Fondazione stessa, il 10 per cento di questa commissione doveva essere destinata a favore di aiuti umanitari. Considerando che lo smaltimento di questi rifiuti avveniva in un modo pressoché perfetto, cioè con la ionizzazione della materia senza produzione di alcuna scoria, sembrava davvero il modo ottimale per ottenere il risultato voluto. Tuttavia, improvvisamente, e senza comunicarci il perché, la Fondazione ci fece sapere che le loro centrali non sarebbero più state operative. E fu inutile chiedere spiegazioni. Pur avendo un contratto firmato in tasca, non ci fu nulla da fare. Semplicemente chiusero i contatti».
Remondini ancora oggi non conosce la ragione dell’improvviso voltafaccia. Ha provato a telefonare al direttore Leonardi, che tra l’altro vive a Lugano, ma non ha mai avuto una spiegazione per quello strano comportamento. Inutili anche le ricerche per vie traverse: l’unica cosa che è riuscito a sapere è che la Fondazione è stata messa in liquidazione. Per cui è ipotizzabile che i suoi segreti adesso siano stati trasferiti ad un’altra società di cui, ovviamente, si ignora persino il nome. Ciò significa che da qualche parte sulla terra oggi c’è qualcuno che nasconde il segreto più ambito del mondo: la produzione di energia pulita ad un costo prossimo allo zero.
Nonostante questo imprevisto risvolto, in mano a Remondini sono rimasti diversi documenti strettamente riservati della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, per cui alla fine l’imprenditore si è deciso a rendere pubblico ciò che sa su questa misteriosa istituzione. Per capire i retroscena di questa tanto mirabolante quanto scientificamente sconosciuta scoperta, occorre fare un salto indietro nel tempo e cercare di ricostruire, passo dopo passo, la cronologia dell’invenzione. Ad aiutarci è la relazione tecnico-scientifica che il 25 ottobre 1997 la Fondazione Internazionale Pace e Crescita ha fatto avere soltanto agli addetti ai lavori. Ogni foglio, infatti, è chiaramente marcato con la scritta «Riproduzione Vietata». Ma l’enormità di quanto viene rivelato in quello scritto giustifica ampiamente il non rispetto della riservatezza richiesta.
Il «raggio della morte», infatti, pur essendo stato concepito teoricamente negli anni Trenta, avrebbe trovato la sua base scientifica soltanto tra il 1958 e il 1960. Il condizionale è d’obbligo in quanto riportiamo delle notizie scritte, ma non confermate dalla scienza ufficiale. Non sappiamo da chi era composto il gruppo di scienziati che diede vita all’esperimento: i nomi non sono elencati. Sappiamo invece che vi furono diversi tentativi di realizzare una macchina che corrispondesse al modello teorico progettato, ma soltanto nel 1973 si arrivò ad avere una strumentazione in grado di «produrre campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti, in modo da colpire qualsiasi materia, ionizzandola a distanza ed in quantità predeterminate».
Ok dal governo Andreotti
Fu a quel punto che il governo italiano cominciò ad interessarsi ufficialmente a quegli esperimenti. E infatti l’allora governo Andreotti, prima di passare la mano a Mariano Rumor nel luglio del ‘73, incaricò il professor Ezio Clementel, allora presidente del Comitato per l’energia nucleare (Cnen), di analizzare gli effetti e la natura di quei campi magnetici a fascio. Clementel, trentino originario di Fai e titolare della cattedra di Fisica nucleare alla facoltà di Scienze dell’Università di Bologna, a quel tempo aveva 55 anni ed era uno dei più noti scienziati del panorama nazionale e internazionale. La sua responsabilità, in quella circostanza, era grande. Doveva infatti verificare se quel diabolico raggio avesse realmente la capacità di distruggere la materia ionizzandola in un’esplosione di calore. Anche perché non ci voleva molto a capire che, qualora l’esperimento fosse riuscito, si poteva fare a meno dell’energia nucleare e inaugurare una nuova stagione energetica non soltanto per l’Italia, ma per il mondo intero. Tanto per fare un esempio, questa tecnologia avrebbe permesso la realizzazione di nuovi e potentissimi motori a razzo che avrebbero letteralmente rivoluzionato la corsa allo spazio, permettendo la costruzione di gigantesche astronavi interplanetarie.
Il professor Clementel ordinò quindi quattro prove di particolare complessità. La prima consisteva nel porre una lastra di plexiglass a 20 metri dall’uscita del fascio di raggi, collocare una lastra di acciaio inox a mezzo metro dietro la lastra di plexiglass e chiedere di perforare la lastra d’acciaio senza danneggiare quella di plexiglass. La seconda prova consisteva nel ripetere il primo esperimento, chiedendo però di perforare la lastra di plexiglass senza alterare la lastra d’acciaio. Il terzo esame era ancora più difficile: bisognava porre una serie di lastre d’acciaio a 10, 20 e 40 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo di bucare le lastre a partire dall’ultima, cioè quella posta a 40 metri. Nella quarta e ultima prova si doveva sistemare una pesante lastra di alluminio a 50 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo che venisse tagliata parallelamente al lato maggiore.
Ebbene, tutte e quattro le prove ebbero esito positivo e il professor Clementel, considerando che la durata dell’impulso dei raggi era minore di 0,1 secondi, valutò la potenza, ipotizzando la vaporizzazione del metallo, a 40.000 KW e la densità di potenza pari a 4.000 KW per centimetro quadrato. In realtà, venne spiegato a sperimentazione compiuta, l’impulso dei raggi aveva avuto la durata di un nano secondo e poteva ionizzare a distanza «forma e quantità predeterminate di qualsiasi materia».
Tra l’altro all’esperimento aveva assistito anche il professor Piero Pasolini, illustre fisico e amico di un’altra celebrità scientifica qual è il professor Antonino Zichichi. In una sua relazione, Pasolini parlò di «campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti che sviluppano atomi di antimateria proiettati e focalizzati in zone di spazio ben determinate anche al di là di schemi di materiali vari, che essendo fuori fuoco si manifestano perfettamente trasparenti e del tutto indenni».
In pratica, ma qui entriamo in una spiegazione scientifica un po’ più complessa, gli scienziati italiani che avevano realizzato quel macchinario, sarebbero riusciti ad applicare la teoria di Einstein sul campo unificato, e cioè identificare la matrice profonda ed unica di tutti i campi di interazione, da quello forte (nucleare) a quello gravitazionale. Altri fisici in tutto il mondo ci avevano provato, ma senza alcun risultato. Gli italiani, a quanto pare, c’erano riusciti.
L’insabbiamento
In un Paese normale (ma tutti sappiamo che il nostro non lo è) una simile scoperta sarebbe stata subito messa a frutto. Non ci vuole molta fantasia per capire le implicazioni industriali ed economiche che avrebbe portato. Anche perché, quella che a prima vista poteva sembrare un’arma di incredibile potenza, nell’uso civile poteva trasformarsi nel motore termico di una centrale che, a costi bassissimi, poteva produrre infinite quantità di energia elettrica.
Perché, dunque, questa scoperta non è stata rivelata e utilizzata? La ragione non viene spiegata. Tutto quello che sappiamo è che i governi dell’epoca imposero il segreto sulla sperimentazione e che nessuno, almeno ufficialmente, ne venne a conoscenza. Del resto nel 1979 il professor Clementel morì prematuramente e si portò nella tomba il segreto dei suoi esperimenti. Ma anche dietro Clementel si nasconde una vicenda piuttosto strana e misteriosa. Pare, infatti, che le sue idee non piacessero ai governanti dell’epoca. Non si sa esattamente quale fosse la materia del contendere, ma alla luce della straordinaria scoperta che aveva verificato, è facile immaginarlo. Forse lo scienziato voleva rendere pubblica la notizia, mentre i politici non ne volevano sapere. Chissà? Ebbene, qualcuno trovò il sistema per togliersi di torno quello scomodo presidente del Cnen. Infatti venne accertato che la firma di Clementel appariva su registri di esame all’Università di Trento, della quale all’epoca era il rettore, in una data in cui egli era in missione altrove. Sembrava quasi un errore, una svista. Ma gli costò il carcere, la carriera e infine la salute. Lo scienziato capì l’antifona, e non disse mai più nulla su quel «raggio della morte» che gli era costato così tanto caro. A Clementel è dedicato il Centro ricerche energia dell’Enea a Bologna.
C’è comunque da dire che già negli anni Ottanta qualcosa venne fuori riguardo un ipotetico «raggio della morte». Il primo a parlarne fu il giudice Carlo Palermo che dedicò centinaia di pagine al misterioso congegno, affermando che fu alla base di un intricato traffico d’armi. La storia coinvolse un ex colonnello del Sifar e del Sid, Massimo Pugliese, ma anche esponenti del governo americano (allora presieduto da Gerald Ford), i parlamentari Flaminio Piccoli (Dc) e Loris Fortuna (Psi), nonché una misteriosa società con sede proprio nel Liechtenstein, la Traspraesa. La vicenda durò dal 1973 al 1979, quando improvvisamente calò una cortina di silenzio su tutto quanto.
Erano comunque anni difficili. L’Italia navigava nel caos. Gli attentati delle Brigate rosse erano all’ordine del giorno, la società civile soffocava nel marasma, i servizi segreti di mezzo mondo operavano sul nostro territorio nazionale come se fosse una loro riserva di caccia. Il 16 marzo 1978 i brigatisti arrivarono al punto di rapire il presidente del Consiglio, Aldo Moro, uccidendo i cinque poliziotti della scorta in un indimenticabile attentato in via Fani, a Roma. E tutti ci ricordiamo come andò a finire. Tre anni dopo, il 13 maggio 1981, il terrorista turco Mehmet Ali Agca in piazza San Pietro ferì a colpi di pistola Giovanni Paolo II.
È in questo contesto, che il «raggio della morte» scomparve dalla scena. Del resto, ammesso che la scoperta avesse avuto una consistenza reale, chi sarebbe stato in grado di gestire e controllare gli effetti di una rivoluzione industriale e finanziaria che di fatto avrebbe cambiato il mondo? Non ci vuole molto, infatti, ad immaginare quanti interessi quell’invenzione avrebbe danneggiato se soltanto fosse stata resa pubblica. In pratica, tutte le multinazionali operanti nel campo del petrolio e dell’energia nucleare avrebbero dovuto chiudere i battenti o trasformare da un giorno all’altro la loro produzione. Sarebbe veramente impossibile ipotizzare una cifra per quantificare il disastro economico che la nuova scoperta italiana avrebbe portato.
Ma queste sono solo ipotesi. Ciò che invece risulta riguarda la decisione presa dagli autori della scoperta. Infatti, dopo anni di traversie e inutili tentativi per far riconoscere ufficialmente la loro invenzione, probabilmente temendo per la loro vita e per il futuro della loro strumentazione, questi scienziati consegnarono il frutto del loro lavoro alla Fondazione Internazionale Pace e Crescita, che l’11 aprile 1996 venne costituita apposta, verosimilmente con il diretto appoggio logistico-finanziario del Vaticano, a Vaduz, ben al di fuori dei confini italiani. In quel momento il capitale sociale era di appena 30mila franchi svizzeri (circa 20mila Euro). «Sembra anche a noi – si legge nella relazione introduttiva alle attività della Fondazione – che sia meglio costruire anziché distruggere, non importa quanto possa essere difficile, anche se per farlo occorrono molto più coraggio e pazienza, assai più fantasia e sacrificio».
A prescindere dal fatto che non si trova traccia ufficiale di questa fantomatica Fondazione, se non la notizia (in tedesco) che il primo luglio del 2002 è stata messa in liquidazione, parrebbe che a suo tempo l’organizzazione fosse stata costituita in primo luogo per evitare che un’invenzione di quella portata fosse utilizzata solo per fini militari. Del resto anche i missili balistici (con quello che costano) diventerebbero ben poca cosa se gli eserciti potessero disporre di un macchinario che, per distruggere un obiettivo strategico, necessiterebbe soltanto di un sistema di puntamento d’arma.
Secondo voci non confermate, la decisione degli scienziati italiani sarebbe maturata dopo una serie di minacce che avevano ricevuto negli ambienti della capitale. Ad un certo punto si parla pure di un attentato con una bomba, sempre a Roma. Si dice che, per evitare ulteriori brutte sorprese, quegli scienziati si appellarono direttamente a Papa Giovanni Paolo II e la macchina che produce il «raggio della morte» venisse nascosta per qualche tempo in Vaticano. Da qui la decisione di istituire la fondazione e di far emigrare tutti i protagonisti della vicenda nel più tranquillo Liechtenstein. In queste circostanze, forse non fu un caso che proprio il 30 marzo 1979 il Papa ricevette in Vaticano il Consiglio di presidenza della Società Europea di Fisica, riconoscendo, per la prima volta nella storia della Chiesa, in Galileo Galilei (1564-1642) lo scopritore della Logica del Creato. Comunque sia, da quel momento in poi, la parola d’ordine è stata mantenere il silenzio assoluto.
Le macchine del futuro
Qualcosa, però, nel tempo è cambiata. Lo prova il fatto che la Fondazione Internazionale Pace e Crescita non si sarebbe limitata a proteggere gli scienziati cristiani in fuga, ma nel periodo tra il 1996 e il 1999 avrebbe proceduto a realizzare per conto suo diverse complesse apparecchiature che sfruttano il principio del «raggio della morte». Secondo la loro documentazione, infatti, è stata prodotta una serie di macchinari della linea Zavbo pronti ad essere adibiti per più scopi. L’elenco comprende le Srsu/Tep (smaltimento dei rifiuti solidi urbani), Srlo/Tep (smaltimento dei rifiuti liquidi organici), Srtp/Tep (smaltimento dei rifiuti tossici), Srrz/Tep (smaltimento delle scorie radioattive), Rcc (compattazione rocce instabili), Rcz (distruzione rocce pericolose), Rcg (scavo gallerie nella roccia), Cls (attuazione leghe speciali), Cen (produzione energia pulita).
A quest’ultimo riguardo, nella documentazione fornita da Remondini si trovano anche i piani per costruire centrali termoelettriche per produrre energia elettrica a bassissimo costo, smaltendo rifiuti. C’è tutto, dalle dimensioni all’ampiezza del terreno necessario, come si costruisce la torre di ionizzazione e quante persone devono lavorare (53 unità) nella struttura. Un’intera centrale si può fare in 18 mesi e potrà smaltire fino a 500 metri cubi di rifiuti al giorno, producendo energia elettrica con due turbine Ansaldo.
C’è anche un quadro economico (in milioni di dollari americani) per calcolare i costi di costruzione. Nel 1999 si prevedeva che una centrale di questo tipo sarebbe costata 100milioni di dollari. Una peculiarità di queste centrali è che il loro aspetto è assolutamente fuorviante. Infatti, sempre guardando i loro progetti, si nota che all’esterno appaiono soltanto come un paio di basse palazzine per uffici, circondate da un ampio giardino con alberi e fiori. La torre di ionizzazione, dove avviene il processo termico, è infatti completamente interrata per una profondità di 15 metri. In pratica, un pozzo di spesso cemento armato completamente occultato alla vista. In altre parole, queste centrali potrebbero essere ovunque e nessuno ne saprebbe niente.
Da notare che, secondo le ricerche compiute dalla International Company Profile di Londra, una società del Wilmington Group Pic, leader nel mondo per le informazioni sul credito e quotata alla Borsa di Londra, la Fondazione Internazionale Pace e Crescita, fin dal giorno della sua registrazione a Vaduz, non ha mai compiuto alcun tipo di operazione finanziaria nel Liechtenstein, né si conosce alcun dettaglio del suo stato patrimoniale o finanziario, in quanto la legge di quel Paese non prevede che le Fondazioni presentino pubblicamente i propri bilanci o i nomi dei propri fondatori. Si conosce l’indirizzo della sede legale, ma si ignora quale sia stato quello della sede operativa e il tipo di attività che la Fondazione ha svolto al di fuori dei confini del Liechtenstein. Ovviamente mistero assoluto su quanto sia accaduto dopo il primo luglio del 2002 quando, per chissà quali ragioni, ma tutto lascia supporre che la sicurezza non sia stata estranea alla decisione, la Fondazione ufficialmente ha chiuso i battenti.
Ancora più strabiliante è l’elenco dei clienti, o presunti tali, fornito a Remondini. In tutto 24 nomi tra i quali spiccano i maggiori gruppi siderurgici europei, le amministrazioni di due Regioni italiane e persino due governi: uno europeo e uno africano. Da notare che, in una lettera inviata dalla Fondazione a Remondini, si parla di proseguire con i contatti all’estero, ma non sul territorio nazionale «a causa delle problematiche in Italia». Ma di quali «problematiche» si parla? E, soprattutto, com’è che una scoperta di questo tipo viene utilizzata quasi sottobanco per realizzare cose egregie (pensiamo soltanto alla produzione di energia elettrica e allo smaltimento di scorie radioattive), mentre ufficialmente non se ne sa niente di niente?
ilGiornale.it
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IL RAGGIO DELLA MORTE di Franco Mari
forcema@katamail.com
22 Agosto 2001
L'inizio del nuovo millennio sembra far rinascere un antico progetto militare, molto in voga negli anni �30, vale a dire la realizzazione di un'arma dalla quale possa scaturire un raggio capace di bloccare a distanza i motori e di annientare le truppe nemiche. E' il famoso Raggio della Morte!
Con le dovute modifiche, prodotte da necessità contingenti alla nostra epoca, si è letto nei quotidiani nazionali nello scorso novembre che in Italia sarebbe allo studio la realizzazione di uno speciale laser che spara onde elettromagnetiche, capaci di bloccare i motori. L'arma, chiamata "raggio verde " sarebbe in corso di attuazione presso il Centro Interforze di Pisa, nata dallo studio di una perizia su un elicottero caduto in prossimità di un campo percorso dall' Alta Tensione.
E' inoltre recente la notizia che esperti del Pentagono avrebbero deciso di stanziare quaranta milioni di dollari per il perfezionamento di uno progetto militare su un'arma a raggi d'energia elettromagnetica ad alta frequenza, capace di provocare un'intensa sensazione di calore e dolore, neutralizzando, in maniera innocua, la persona verso la quale sarebbe stata rivolta l'arma.
Il primo progetto, quello italiano, sarebbe nato dalla necessità di tamponare l'immigrazione clandestina dall'Albania attraverso i famosi "scafisti", mentre quello americano sarebbe scaturito dal bisogno di contenere i fenomeni di violenza cittadina.
Le due notizie lasciano un po' perplessi poichè la realizzazione di armi così avveniristiche avrebbe francamente richiesto un livello di segretezza più consistente e delle finalità applicative militari certamente diverse da quelle, seppur gravose, di semplice contenimento dell'immigrazione o dell'ordine pubblico.
La realtà, invece, sembra destinata a far rivivere un copione gi� conosciuto nel secolo scorso e mirante alla mitizzazione del famoso "Raggio della Morte"
Cerchiamo allora, tornando indietro nel tempo, di focalizzare meglio il problema.
Alla vigilia della seconda Guerra Mondiale in Italia è sempre più consistente la voce che Guglielmo Marconi fosse riuscito ad elaborare e costruire una nuova arma a dir poco micidiale, capace non solo di bloccare a distanza ogni sorta di mezzo meccanico motorizzato, ma anche di procurarne la distruzione.
Immaginiamo quale valenza politica e militare poteva avere all'epoca una notizia del genere. Settimo Albalustro, fedele collaboratore dello scienziato scriveva nel 1974 nel suo libro che " la notizia non si smentiva sui giornali, probabilmente perchè procurava uno stato d'animo più tranquillo ed un senso di sicurezza in tante famiglie che avevano i loro figli sotto le armi".
Cosa realmente celassero queste notizie non c'è dato sapere. Si era, secondo alcuni, concretamente lavorato su un'arma micidiale e poi non ceduta al Regime per volontà dello stesso Marconi, il quale ha sempre fermamente dichiarato: " le mie invenzioni sono per salvare l'umanitànon per distruggerla" o forse l'invenzione stessa non è stata portata a termine per la prematura scomparsa dello scienziato? Oppure, come sostengono in molti, si trattava di semplici, per così dire, esperimenti d'emissioni di raggi a microonde finalizzati per la localizzazione d'oggetti in movimento?
Sicuramente negli ultimi anni Marconi speriment� delle particolari onde, dimostrando come queste avessero degli effetti su componenti elettrici, tali da causare il blocco di generatori, di motori a scoppio, mentre i motori diesel, non utilizzando la combustione elettrica, ne rimanevano esenti. E' molto strano, però, che tali studi e ricerche non si siano mai ritrovati, neanche dopo la guerra.
Rachele Mussolini, in una sua autobiografia, riferisce che un pomeriggio del giugno del 1936 stava recandosi in macchina col suo autista presso una piccola proprietà agricola di Ostia. Benito, informato a pranzo dello stesso giorno, aveva consigliato alla moglie di percorrere quel tratto autostradale fra le 15 e le 15,30 poichè a quell'ora avrebbe visto qualcosa di sorprendente!
Alle 15,10, infatti, a circa metà del percorso, improvvisamente la loro auto e tutte le altre nella zona si fermarono senza alcun motivo per più di 25 minuti. Erano stati coinvolti una trentina di automezzi in un tratto di strada di circa 200 metri, interessando entrambe le corsie. Alcuni autisti cercavano di controllare sia la quantità n c'era nulla d'evidente che giustificasse quella sosta forzata, sennonchè alle 3,35 tutti i motori ripresero a funzionare come d'incanto.
Rachele, la sera stessa, appena ritornò a Villa Torlonia, venne a sapere dal marito di essersi trovata nel bel mezzo di un esperimento segretissimo, frutto di un'invenzione di Marconi, ma ancora in fase sperimentale. Mussolini aggiunse anche che se lo scienziato italiano "completerà la sua opera ed erano già in molti a chiamarla "raggio della morte" l'Italia avrebbe avuto, in caso di guerra, un'arma invincibile.
Dopo alcune settimane dall'esperimento sull'autostrada per Ostia, Marconi avrebbe condotto una prova ancora più importante dal punto di vista militare nel cielo di Orbetello, dove sarebbero stati bloccati in volo due aerei radiocomandati.
Queste notizie riportate nel libro "Mussolini Sans Masque - Fayard - Parigi - 1973" ci hanno indotto a telefonare alla giornalista e scrittrice Anita Pensotti, alla quale Rachele Mussolini, deceduta nel 1979, concesse moltissimo tempo per una vasta raccolta autobiografica. Ma la giornalista non ricorda di aver ascoltato tali episodi.
Questo, però, non dissipa il dubbio che Marconi non si sia interessato al cosiddetto raggio della morte. Il progetto più importante che lo scienziato approfondì negli anni '30 fu la ricerca sulle microonde per via della loro spiccata direzionalità e quindi idonee alla riservatezza delle comunicazioni.
Durante il '34-'35 gli esperimenti continuarono in tutta segretezza in previsione d'eventuali sviluppi di tipo militare, e fu a questo punto che nacquero le prime voci sul raggio della morte.
Altro particolare curioso fu che durante gli esperimenti si accorsero che se un oggetto attraversava il fascio d'onda, questo subiva un ritorno e poteva essere captato da un apparecchio ricevente posto vicino a quello trasmittente. Marconi era sulla strada dell'apparecchio Radar.
Alcune prove si svolsero all'aperto dove osservatori e giornalisti notarono come certi emettitori erano direzionati verso automezzi militari in movimento che a tratti si fermavano, probabilmente per manovre preordinate, ma tale comportamento determinò l'amplificarsi delle voci sul famoso raggio che bloccava i motori.
Di ufficiale c'è solo la smentita dello stesso Marconi sul New York Herald, edito a Parigi, del 25 giugno 1935, mentre si dimostrò molto più possibilista nel gennaio del 1937 quando fu intervistato da Stephan Lorant per l'Illustrazione Italiana.
Marconi non dedicò molto tempo a questo progetto, i suoi impegni di rappresentanza erano sempre più fitti e gravosi ed inoltre la sua salute peggiorò
A questo punto viene spontanea una domanda: potrebbe essere stato questo il periodo in cui, sperimentando con le microonde e cercando di capire l'essenza del fenomeno del "disturbo di ritorno", fosse venuto casualmente a conoscenza del raggio della morte, probabilmente aumentando la potenza ed agendo su altri parametri delle emissioni elettromagnetiche?
Lo scrittore Mario La Stella riteneva che Marconi, nonostante le smentite, continuasse in gran segreto i suoi esperimenti a Sestri Levante, dove era ormeggiato il suo yacht abitazione "Elettra".
Dopo la sua morte circolarono notizie secondo le quali egli avrebbe affidato "misteriosi segreti" ad una sua collaboratrice.
Nel libro di R. De Felice "Mussolini il Duce" " considerata reale la possibilitàche Marconi fosse arrivato alla costruzione di un'arma del genere e dopo essersi consigliato con il Santo Padre non consegnò al Duce la sua invenzione. Mussolini nel '37 stava per convincere Marconi a cambiare decisione, ma improvvisamente lo scienziato morì portando la sua scoperta nella tomba.
Il dubbio che si trattasse realmente di una "arma a raggi" non si è ancora risolto.
Peter Kolosimo, in un articolo sul Giornale dei Misteri del dicembre 72, scrive che Marconi avrebbe potuto sperimentare su certi tipi di onde elettromagnetiche ad altissima potenza, disturbando le normali funzioni del cervello umano, provocando una specie di pazzia temporanea agente sia sui piloti sia su altri combattenti. A dimostrazione di ciò basta ricordare come gli stormi di uccelli rimangono disorientati quando attraversano da vicino le traiettorie dei radar. Ma tali apparecchi, commenta Kolosimo, non sono tuttavia pensabili e non sono mai stati prodotti. Diverso è il discorso sugli apparecchi che producono il blocco dei motori, esperimenti del genere furono effettuati all'epoca anche in Germania ed in Gran Bretagna, rilevandosi assolutamente non proponibili, in quanto grosse e pesanti attrezzature non superavano la gittata di 25-30 metri.
Le voci sull'ipotetico strumento che produce il "Raggio della Morte" sono però antecedenti di almeno una diecina di anni, poichè la novità di quest'invenzione spetterebbe ad un eccentrico personaggio che porta il nome di Harry Grindell Matthews, nato in Inghilterra nel 1880 e educato a Bristol nel College Merchant Ventures.
A 19 anni partecipò come volontario alla guerra Anglo-Boera dove fu ferito per ben due volte.
Tornato in patria potè dedicarsi a tempo pieno ai suoi interessi nel campo scientifico con studi sull'sulla sonorizzazione di pellicole cinematografiche.
Inventò fra l'altro una specie di "drone marino" teleguidato per mezzo di raggi luminosi, sfruttando le proprietà fotosensibili del selenio e guidando la barca robot da una distanza di cinque miglia.
Il governo inglese aveva già messo gli occhi sull'operato di questo personaggio e non tardò a stanziare anche delle discrete somme per lo studio di "Torpedini aeree" che avrebbero dovuto dare la risposta britannica agli Zeppelin.
La vera svolta si ebbe nel 1924 quando Grindell Matthews divulgò la notizia al mondo di avere inventato un singolare raggio che riusciva a bloccare i motori in movimento. Si trattava di un congegno elettrico, sicuramente nato da precedenti studi fatti da Nikola Tesla e finalmente realizzati e portati a termine dall'esuberante inventore inglese.
Lo stesso Tesla, aveva dedicato molti studi su come teletrasportare l'energia elettrica basandosi, come lui affermava, su un principio di fisica completamente nuovo. Un simile apparato sarebbe stato anche in grado di produrre elevati effetti nocivi. Lo scienziato croato, verso la fine dei suoi anni, diceva ripetutamente d'essere pronto a divulgare la sua scoperta, ma di tutto ciò n'ERA rimasta solo la promessa.
Diversamente la scoperta di Matthews era stata mostrata pubblicamente, produceva un raggio invisibile, in modo sconosciuto, che, oltre alla proprietà di arrestare i motori a scoppio, poteva far esplodere a distanza delle miscele detonanti, far saltare in aria le cartucce, far arrossare il filamento di una lampadina elettrica senza che in questa circolasse altra corrente, infine uccidere insetti e piccoli roditori che rimanevano stecchiti dopo soli pochi secondi dìesposizione.
L'inventore chiedeva ad uno spettatore di mettere in moto una motocicletta posta a diversi metri, puntava successivamente il suo congegno ed immediatamente si arrestava il motore. Inoltre se la moto stava sul cavalletto, allontanando la direzione dei raggi, questa riprendeva regolarmente a funzionare.
Anche la dimostrazione otteneva una notevole spettacolarità, perchè oltre ad incendiarsi produceva addirittura un insieme di raggi scintillanti simile ad uno spettacolo pirotecnico.
Ma senz'altro 'effetto che maggiormente riusciva a sconvolgere la mente umana, e direi anche quella dei militari dell'epoca, era l'azione letale sui roditori.
L'arresto dei motori, le esplosioni e la morte fece giustamente coniare il termine di "Raggio Malefico o Raggio Mortale". Con armi di questo tipo si sarebbero dovute rivedere completamente le tattiche di guerra, anzi sicuramente non ce ne sarebbero più state, poichè la nazione che avesse avuto un simile armamento le avrebbe vinte sul nascere.
La notizia, all'epoca, suscitò grande scalpore e in Italia ne parlò la stampa specializzata come la rivista quindicinale di radioelettricità "Radiofonia". Furono intervistati illustri personaggi del mondo scientifico come il fisico Orso Mario Corbino, allora senatore, il quale si dichiarò alquanto scettico sulla possibilità di trasmettere energia coi raggi e non intravedeva alcuna conseguenza nel settore bellico. Così anche ampie riserve furono fatte dal Senatore Guglielmo Mengarini, ingegnere elettrotecnico, mentre un suo collega, il Senatore Luigi Luiggi, ingegnere del genio civile, esaltòla genialità del Matthews e padre Gianfranceschi, che fu il primo direttore di Radio Vaticana, ammise che un fondo di realtà ci sarebbe dovuta essere.
La sorte volle che Grindell Matthews e la sua macchina diabolica non avessero successo, in Gran Bretagna c'era stato l'interessamento dell'allora Ministero dell'Aviazione, ma la sua invenzione non decollò perchè non convinse più di tanto e fu quindi bocciata.
Secondo alcuni il motivo sarebbe da ricercare non nel fatto che la macchina non funzionasse, ma solo nella non praticità del mezzo perchè di portata assai limitata, diciotto metri per arrestare i motori, far detonare gli esplosivi e per l''azione letale sui piccoli roditori. E' troppo poco per un utilizzo in campo bellico dove sarebbero state necessarie delle portate notevolmente superiori.
Secondo altri e tra questi il fisico francese Langevin, allora membro dell'Accademia delle Scienze, si prospettò l'ipotesi di una frode totale. Il Matthews avrebbe semplicemente usato un raggio luminoso su delle cellule fotoelettriche stimolando degli elettromagneti e innescando ingegnosi giochi scientifici abilmente preparati. Tale ipotesi rimane semplicemente una congettura, anche se non dobbiamo dimenticare come lo stesso Matthews in precedenza fece degli esperimenti telecomandando a distanza dei "droni marini" con l'utilizzo di alcune fotocellule.
Il dubbio della mistificazione non è stato mai risolto ed all'epoca l'opinione pubblica già immaginava fantasmagorici scenari di difesa, potendosi finalmente abbattere aerei e dirigibili in volo nel breve istante dell'accensione del raggio e quindi creare una fitta rete difensiva sulle grandi metropoli, nelle quali nessun aereo nemico avrebbe potuto sganciare il loro carico esplosivo.
Dalla storia sappiamo, invece, che tutto ciò non avvenne, forse sarebbero serviti dei forti finanziamenti che non ci furono, forse quel congegno era solo un piccolo giocattolo dimostrativo che non sarebbe mai potuto crescere.
L'unica cosa concreta che la macchina diabolica aveva causato al suo scopritore fu una grave lesione che si procurò ad un occhio ed a nulla valse il suo viaggio presso una famosa clinica oculistica di New York nel luglio del 1924. La risposta fu che i potenti raggi misteriosi avevano compromesso seriamente la funzionalità del suo occhio sinistro.
Nel marzo 1925 ritornò in Inghilterra e riferì di aver venduto il suo brevetto agli Stati Uniti e che stava per trasferirsi in quel paese.
Da allora non si sentì parlare molto di Grindell Matthews fatta eccezione per alcune piccole invenzioni, come ad esempio le proiezioni di luci pubblicitarie dirette sulle nuvole.
Solo nel 1935 si venne a sapere che stava lavorando per il Governo britannico in un bunker sotterraneo armato e difeso fino ai denti per la realizzazione della difesa della città di Londra da eventuali attacchi aerei nemici. Due anni più tardi ampliò le sue ricerche per il rilevamento di sommergibili ad una distanza di 30 miglia.
Morì nel Settembre 1941 a Clydach � Inghilterra.
In seguito le bombe tedesche avrebbero ripetutamente attaccato Londra senza che alcun raggio mortale o altre invenzioni avessero impedito la furia devastante delle esplosioni nemiche.
Bibliografia:
Mario La Stella - Guglielmo Marconi - Ed Aurora - Milano - 1937
Ugo Maraldi - Dal cannonissimo al raggio mortale - Bompiani - 1939
Mario La Stella - Il raggio della Morte - De Carlo - Roma - 1942
Rachele Mussolini - Mussolini Sans Masque - Fayard - Parigi - 1973 (tradotto in Italia: Mussolini privato - Rusconi - Milano - 1980)
Settimo Albalustro - Guglielmo Marconi nel mio ricordo - Roma - 1974
R. De Felice - Mussolini il Duce - Torino � 1981
Antonio Spinosa - Mussolini il fascino di un dittatore - Arnoldo Mondadori Editore - 1989
Robert Lomas - L'uomo che ha inventato il XX secolo - Newton e Compton Editori - Roma - 2000
Domenica del Corriere - Anno 1924: 18 maggio, 29 giugno, 31 agosto
Peter Kolosimo - Il raggio della Morte - Giornale dei Misteri - Dicembre 1972
Claudio Asciuti - Guglielmo Marconi e il raggio della Morte -Giornale del Misteri- Novembre 1992
La Nazione - 13 novembre 2000
La Macchina del Tempo - Settembre 2001
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IL RAGGIO DELLA MORTE
È necessario a questo punto della ricerca, andare a ritrovare alcuni personaggi scientifici del nostro pianeta che hanno avuto la possibilità di sperimentare l’antimateria o perlomeno qualcosa di simile.Come è nel nostro costume, utilizziamo sempre le scoperte scientifiche innanzi tutto per fini militari e poi, se permesso, per scopi d’avanzamento della società civile. La scoperta dell’antimateria non si è sottratta alla regola e per fortuna non si è arrivati a livelli critici, pur essendo stata sempre considerata esclusivamente "raggio della morte".Effettivamente c’è stato un antico progetto militare teso a realizzare un’arma capace di bloccare a distanza qualsiasi motore di automezzo e soprattutto di annientare truppe nemiche durante un conflitto. È mia opinione che questa nuova possibilità scientifica sia da attribuirsi alla genialità di Nicola Tesla, il quale si pronunciò in materia solamente verso la fine degli anni ’30 per calmare delle dicerie scaturite da alcune sue affermazioni. Nel 1938, nel corso di una cena offerta per il suo compleanno al New York Hotel, fu chiesto a Tesla se fosse stato in grado di produrre sulla Luna un fenomeno luminoso capace di poter essere osservato con un potente telescopio. Rispose di sì, precisando che alla prima fase lunare crescente vi avrebbe fatto comparire un fascio di luce rossa a dimensione di una stella, addirittura visibile senza telescopio. Non si tardò a spargere la voce che Tesla avesse inventato un raggio terribile, immediatamente battezzato "Raggio della Morte". Naturalmente lo scienziato smentì una simile applicazione ma le sue idee erano state verificate da altri personaggi già un po’ di tempo prima.In questo campo probabilmente Harry Grindell Matthews, un eccentrico sperimentatore inglese, è stato il primo a comunicare la notizia al mondo. Nel 1924 egli dichiarò alla stampa di aver inventato un singolare raggio che riusciva a bloccare i motori in movimento. Aveva messo in pratica un congegno che probabilmente si basava sull’idea di Tesla di teletrasportare energia elettrica, attraverso un principio di fisica completamente nuovo. Era chiaro che un simile apparato sarebbe stato in grado di produrre effetti nocivi assai elevati. La scoperta di Grindell Matthews, nato nel 1880 e educato nel College Merchant Vensures di Bristol, fu mostrata in pubblico. Produceva un raggio invisibile che, oltre alla proprietà di arrestare i motori a scoppio, poteva far esplodere a distanza delle polveri, far saltare in aria le cartucce, portare all’incandescenza il filamento di una lampadina elettrica senza che in essa circolasse altra corrente, uccidere insetti o piccoli animali che rimanevano stecchiti dopo pochi secondi d’esposizione. Matthews chiedeva addirittura ad uno spettatore di mettere in moto un motociclo a diversi metri da lui, puntava il suo strumento verso il motore ed immediatamente s’arrestava. Inoltre se la moto stava sul cavalletto, allontanando la direzione del raggio, questa riprendeva regolarmente a funzionare.Era logico pensare che con armi di questo tipo, le guerre dovessero essere svolte molto diversamente. Per la verità non ce ne sarebbero più state poiché la nazione che avesse avuto un simile armamento, avrebbe vinto qualsiasi battaglia sul nascere.Il destino volle che Grindell Matthews e la sua macchina globale non avessero successo. In Inghilterra c’era stato l’interessamento del Ministro dell’Aviazione che non fu convinto da quest’invenzione tanto che la bocciò. Ciò probabilmente dipese dal fatto che la macchina avesse una portata di circa 18 metri per arrestare i motori e produrre tante altre cose. Nacque pure il dubbio della mistificazione. L’unica cosa concreta che la macchina "rivoluzionaria" aveva causato al suo scopritore fu una grande lesione che si procurò ad un occhio, frutto dei potenti raggi misteriosi e a nulla valse il ricovero presso una famosa clinica oculistica di New York nel Luglio del 1924. Nel Marzo del 1925 ritornò in Gran Bretagna dove riferì che aveva venduto il suo brevetto agli Stati Uniti. Da quel momento, non si sentì più parlare di Grindell Matthews se non in sporadiche occasioni come quella in cui affermò di voler fare della pubblicità proiettando appositi fasci di luce sulle nuvole. Nel 1935 si venne a sapere che stava lavorando per il Governo Britannico in un bunker sotterraneo ed impenetrabile per realizzare la difesa della città di Londra da attacchi degli aerei nazisti. Morì nel Settembre 1941 nella cittadina inglese di Clydach. La storia ci ricorda che i nazisti bombardarono ripetutamente Londra con mezzi volanti del tipo V1 e V2, ma dell’intervento del raggio mortale non si ebbe alcuna notizia, tanto che la città fu seriamente devastata.Un altro grande personaggio che arrivò a costruire un sistema capace di generare il famigerato "raggio della morte" fu l’italiano Guglielmo Marconi, la cui figura è stata ripetutamente al centro di discussioni e critiche. Innegabile è tuttavia il suo valore di sperimentatore entusiasta, dotato di grande intuito. Il Marconi che tutti conosciamo è passato alla storia come l’inventore della radio, un mezzo che ha letteralmente modificato il modo di vivere dei terrestri. Marconi ebbe, infatti, una grandissima intuizione e una gran fede nell’avvenire mondiale della radio, sin dai primi anni dalla sua scoperta. Invenzione che, in effetti, è da attribuire a Nikola Tesla, come stabilito dal tribunale di New York di recente. Nel 1933 Marconi eseguì altre prove di trasmissioni in radiotelegrafia e radiotelefonia per mezzo di microonde. Egli utilizzò la radio come mezzo curativo per combattere batteri e malattie virali. A complicare gli anni più intensi della sua vita, vale a dire gli anni trenta, per Marconi furono alcune intuizioni incredibili: la televisione, l’antigravità, la captazione di voci dal passato ma soprattutto il raggio della morte. Il "raggio della morte" è stato una cosa seria che è passato alla leggenda, anche se avvolto da forti dubbi ancora oggi non chiariti. Una fonte autorevole d’informazione però è esistita, della quale rimane un’autobiografia. Si tratta di Rachele Mussolini, la moglie del Duce, che nel suo libro "Mussolini Privato" descrive un importante esperimento condotto verso la fine del mese di Giugno 1936 sulla strada che da Roma conduceva ad Ostia."Verso la fine di Giugno di quello stesso anno, Benito Mussolini ebbe nuovamente la possibilità di cambiare il corso degli eventi: Guglielmo Marconi aveva messo a punto un’invenzione rivoluzionaria. Con l’aiuto di un raggio misterioso, poteva interrompere in circuito elettrico dei motori di qualsiasi tipo di veicolo, che funzionassero con un magnete. In altre parole, poteva fermare a distanza automobili e motociclette. Poteva abbattere anche gli aerei. Anche a me capitò, in quei giorni, di vivere una stranissima avventura. Ho parlato di proposito di "avventura vissuta" perché, senza volerlo, io stessa mi trovai ad assistere ad una prova del raggio mentre ero nella mia automobile. Quel giorno, a pranzo, avevo detto a Benito che nel pomeriggio mi sarei recata ad Ostia per controllare dei lavori che stavano facendo in una piccola proprietà agricola. Mio marito aveva sorriso e mi aveva risposto: "Trovati sull’autostrada Roma-Ostia fra le tre e le tre e mezza. Vedrai qualcosa che ti sorprenderà...". Verso le tre, dunque, lasciai Villa Torlonia, la nostra residenza nella capitale, per recarmi in automobile ad Ostia, come previsto. Ero sola con l’autista, un poliziotto in borghese dei servizi di sicurezza. Durante la prima parte del percorso, tutto andò bene. Sull’autostrada, benché fosse in funzione già da parecchi anni (dal 1929 o dal 1930, credo), non c’era molto traffico: in quel periodo non tutti potevano permettersi un’automobile. Eravamo a circa metà strada, quando il motore si fermò. L’autista scese brontolando, e infilò la testa nel cofano della macchina. Frugò, avvitò, svitò, riavvitò, soffiò dentro certi tubi: niente da fare. Il motore non voleva ripartire. Un’altra automobile, che marciava nella nostra stessa direzione, si fermò poco più avanti. Il conducente scese e andò anche lui a mettere il naso nel motore. Poi, come succede dappertutto in casi simili, si mise a discutere col suo compagno di sventura, cioè col mio autista. Qualche centinaio di metri più avanti, ma nel senso contrario, altre automobili si erano fermate, e anche delle motociclette. Ero sempre più incuriosita e ripensai a quello che mi aveva detto mio marito a pranzo. Guardai l’orologio: erano le tre e dieci. A dir la verità, non ci capivo niente, ma una cosa era certa: attorno a noi, in entrambi i sensi dell’autostrada Roma-Ostia, per alcune centinaia di metri, tutto ciò che funzionava a motore era in panne. Ci potevano essere una trentina di veicoli, di tutti i tipi: non uno che funzionasse. Chiamai l’autista e gli dissi: "Aspettiamo fino alle tre e mezza. Se l’auto non vorrà ripartire, chiameremo un meccanico". "Ma, Eccellenza, sono solo le tre e un quarto! Perché dobbiamo aspettare fino alle tre e mezza, se riesco a trovare prima il guasto?". "Certo... certo". Alle tre e trentacinque gli chiesi di riprovare. Beninteso, il motore ripartì al primo colpo. Gli altri conducenti che si trovavano vicini a noi, vedendo la nostra automobile ripartire, fecero la stessa cosa: tutto funzionava come se niente fosse accaduto... La sera a cena, notando che mio marito mi osservava con un sorrisetto, gli raccontai la storia della panne collettiva, suscitando la curiosità e le domande di tutti. Vittorio e Bruno, che erano piloti, parlavano in termini tecnici, specialmente Bruno che era esperto di motori. Secondo Romano e Anna Maria, invece, io avevo sognato. Nessuno trovava una spiegazione a questo mistero. Infine mio marito disse: "La mamma ha ragione. Questo pomeriggio hanno fatto un esperimento in alcuni punti dell’autostrada Roma-Ostia. Lei stessa ha visto i risultati". Detto questo, mio marito smise di parlare e non volle più rispondere a nessuna domanda... Appena fummo soli, mi disse: "Sai, Rachele, questo pomeriggio hai assistito ad un esperimento segretissimo. È un’invenzione di Marconi che può dare all’Italia una potenza militare superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo". E mi spiegò, grosso modo, in che cosa consistesse questa scoperta che alcuni, aggiunse, avevano chiamato il "raggio della morte". "Il raggio - precisò - è ancora in fase sperimentale. Marconi sta continuando le ricerche. Come puoi bene immaginare, se riuscirà a realizzarla, l’Italia avrà in mano, in caso di guerra, un’arma tale da bloccare ogni movimento del nemico e praticamente renderci invincibili". Mi mancava il respiro. Sapevo di cosa era capace Guglielmo Marconi... Quattro anni dopo eravamo in guerra. Il "raggio della morte" avrebbe potuto cambiare il nostro destino se l’Italia lo avesse posseduto. Ma, purtroppo, le cose si erano avviate per un’altra strada. Sua Santità Pio XI, terrificato da questa scoperta e dall’enorme portata che poteva avere, chiese a Marconi di non proseguire le ricerche e, se possibile, addirittura distruggere i risultati già acquisiti. Marconi, che era molto affezionato a Benito ed era un sincero fascista, gli aveva fedelmente riferito il colloquio con il Papa e gli aveva chiesto che posizione doveva prendere di fronte al caso di coscienza che si poneva alla sua fede di cattolico. Benito non voleva rendersi nemico il Papa della Conciliazione né andar contro agli scrupoli religiosi di Marconi. Inoltre il mondo era in cerca di pace e non di guerra e le ricerche di Marconi erano costosissime. Optò quindi per autorizzare la sospensione delle ricerche, ma non la distruzione della scoperta. L’anno dopo, il 1937, Marconi improvvisamente morì..."Effettivamente Marconi ebbe rapporti molto stretti col Vaticano, non solo per aver istallato la prima stazione radio nell’Aprile del 1933 ma soprattutto per aver ottenuto nel 1929 l’annullamento del suo matrimonio dalla Sacra Rota. All’epoca questo fatto rappresentò un evento clamoroso per l’opinione pubblica e perciò fu sempre riconoscente e disponibile nei confronti del Papa. A parte questi retroscena, all’epoca si misero in circolazione notizie preoccupanti su questo raggio della morte. Si affermò che in un pascolo dei castelli romani, dove lavoravano ricercatori dell’Università di Pisa, fu trovato stecchito un intero gregge di pecore. Si disse poi che nella maremma toscana vennero fermati i motori di due aerei in volo e che altri due aeroplani senza piloti a bordo fossero esplosi in un impressionante bagliore di luce.Lo stesso Duce del resto lo confermerà il 20 Marzo 1945 al giornalista Ivanoe Fossati, che lo intervistò nell’isoletta di Trimellone, sul lago di Garda, di fronte a Gargnano: "È vero, sulla strada di Ostia, ad Acilia, Marconi ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette, dei camion. L’esperimento fu ripetuto sulla strada di Anzio. Ad Orbetello, apparecchi radiocomandati furono incendiati ad oltre duemila metri d’altezza. Marconi aveva scoperto il raggio della morte. Sennonché egli, che negli ultimi tempi era diventato religiosissimo, ebbe uno scrupolo di carattere umanitario e chiese consiglio al Papa, e il Papa lo sconsigliò di rivelare una scoperta così micidiale. Turbatissimo, venne a riferirmi sul suo caso di coscienza. Io rimasi esterrefatto. Gli dissi che la scoperta poteva essere fatta da altri ed utilizzata contro di noi, contro il suo popolo quindi, e che io non gli avrei usato nessuna violenza morale, preferendo che risolvesse da solo il proprio caso di coscienza, sicuro che i suoi sentimenti d’italiano avrebbero avuto il sopravvento. Pochi giorni dopo Marconi ritornò e sul suo volto erano evidenti i segni della tremenda lotta interiore tra i due sentimenti, il religioso e il patriottico. Per rasserenarlo, lo assicurai che il raggio della morte non sarebbe stato usato se non come estrema soluzione. Avevo ancora fiducia di poterlo convincere dell’assurdità dei suoi dubbi. Infatti lo scienziato non è responsabile del cattivo uso che si può fare della sua invenzione. Invece Marconi moriva improvvisamente, forse di crepacuore. Da quel momento temetti che la mia stella cominciasse a spegnersi...".Ufficialmente nessuno riuscì a penetrare nelle segrete conoscenze di Guglielmo Marconi, nemmeno i nazisti che credettero che il famigerato "raggio della morte" non poteva essere che la scoperta del radar.C’è stato però un altro ricercatore che ha conosciuto il Guglielmo Marconi segreto. Il suo ruolo è stato quello di aiutante nascosto, o per meglio dire non ufficiale, di un collaboratore silente ma prolifico d’idee e di sperimentazioni. Questo signore si chiama Pier Luigi Ighina. Pier Luigi Ighina, ricercatore originale e prolifico, per molti anni assistente segreto di Guglielmo Marconi.Nato nel 1908 a Milano, di professione radiotecnico, nel 1936 si trasferisce ad Imola e nella sua abitazione istalla un laboratorio dalle caratteristiche assai strane, frutto delle sue particolari conoscenze che tramuta in numerose invenzioni. Ighina a 16 anni scoprì l’atomo magnetico e, attraverso una serie di fortunate peripezie, arrivò a collaborare segretamente con Marconi per almeno 10 anni. Anche dopo la scomparsa dello scienziato, Ighina ha continuato nella ricerca per tutta la sua lunga vita, basata sulla spirale che è il movimento dell’energia.Parlando con lui ad Imola, ho potuto scoprire la parte misteriosa di Marconi, soprattutto sul raggio della morte. A Villa Marconi, Ighina riuscì per puro caso a scoprire sperimentalmente il monopolo magnetico. Dopo aver studiato a fondo il campo magnetico, generato da alcune elettrocalamite e dal quale non riusciva a concludere il suo progetto, Ighina, preso da uno strano nervosismo, mise tanta di quella corrente elettrica da determinare la bruciatura totale del congegno. La meraviglia fu tanta perché non avvenne nulla di tutto questo. Fu proprio Guglielmo Marconi a chiarire l’esperimento: era stato inventato il monopolo magnetico. Secondo la sua definizione, il monopolo magnetico non è altro che la divisione dell’atomo magnetico. A tal riguardo Ighina ha detto:"Avevo così costatato che l’atomo magnetico è il promotore di tutti gli altri atomi. In altre parole avevo notato che l’atomo magnetico si trova in mezzo agli altri atomi per dar loro il movimento continuo. Pensai che se si fosse riusciti ad isolare gli atomi della materia dagli atomi magnetici, i primi non avrebbero più la possibilità di muoversi. E questo ottenni: gli atomi della materia isolati da quelli magnetici rimanevano fermi e la materia non si trasformava. Pensai allora che se l’atomo magnetico poteva influenzare tutti gli atomi esistenti, avrebbe anche potuto produrre tutte le variazioni degli atomi della materia. E anche ciò costatai dopo essere riuscito a regolare il movimento dell’atomo magnetico." Questo è l’atomo magnetico che è stato fotografato nel laboratorio di Pier Luigi Ighina nell’anno 1940, per mezzo di un microscopio atomico, con ingrandimento dell’atomo di un miliardo di volte.Nella foto dell'atomo magnetico si vedono i cinque canaletti d’atomi assorbenti che servono a frenare l’atomo magnetico; nel centro si nota la dilatazione prodotta dalla pulsazione dell’atomo stesso.Ognuna di queste pulsazioni produce e lancia attorno all’atomo magnetico un’energia, che nella foto è raffigurata dal sottile circoletto luminoso attorno all’atomo centrale. Il circoletto luminoso si espande a sua volta tanto da formare un circolo più grande così fino all’esaurimento della sua pulsazione. Il susseguirsi dei circoletti generati dalle pulsazioni produce l’adagiamento dei circoletti stessi uno sempre più vicino dell’altro, come a coprire e nascondere completamente, come uno scudo protettivo, l’atomo centrale. Quest’atomo è il più piccolo di tutti gli altri atomi e per legge atomica più piccolo è l’atomo più veloce è la sua pulsazione. Esso è quello che imprime a tutti gli altri atomi il loro movimento diventando così promotore di essi. (Informazioni riprese dal libro: "La scoperta dell’atomo magnetico" di P.L.Ighina).
Tornando al concetto di monopolo, ho chiesto direttamente a lui spiegazioni più dettagliate. Il signor Ighina ha così risposto:"Il monopolo è il principio positivo o negativo dell’energia solare. L’energia solare è la parte principale della polarità; bloccandola e riflettendola, diventa negativa. L’energia solare arriva sulla Terra, viene bloccata e riflessa e quindi diventa energia terrestre. Dall’interazione dell’energia solare con quella terrestre si produce materia. Tutto qui. Semplice no?"Ho chiesto poi come avevano, lui e Marconi, applicato la conoscenza sul monopolo. La risposta è stata immediata e scioccante:"Difatti Marconi è morto per quello. Io ero dal ’36 che abitavo già qui ad Imola. Glielo avevo detto: 'Mi raccomando Guglielmo, telefona se hai bisogno di fare qualche esperimento, mi raccomando...'. Lo avevo già salvato due volte. In una stavo per rimetterci la pelle anch’io. Perché lui adoperava i monopoli con facilità. E i monopoli cosa fanno? Fanno la scomposizione della materia sulla materia stessa. Lui ha fatto l’esperimento e c’è rimasto. Si, effettivamente aveva messo lo schermo magnetico, ma non era sufficiente. Quando sono andato a Roma a vederlo nella bara, ho notato che egli aveva sotto la pelle come degli gnocchetti neri. Allora ho capito che era morto perché non era più circolato il sangue. I medici avevano detto che aveva una cosa nel cuore, come la chiamano loro? Boh... Tutti dicevano che Marconi era morto di Angina Pectoris..."Detto questo, egli ha continuato con la sua spiegazione:"Ho portato avanti tutto quello che Marconi mi ha lasciato. I monopoli, la composizione della materia, le lumache, ecc.. Ho ripetuto tutto quello che mi diceva quando era vivo."Ighina mi ha spiegato poi che la materia è tenuta insieme dalla colla magnetica. Le due energie, solare e terrestre, producono la colla magnetica. Quindi la differenza sostanziale tra due materie di diversa natura consiste nel possedere più o meno energia. È come il cemento. Se nell’impasto si mette molto cemento, la materia diventa più dura; se ne viene messo poco allora si ottiene una materia morbida. Mi è nata spontanea, a questo punto, una domanda sulle energie nucleari, come tutte le energie elettromagnetiche, generate dalla nostra società attuale possono causare danni irreparabili.Ighina, con la massima cortesia, ha dato la seguente risposta:"Non è che disturbano. Dunque... la colla magnetica è formata da due energie, come dei fili invisibili che sono nell’aria. Se questi fili invisibili sono perturbati in continuazione da qualsiasi altra sostanza come i campi magnetici, telefoni, energia nucleare e cose similari, creano continuamente della corrosione vale a dire vanno a distruggere il campo magnetico che è poi quello che crea la colla magnetica. Ciò produce lo scioglimento della materia."Ho potuto visitare il suo laboratorio e tutte le varie apparecchiature da lui costruite. È stato per me un incontro proficuo, ma ho avuto netta l’impressione che il signor Ighina avesse rivelato una minima quantità delle sue conoscenze e che non avesse voluto parlare assolutamente dei suoi più importanti esperimenti. L’ultima occasione è stata la visita nel suo giardino di una macchina capace di controllare le nuvole nel cielo. Mentre aspettavamo che il cielo si aprisse per effetto dell’energia sprigionata dalla macchina attraverso le sue due pale rotanti, Ighina mi ha raccontato molti fatti, molti aneddoti sulla sua lunga sperimentazione. Mi ha infine fatto notare che sotto il terreno di sua appartenenza ha sepolto diversi quintali di polvere d’alluminio per trasformare il prato in un grande monopolo magnetico. Ho potuto dedurre poi che i suoi studi, effettuati nella collaborazione con Guglielmo Marconi, hanno portato alla seguente considerazione: unendo o separando i monopoli si può comporre o scomporre la materia.Questi due ricercatori hanno però scelto diverse strade per promuovere le scoperte suddette. Marconi si è inserito nella logica terrestre e non si è potuto esimere dall’influenza del potere politico, economico, militare e religioso. Ighina invece è rimasto nell’ombra, consapevole che se l’umanità avesse cambiato la sua logica di vita, poteva tranquillamente esprimere le proprie conoscenze per il benessere dell’umanità stessa.La morte misteriosa di Marconi innescò un’altra leggenda che lo volle in Sud America insieme con altri 98 scienziati (incluso il suo fedelissimo Landini) per costruire una città segreta nel cratere spento di un vulcano situato nella giungla nel sud del Venezuela. Marconi, del resto, aveva lasciato un filone di studio che, nonostante le varie situazioni contingenti, si basava sull’amore per la natura. Egli desiderava che l’uomo seguisse gli insegnamenti dei Maestri e si sforzasse di capire Madre Natura e le sue esigenze. Se questo si realizzasse, sicuramente non ci sarebbero più catastrofi e il pericolo della scomparsa della vita sulla Terra. Nikola Tesla si trovò nella stessa condizione di Marconi, ma anche lui non cedette alle lusinghe del potere. Per puri scopi propagandistici le dicerie su raggi d’ogni genere si diffusero durante la seconda guerra mondiale ed anche dopo. Ciò non toglie che alcuni scienziati avessero intuito e probabilmente realizzato veramente qualcosa che avrebbe potuto cambiare definitivamente il corso della storia. Emerge però che nei quattro personaggi citati la loro coscienza abbia evidenziato il fatto che l’uomo non era ancora in grado di usufruire una generosa sorte e perciò ognuno di loro ha trovato un rimedio adeguato per non diffondere una probabile arma globale. Sono stati amanti della vita e naturalmente codesta invenzione doveva salvare l’umanità e non distruggerla.
fonte e continuazione
http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/tu_raggi.htm
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Un mistero mai risolto!
IL RAGGIO DELLA MORTE DI GUGLIELMO MARCONI E’ ESISTITO DAVVERO O E’ STATO SOLO FRUTTO FANTASIOSO DI PROPAGANDA?
Un’invenzione di cui non si saprà mai se sia stata fatta e quanto invece non sia il frutto di fantasia e di propaganda è quella che va sotto il nome di “Raggio della morte”, attribuita a Marconi anche se precedentemente altri scienziati si cimentarono in seri studi sull’argomento che si rivelarono però infruttuosi.
Effettivamente c’è stato un antico progetto militare teso a realizzare un’arma capace di bloccare a distanza qualsiasi motore di automezzo e soprattutto di annientare truppe nemiche durante un conflitto.
Ma fu proprio Guglielmo Marconi, con il suo grande valore di sperimentatore entusiasta, dotato di grande intuito che pare abbia realizzato qualcosa sull’argomento, anche se poi finito in un misterioso silenzio. Marconi che tutti conosciamo è passato alla storia come l’inventore della radio, un mezzo che ha letteralmente modificato il modo di vivere dei terrestri. Marconi ebbe, infatti, una grandissima intuizione e una gran fede nell’avvenire mondiale della radio, sin dai primi anni dalla sua scoperta.
Nel 1933 Marconi eseguì altre prove di trasmissioni in radiotelegrafia e radiotelefonia per mezzo di microonde. Egli utilizzò la radio come mezzo curativo per combattere batteri e malattie virali. A complicare gli anni più intensi della sua vita, vale a dire gli anni trenta, per Marconi furono alcune intuizioni incredibili: la televisione, l’antigravità, la captazione di voci dal passato ma soprattutto il raggio della morte. Il "raggio della morte" è stato una cosa seria che è passato alla leggenda, anche se avvolto da forti dubbi ancora oggi non chiariti. Una fonte autorevole d’informazione però è esistita, della quale rimane un’autobiografia. Si tratta di Rachele Mussolini, la moglie del Duce, che nel suo libro "Mussolini Privato" descrive un importante esperimento condotto verso la fine del mese di Giugno 1936 sulla strada che da Roma conduceva ad Ostia.
"Verso la fine di Giugno di quello stesso anno, Benito Mussolini ebbe nuovamente la possibilità di cambiare il corso degli eventi: Guglielmo Marconi aveva messo a punto un’invenzione rivoluzionaria. Con l’aiuto di un raggio misterioso, poteva interrompere in circuito elettrico dei motori di qualsiasi tipo di veicolo, che funzionassero con un magnete, (allora lo spinterogeno che tutti conosciamo non era ancora diffuso). In altre parole, poteva fermare a distanza automobili e motociclette. Poteva abbattere anche gli aerei. Anche a me capitò, in quei giorni, di vivere una stranissima avventura. Ho parlato di proposito di 'avventura vissuta perché, senza volerlo, io stessa mi trovai ad assistere ad una prova del raggio mentre ero nella mia automobile. Quel giorno, a pranzo, avevo detto a Benito che nel pomeriggio mi sarei recata ad Ostia per controllare dei lavori che stavano facendo in una piccola proprietà agricola. Mio marito aveva sorriso e mi aveva risposto: "Trovati sull’autostrada Roma-Ostia fra le tre e le tre e mezza. Vedrai qualcosa che ti sorprenderà...". Verso le tre, dunque, lasciai Villa Torlonia, la nostra residenza nella capitale, per recarmi in automobile ad Ostia, come previsto. Ero sola con l’autista, un poliziotto in borghese dei servizi di sicurezza. Durante la prima parte del percorso, tutto andò bene. Sull’autostrada, benché fosse in funzione già da parecchi anni (dal 1929 o dal 1930, credo), non c’era molto traffico: in quel periodo non tutti potevano permettersi un’automobile. Eravamo a circa metà strada, quando il motore si fermò. L’autista scese brontolando, e infilò la testa nel cofano della macchina. Frugò, avvitò, svitò, riavvitò, soffiò dentro certi tubi: niente da fare. Il motore non voleva ripartire. Un’altra automobile, che marciava nella nostra stessa direzione, si fermò poco più avanti. Il conducente scese e andò anche lui a mettere il naso nel motore. Poi, come succede dappertutto in casi simili, si mise a discutere col suo compagno di sventura, cioè col mio autista. Qualche centinaio di metri più avanti, ma nel senso contrario, altre automobili si erano fermate, e anche delle motociclette. Ero sempre più incuriosita e ripensai a quello che mi aveva detto mio marito a pranzo. Guardai l’orologio: erano le tre e dieci. A dir la verità, non ci capivo niente, ma una cosa era certa: attorno a noi, in entrambi i sensi dell’autostrada Roma-Ostia, per alcune centinaia di metri, tutto ciò che funzionava a motore era in panne. Ci potevano essere una trentina di veicoli, di tutti i tipi: non uno che funzionasse. Chiamai l’autista e gli dissi: "Aspettiamo fino alle tre e mezza. Se l’auto non vorrà ripartire, chiameremo un meccanico". "Ma, Eccellenza, sono solo le tre e un quarto! Perché dobbiamo aspettare fino alle tre e mezza, se riesco a trovare prima il guasto?". "Certo... certo". Alle tre e trentacinque gli chiesi di riprovare. Beninteso, il motore ripartì al primo colpo. Gli altri conducenti che si trovavano vicini a noi, vedendo la nostra automobile ripartire, fecero la stessa cosa: tutto funzionava come se niente fosse accaduto... La sera a cena, notando che mio marito mi osservava con un sorrisetto, gli raccontai la storia della panne collettiva, suscitando la curiosità e le domande dei figli Vittorio e Bruno, che erano piloti, parlavano in termini tecnici, specialmente Bruno che era esperto di motori. Secondo Romano e Edda, invece, io avevo sognato. Nessuno trovava una spiegazione a questo mistero. Infine mio marito disse: "La mamma ha ragione. Questo pomeriggio hanno fatto un esperimento in alcuni punti dell’autostrada Roma-Ostia. Lei stessa ha visto i risultati". Detto questo, mio marito smise di parlare e non volle più rispondere a nessuna domanda... Appena fummo soli, mi disse: "Sai, Rachele, questo pomeriggio hai assistito ad un esperimento segretissimo. È un’invenzione di Marconi che può dare all’Italia una potenza militare superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo". E mi spiegò, grosso modo, in che cosa consistesse questa scoperta che alcuni, aggiunse, avevano chiamato il "raggio della morte". "Il raggio - precisò - è ancora in fase sperimentale. Marconi sta continuando le ricerche. Come puoi bene immaginare, se riuscirà a realizzarla, l’Italia avrà in mano, in caso di guerra, un’arma tale da bloccare ogni movimento del nemico e praticamente renderci invincibili". Mi mancava il respiro. Sapevo di cosa era capace Guglielmo Marconi... Quattro anni dopo eravamo in guerra. Il "raggio della morte" avrebbe potuto cambiare il nostro destino se l’Italia lo avesse posseduto. Ma, purtroppo, le cose si erano avviate per un’altra strada. Sua Santità Pio XI, terrificato da questa scoperta e dall’enorme portata che poteva avere, pare che abbia chiesto a Marconi di non proseguire le ricerche e, se possibile, addirittura distruggere i risultati già acquisiti.
Marconi, che era molto affezionato a Benito Mussolini ed era un sincero fascista, gli aveva fedelmente riferito il colloquio con il Papa e gli aveva chiesto che posizione doveva prendere di fronte al caso di coscienza che si poneva alla sua fede di cattolico. Benito non voleva rendersi nemico il Papa della Conciliazione né andar contro agli scrupoli religiosi di Marconi. Inoltre il mondo era in cerca di pace e non di guerra e le ricerche di Marconi erano costosissime. Optò quindi per autorizzare la sospensione delle ricerche, ma non la distruzione della scoperta. L’anno dopo, il 1937, Marconi improvvisamente morì..."
Effettivamente Marconi ebbe rapporti molto stretti col Vaticano, non solo per aver istallato la prima stazione radio nell’Aprile del 1933 ma soprattutto per aver ottenuto nel 1929 l’annullamento del suo matrimonio dalla Sacra Rota. All’epoca questo fatto rappresentò un evento clamoroso per l’opinione pubblica e perciò fu sempre riconoscente e disponibile nei confronti del Papa. A parte questi retroscena, all’epoca si misero in circolazione notizie preoccupanti su questo raggio della morte. Si affermò che in un pascolo dei castelli romani, dove lavoravano ricercatori dell’Università di Pisa, fu trovato stecchito un intero gregge di pecore. Si disse poi che nella maremma toscana vennero fermati i motori di due aerei in volo e che altri due aeroplani senza piloti a bordo fossero esplosi in un impressionante bagliore di luce.
Lo stesso Duce del resto lo confermerà il 20 Marzo 1945 (circa un mese prima della sua tragica fine) al giornalista Ivanoe Fossati, che lo intervistò nell’isoletta di Trimellone, sul lago di Garda, di fronte a Gargnano: "È vero, sulla strada di Ostia, ad Acilia, Marconi ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette, dei camion. L’esperimento fu ripetuto sulla strada di Anzio. Ad Orbetello, apparecchi radiocomandati furono incendiati ad oltre duemila metri d’altezza. Marconi aveva scoperto il raggio della morte. Sennonché egli, che negli ultimi tempi era diventato religiosissimo, (1) ebbe uno scrupolo di carattere umanitario e chiese consiglio al Papa, e il Papa lo sconsigliò di rivelare una scoperta così micidiale. Turbatissimo, venne a riferirmi sul suo caso di coscienza. Io rimasi esterrefatto. Gli dissi che la scoperta poteva essere fatta da altri ed utilizzata contro di noi, contro il suo popolo quindi, e che io non gli avrei usato nessuna violenza morale, preferendo che risolvesse da solo il proprio caso di coscienza, sicuro che i suoi sentimenti d’italiano avrebbero avuto il sopravvento. Pochi giorni dopo Marconi ritornò e sul suo volto erano evidenti i segni della tremenda lotta interiore tra i due sentimenti, il religioso e il patriottico. Per rasserenarlo, lo assicurai che il raggio della morte non sarebbe stato usato se non come estrema soluzione. Avevo ancora fiducia di poterlo convincere dell’assurdità dei suoi dubbi. Infatti lo scienziato non è responsabile del cattivo uso che si può fare della sua invenzione. Invece Marconi moriva improvvisamente, forse di crepacuore. Da quel momento temetti che la mia stella cominciasse a spegnersi...".
Ufficialmente nessuno riuscì a penetrare nelle segrete conoscenze di Guglielmo Marconi, nemmeno i nazisti che credettero che il famigerato "raggio della morte" non poteva essere che la scoperta del radar. Forse avevano ragione i tedeschi e Marconi sperimentava il Radar, ma purtroppo lo scienziato mori e gli studi del Radar furono conclusi dagli inglesi (in Inghilterra esisteva l’azienda Marconi) e fu proprio il Radar che scoppiata la guerra permise alla flotta inglese di affondare metà della flotta italiana nella tragica battaglia di Capo Matapan con migliaia di marinai italiani morti tragicamente.
(1) Marconi Protestante Valdese
Se il genio di Marconi e' stato ed e' tutt'ora celebrato, non tutti sono a conoscenza della fede religiosa in cui e' nato ed e' stato educato: sua mamma era protestante inglese e Guglielmo fu Valdese a tutti gli effetti. La mamma Beatrice O' Brien, sposandosi, mise come condizione che i figli fossero educati nella fede protestante.
Una relazione della chiesa valdese di Livorno, in data 30 giugno 1897, lo riporta tra i membri che contribuiscono; anzi, un breve paragrafo e' dedicato a questa gloria nazionale...
"Siamo lieti di annoverare, tra i componenti la chiesa, il signor Guglielmo Marconi, l'inventore del telegrafo senza fili, onore della Patria e della Chiesa."
...per la firma del Consiglio di chiesa, guidato dal pastore Giuseppe Quattrini.
Poi i casi della vita lo avvicinarono al cattolicesimo; questo per fede e conversione, o hanno influito altre ragioni? Quello che si sa è che convertitosi alla Chiesa Cattolica il Papa Pio XI fu suo mecenate, e fu per lo stato Vaticano che Marconi costruì la prima radio commerciale ed istituì il primo collegamento radio in microonde.
Marconi quindi si trovò a scegliere tra due religioni in conflitto storico tra loro e si trovò combattuto tra due sistemi politici antagonisti: quello italiano fascista, cui aveva aderito e per parte della madre quello inglese dichiaratamente contro l’Italia e il Fascismo, tanto che alla fine, dopo le sanzioni imposteci dall’Inghilterra, l’antagonismo sfociò nella seconda guerra mondiale, che Marconi non vide perché morì prima.
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5.
L'ultima frontiera si chiama WiTricity: un sistema
in grado di trasmettere energia senza usare i cavi
Dal telefono all'elettricità
ecco la vita senza più fili
In casa e ufficio è boom della tecnologia Bluetooth
Forse Marconi studiava questi sistemi per realizzare il “Raggio della morte”
Ne abbiamo già parlato nel numero 179 del Radiogiornale, ma la cosa è sempre più di attualità, anche per il famoso “Raggio della morte” di Marconi di cui parliamo in questo numero nell’articolo precedente, per cui vale la pena approfondire l’argomento: é immaginabile una vita senza più cavi e cavetti, fili e spine? Fino a qualche anno fa sembrava fantascienza, roba da Star Trek assai lontana dalla realtà. Oggi, invece, con sempre maggior frequenza, per molti degli oggetti che utilizziamo quotidianamente non abbiamo più bisogno di cavi, di fili, di "corde" che in qualche modo ci tengono legati ad un luogo. Viviamo in universo che giorno dopo giorno diventa "wireless", "cordless" e la nostra vita si avvia a diventare sempre di più una vita senza fili.
Il "futuro" è iniziato da qualche anno, da quando le tecnologie di trasmissione via etere si sono fatte più disponibili e diffuse, ma l'accelerazione degli ultimi anni è dovuta soprattutto alla diffusione del Bluetooth, una tecnologia che permette a chiunque di costruire una rete personale senza fili, collegando gli apparecchi che hanno al loro interno le specifiche necessarie: Bluetooth cerca i dispositivi coperti dal segnale (10 metri in ambienti chiusi) e li mette in comunicazione tra di loro. La specifica Bluetooth è stata sviluppata dalla Ericsson e fin dal 1999 è stata adottata da molte grandi aziende, come Ibm, Intel, Toshiba e Nokia. Secondo Wikipedia il nome è ispirato a re Aroldo I di Danimarca, conosciuto con il soprannome di Dente blu: "Gli inventori della tecnologia devono aver ritenuto che fosse un nome adatto per un protocollo capace di mettere in comunicazione dispositivi diversi così come il re unì i popoli della penisola scandinava".
Aneddoti a parte il Bluetooth sta davvero cambiando le abitudini casalinghe: i primi cavi a svanire sono stati quelli che collegavano il computer alla stampante, alla tastiera e al mouse, poi sono arrivati gli auricolari per i cellulari privi di fili e poi, gli accessori dotati di Bluetooth o di altre tecnologie di trasmissione radio hanno iniziato a moltiplicarsi, diffondendosi prima di tutto in casa: molte videocamere e macchine fotografiche oggi si collegano attraverso con il Bluetooth ai computer, mentre i nuovi impianti stereo non prevedono più il collegamento attraverso fili per l'amplificatore e le casse. Chi vuole ascoltare la musica sullo stereo o vedere in tv i video che ha memorizzato sul computer può farlo senza dover collegare ogni macchina con i cavi, e se il volume è elevato e non si vuole dar fastidio ai vicini ci sono anche delle ottime cuffie senza fili in grado di risolvere il problema.
E sistemi di piccoli trasmettitori e ricevitori funzionano perfettamente per mandare il segnale della televisione, sia quello analogico che satellitare, ma anche il segnale dei dvd, in ogni stanza della casa in maniera "wireless", così come il collegamento senza fili ad Internet si è sempre più diffuso.
L'oggetto che più rapidamente ha perso i fili è comunque il telefono, prima nella sua ovvia forma di cellulare, per sua natura mobile e privo di cavi, poi anche nella sua dimensione casalinga, con i telefoni "cordless" che rispondono al numero di casa ma si "muovono" in ogni stanza senza difficoltà. E con il Bluetooth si collega "wireless" a molti altri terminali, sia in casa che in auto. Tra breve, infine, anche la differenza tra telefono "fisso" e "mobile" è destinata a scomparire, con i nuovi apparecchi che possono sfruttare entrambe le linee telefoniche.
E gli altri cavi, quelli che, ad esempio, portano nelle nostre case l'elettricità? Anche quelli sono destinati a svanire. Gli scienziati del Massachussets Institute of Technology hanno messo a punto un sistema, chiamato WiTricity in grado di trasmettere energia senza usare i fili, basato sul fenomeno della induzione elettromagnetica scoperto da Faraday nel 1831, lo stesso sulla base del quale i ricercatori dell'Università di Tokyo hanno sviluppato nello scorso maggio un materiale in grado di trasmettere elettricità senza cavi in un piccolo raggio d'azione. Sono i primi passi di un futuro libero dai cavi che si avvicina sempre di più.
Si sta forse realizzando quello che Marconi stava sperimentando quando morì: la trasmissione di energia a distanza senza usare fili, creando il famoso “raggio della morte” di cui appunto all’articolo precedente.
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http://www.radiogiornale.org/181to190/183.htm
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prima di leggere l' articolo ecco quello che ne dice wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Raggio_della_morte
Il raggio che dà energia, gratis………tutto insabbiato
Marconi ideò un raggio che fermava i mezzi a motore. Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò. Da quelle ricerche gli scienziati crearono l’alternativa a petrolio e nucleare. Nel 1999 l’invenzione stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato.
L’energia pulita tanto auspicata dal presidente Obama dopo il disastro ambientale del Golfo del Messico forse esiste già da un pezzo, ma qualcuno la tiene nascosta per inconfessabili interessi economici. Ma non solo. Negli anni Settanta, infatti, un gruppo di scienziati italiani ne avrebbe scoperto il segreto, ma questa nuova e stupefacente tecnologia, che di fatto cambierebbe l’economia mondiale archiviando per sempre i rischi del petrolio e del nucleare, sarebbe stata volutamente occultata nella cassaforte di una misteriosa fondazione religiosa con sede nel Liechtenstein, dove si troverebbe tuttora. Sembra davvero la trama di un giallo internazionale l’incredibile storia che si nasconde dietro quella che, senza alcun dubbio, si potrebbe definire la scoperta epocale per eccellenza, e cioè la produzione di energia pulita senza alcuna emissione di radiazioni dannose. In altre parole, la realizzazione di un macchinario in grado di dissolvere la materia, intendendo con questa definizione qualunque tipo di sostanza fisica, producendo solo ed esclusivamente calore.
Una scoperta per caso
Come ogni giallo che si rispetti, l’intricata vicenda che si nasconde dietro la genesi di questa scoperta è stata svelata quasi per caso. Lo ha fatto un imprenditore genovese che una decina d’anni fa si è trovato ad avere rapporti di affari con la fondazione che nasconde e gestisce il segreto di quello che, per semplicità, chiameremo «il raggio della morte». E sì, perché la storia che stiamo per svelare nasce proprio da quello che, durante il fascismo, fu il mito per eccellenza: l’arma segreta che avrebbe rivoluzionato il corso della seconda guerra mondiale. Sembrava soltanto una fantasia, ma non lo era. In quegli anni si diceva che persino Guglielmo Marconi stesse lavorando alla realizzazione del «raggio della morte». La cosa era solo parzialmente vera. Secondo quanto Mussolini disse al giornalista Ivanoe Fossati durante una delle sue ultime interviste, Marconi inventò un apparecchio che emetteva un raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di impianto elettrico. Tale raggio, inoltre, mandava in corto circuito l’impianto stesso, provocandone l’incendio. Lo scienziato dette una dimostrazione, alla presenza del duce del fascismo, ad Acilia, sulla strada di Ostia, quando bloccò auto e camion che transitavano sulla strada. A Orbetello, invece, riuscì a incendiare due aerei che si trovavano ad oltre due chilometri di distanza. Tuttavia, dice sempre Mussolini, Marconi si fece prendere dagli scrupoli religiosi. Non voleva essere ricordato dai posteri come colui che aveva provocato la morte di migliaia di persone, bensì solo come l’inventore della radio. Per cui si confidò con Papa Pio XII, il quale gli consigliò di distruggere il progetto della sua invenzione. Cosa che Marconi si affretto a fare, mandando in bestia Mussolini e gerarchi. Poi, forse per il troppo stress che aveva accumulato in quella disputa, nel 1937 improvvisamente venne colpito da un infarto e morì a soli 63 anni.
La fine degli anni Trenta fu comunque molto prolifica da un punto di vista scientifico. Per qualche imperscrutabile gioco del destino, pare che la fantasia e la creatività degli italiani non fu soltanto all’origine della prima bomba nucleare realizzata negli Stati Uniti da Enrico Fermi e dai suoi colleghi di via Panisperna; altri scienziati, continuando gli studi sulla scissione dell’atomo, trovarono infatti il modo di «produrre ed emettere sino a notevoli distanze anti-atomi di qualsiasi elemento esistente sul nostro pianeta che, diretti contro una massa costituita da atomi della stessa natura ma di segno opposto, la disgregano ionizzandola senza provocare alcuna reazione nucleare, ma producendo egualmente una enorme quantità di energia pulita».
Tanto per fare un esempio concreto, ionizzando un grammo di ferro si sviluppa un calore pari a 24 milioni di KWh, cioè oltre 20 miliardi di calorie, capaci di evaporare 40 milioni di litri d’acqua. Per ottenere un uguale numero di calorie, occorrerebbe bruciare 15mila barili di petrolio. Sembra quasi di leggere un racconto di fantascienza, ma è soltanto la pura e semplice realtà. Almeno quella che i documenti in possesso dell’imprenditore genovese Enrico M. Remondini dimostrano.
La testimonianza
«Tutto è cominciato – racconta Remondini – dal contatto che nel 1999 ho avuto con il dottor Renato Leonardi, direttore della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, con sede a Vaduz, capitale del Liechtenstein. Il mio compito era quello di stipulare contratti per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite le Centrali termoelettriche polivalenti della Fondazione Internazionale Pace e Crescita. Non mi hanno detto dove queste centrali si trovassero, ma so per certo che esistono. Altrimenti non avrebbero fatto un contratto con me. In quel periodo, lavoravo con il mio collega, dottor Claudio Barbarisi. Per ogni contratto stipulato, la nostra percentuale sarebbe stata del 2 per cento. Tuttavia, per una clausola imposta dalla Fondazione stessa, il 10 per cento di questa commissione doveva essere destinata a favore di aiuti umanitari. Considerando che lo smaltimento di questi rifiuti avveniva in un modo pressoché perfetto, cioè con la ionizzazione della materia senza produzione di alcuna scoria, sembrava davvero il modo ottimale per ottenere il risultato voluto. Tuttavia, improvvisamente, e senza comunicarci il perché, la Fondazione ci fece sapere che le loro centrali non sarebbero più state operative. E fu inutile chiedere spiegazioni. Pur avendo un contratto firmato in tasca, non ci fu nulla da fare. Semplicemente chiusero i contatti».
Remondini ancora oggi non conosce la ragione dell’improvviso voltafaccia. Ha provato a telefonare al direttore Leonardi, che tra l’altro vive a Lugano, ma non ha mai avuto una spiegazione per quello strano comportamento. Inutili anche le ricerche per vie traverse: l’unica cosa che è riuscito a sapere è che la Fondazione è stata messa in liquidazione. Per cui è ipotizzabile che i suoi segreti adesso siano stati trasferiti ad un’altra società di cui, ovviamente, si ignora persino il nome. Ciò significa che da qualche parte sulla terra oggi c’è qualcuno che nasconde il segreto più ambito del mondo: la produzione di energia pulita ad un costo prossimo allo zero.
Nonostante questo imprevisto risvolto, in mano a Remondini sono rimasti diversi documenti strettamente riservati della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, per cui alla fine l’imprenditore si è deciso a rendere pubblico ciò che sa su questa misteriosa istituzione. Per capire i retroscena di questa tanto mirabolante quanto scientificamente sconosciuta scoperta, occorre fare un salto indietro nel tempo e cercare di ricostruire, passo dopo passo, la cronologia dell’invenzione. Ad aiutarci è la relazione tecnico-scientifica che il 25 ottobre 1997 la Fondazione Internazionale Pace e Crescita ha fatto avere soltanto agli addetti ai lavori. Ogni foglio, infatti, è chiaramente marcato con la scritta «Riproduzione Vietata». Ma l’enormità di quanto viene rivelato in quello scritto giustifica ampiamente il non rispetto della riservatezza richiesta.
Il «raggio della morte», infatti, pur essendo stato concepito teoricamente negli anni Trenta, avrebbe trovato la sua base scientifica soltanto tra il 1958 e il 1960. Il condizionale è d’obbligo in quanto riportiamo delle notizie scritte, ma non confermate dalla scienza ufficiale. Non sappiamo da chi era composto il gruppo di scienziati che diede vita all’esperimento: i nomi non sono elencati. Sappiamo invece che vi furono diversi tentativi di realizzare una macchina che corrispondesse al modello teorico progettato, ma soltanto nel 1973 si arrivò ad avere una strumentazione in grado di «produrre campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti, in modo da colpire qualsiasi materia, ionizzandola a distanza ed in quantità predeterminate».
Ok dal governo Andreotti
Fu a quel punto che il governo italiano cominciò ad interessarsi ufficialmente a quegli esperimenti. E infatti l’allora governo Andreotti, prima di passare la mano a Mariano Rumor nel luglio del ‘73, incaricò il professor Ezio Clementel, allora presidente del Comitato per l’energia nucleare (Cnen), di analizzare gli effetti e la natura di quei campi magnetici a fascio. Clementel, trentino originario di Fai e titolare della cattedra di Fisica nucleare alla facoltà di Scienze dell’Università di Bologna, a quel tempo aveva 55 anni ed era uno dei più noti scienziati del panorama nazionale e internazionale. La sua responsabilità, in quella circostanza, era grande. Doveva infatti verificare se quel diabolico raggio avesse realmente la capacità di distruggere la materia ionizzandola in un’esplosione di calore. Anche perché non ci voleva molto a capire che, qualora l’esperimento fosse riuscito, si poteva fare a meno dell’energia nucleare e inaugurare una nuova stagione energetica non soltanto per l’Italia, ma per il mondo intero. Tanto per fare un esempio, questa tecnologia avrebbe permesso la realizzazione di nuovi e potentissimi motori a razzo che avrebbero letteralmente rivoluzionato la corsa allo spazio, permettendo la costruzione di gigantesche astronavi interplanetarie.
Il professor Clementel ordinò quindi quattro prove di particolare complessità. La prima consisteva nel porre una lastra di plexiglass a 20 metri dall’uscita del fascio di raggi, collocare una lastra di acciaio inox a mezzo metro dietro la lastra di plexiglass e chiedere di perforare la lastra d’acciaio senza danneggiare quella di plexiglass. La seconda prova consisteva nel ripetere il primo esperimento, chiedendo però di perforare la lastra di plexiglass senza alterare la lastra d’acciaio. Il terzo esame era ancora più difficile: bisognava porre una serie di lastre d’acciaio a 10, 20 e 40 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo di bucare le lastre a partire dall’ultima, cioè quella posta a 40 metri. Nella quarta e ultima prova si doveva sistemare una pesante lastra di alluminio a 50 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo che venisse tagliata parallelamente al lato maggiore.
Ebbene, tutte e quattro le prove ebbero esito positivo e il professor Clementel, considerando che la durata dell’impulso dei raggi era minore di 0,1 secondi, valutò la potenza, ipotizzando la vaporizzazione del metallo, a 40.000 KW e la densità di potenza pari a 4.000 KW per centimetro quadrato. In realtà, venne spiegato a sperimentazione compiuta, l’impulso dei raggi aveva avuto la durata di un nano secondo e poteva ionizzare a distanza «forma e quantità predeterminate di qualsiasi materia».
Tra l’altro all’esperimento aveva assistito anche il professor Piero Pasolini, illustre fisico e amico di un’altra celebrità scientifica qual è il professor Antonino Zichichi. In una sua relazione, Pasolini parlò di «campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti che sviluppano atomi di antimateria proiettati e focalizzati in zone di spazio ben determinate anche al di là di schemi di materiali vari, che essendo fuori fuoco si manifestano perfettamente trasparenti e del tutto indenni».
In pratica, ma qui entriamo in una spiegazione scientifica un po’ più complessa, gli scienziati italiani che avevano realizzato quel macchinario, sarebbero riusciti ad applicare la teoria di Einstein sul campo unificato, e cioè identificare la matrice profonda ed unica di tutti i campi di interazione, da quello forte (nucleare) a quello gravitazionale. Altri fisici in tutto il mondo ci avevano provato, ma senza alcun risultato. Gli italiani, a quanto pare, c’erano riusciti.
L’insabbiamento
In un Paese normale (ma tutti sappiamo che il nostro non lo è) una simile scoperta sarebbe stata subito messa a frutto. Non ci vuole molta fantasia per capire le implicazioni industriali ed economiche che avrebbe portato. Anche perché, quella che a prima vista poteva sembrare un’arma di incredibile potenza, nell’uso civile poteva trasformarsi nel motore termico di una centrale che, a costi bassissimi, poteva produrre infinite quantità di energia elettrica.
Perché, dunque, questa scoperta non è stata rivelata e utilizzata? La ragione non viene spiegata. Tutto quello che sappiamo è che i governi dell’epoca imposero il segreto sulla sperimentazione e che nessuno, almeno ufficialmente, ne venne a conoscenza. Del resto nel 1979 il professor Clementel morì prematuramente e si portò nella tomba il segreto dei suoi esperimenti. Ma anche dietro Clementel si nasconde una vicenda piuttosto strana e misteriosa. Pare, infatti, che le sue idee non piacessero ai governanti dell’epoca. Non si sa esattamente quale fosse la materia del contendere, ma alla luce della straordinaria scoperta che aveva verificato, è facile immaginarlo. Forse lo scienziato voleva rendere pubblica la notizia, mentre i politici non ne volevano sapere. Chissà? Ebbene, qualcuno trovò il sistema per togliersi di torno quello scomodo presidente del Cnen. Infatti venne accertato che la firma di Clementel appariva su registri di esame all’Università di Trento, della quale all’epoca era il rettore, in una data in cui egli era in missione altrove. Sembrava quasi un errore, una svista. Ma gli costò il carcere, la carriera e infine la salute. Lo scienziato capì l’antifona, e non disse mai più nulla su quel «raggio della morte» che gli era costato così tanto caro. A Clementel è dedicato il Centro ricerche energia dell’Enea a Bologna.
C’è comunque da dire che già negli anni Ottanta qualcosa venne fuori riguardo un ipotetico «raggio della morte». Il primo a parlarne fu il giudice Carlo Palermo che dedicò centinaia di pagine al misterioso congegno, affermando che fu alla base di un intricato traffico d’armi. La storia coinvolse un ex colonnello del Sifar e del Sid, Massimo Pugliese, ma anche esponenti del governo americano (allora presieduto da Gerald Ford), i parlamentari Flaminio Piccoli (Dc) e Loris Fortuna (Psi), nonché una misteriosa società con sede proprio nel Liechtenstein, la Traspraesa. La vicenda durò dal 1973 al 1979, quando improvvisamente calò una cortina di silenzio su tutto quanto.
Erano comunque anni difficili. L’Italia navigava nel caos. Gli attentati delle Brigate rosse erano all’ordine del giorno, la società civile soffocava nel marasma, i servizi segreti di mezzo mondo operavano sul nostro territorio nazionale come se fosse una loro riserva di caccia. Il 16 marzo 1978 i brigatisti arrivarono al punto di rapire il presidente del Consiglio, Aldo Moro, uccidendo i cinque poliziotti della scorta in un indimenticabile attentato in via Fani, a Roma. E tutti ci ricordiamo come andò a finire. Tre anni dopo, il 13 maggio 1981, il terrorista turco Mehmet Ali Agca in piazza San Pietro ferì a colpi di pistola Giovanni Paolo II.
È in questo contesto, che il «raggio della morte» scomparve dalla scena. Del resto, ammesso che la scoperta avesse avuto una consistenza reale, chi sarebbe stato in grado di gestire e controllare gli effetti di una rivoluzione industriale e finanziaria che di fatto avrebbe cambiato il mondo? Non ci vuole molto, infatti, ad immaginare quanti interessi quell’invenzione avrebbe danneggiato se soltanto fosse stata resa pubblica. In pratica, tutte le multinazionali operanti nel campo del petrolio e dell’energia nucleare avrebbero dovuto chiudere i battenti o trasformare da un giorno all’altro la loro produzione. Sarebbe veramente impossibile ipotizzare una cifra per quantificare il disastro economico che la nuova scoperta italiana avrebbe portato.
Ma queste sono solo ipotesi. Ciò che invece risulta riguarda la decisione presa dagli autori della scoperta. Infatti, dopo anni di traversie e inutili tentativi per far riconoscere ufficialmente la loro invenzione, probabilmente temendo per la loro vita e per il futuro della loro strumentazione, questi scienziati consegnarono il frutto del loro lavoro alla Fondazione Internazionale Pace e Crescita, che l’11 aprile 1996 venne costituita apposta, verosimilmente con il diretto appoggio logistico-finanziario del Vaticano, a Vaduz, ben al di fuori dei confini italiani. In quel momento il capitale sociale era di appena 30mila franchi svizzeri (circa 20mila Euro). «Sembra anche a noi – si legge nella relazione introduttiva alle attività della Fondazione – che sia meglio costruire anziché distruggere, non importa quanto possa essere difficile, anche se per farlo occorrono molto più coraggio e pazienza, assai più fantasia e sacrificio».
A prescindere dal fatto che non si trova traccia ufficiale di questa fantomatica Fondazione, se non la notizia (in tedesco) che il primo luglio del 2002 è stata messa in liquidazione, parrebbe che a suo tempo l’organizzazione fosse stata costituita in primo luogo per evitare che un’invenzione di quella portata fosse utilizzata solo per fini militari. Del resto anche i missili balistici (con quello che costano) diventerebbero ben poca cosa se gli eserciti potessero disporre di un macchinario che, per distruggere un obiettivo strategico, necessiterebbe soltanto di un sistema di puntamento d’arma.
Secondo voci non confermate, la decisione degli scienziati italiani sarebbe maturata dopo una serie di minacce che avevano ricevuto negli ambienti della capitale. Ad un certo punto si parla pure di un attentato con una bomba, sempre a Roma. Si dice che, per evitare ulteriori brutte sorprese, quegli scienziati si appellarono direttamente a Papa Giovanni Paolo II e la macchina che produce il «raggio della morte» venisse nascosta per qualche tempo in Vaticano. Da qui la decisione di istituire la fondazione e di far emigrare tutti i protagonisti della vicenda nel più tranquillo Liechtenstein. In queste circostanze, forse non fu un caso che proprio il 30 marzo 1979 il Papa ricevette in Vaticano il Consiglio di presidenza della Società Europea di Fisica, riconoscendo, per la prima volta nella storia della Chiesa, in Galileo Galilei (1564-1642) lo scopritore della Logica del Creato. Comunque sia, da quel momento in poi, la parola d’ordine è stata mantenere il silenzio assoluto.
Le macchine del futuro
Qualcosa, però, nel tempo è cambiata. Lo prova il fatto che la Fondazione Internazionale Pace e Crescita non si sarebbe limitata a proteggere gli scienziati cristiani in fuga, ma nel periodo tra il 1996 e il 1999 avrebbe proceduto a realizzare per conto suo diverse complesse apparecchiature che sfruttano il principio del «raggio della morte». Secondo la loro documentazione, infatti, è stata prodotta una serie di macchinari della linea Zavbo pronti ad essere adibiti per più scopi. L’elenco comprende le Srsu/Tep (smaltimento dei rifiuti solidi urbani), Srlo/Tep (smaltimento dei rifiuti liquidi organici), Srtp/Tep (smaltimento dei rifiuti tossici), Srrz/Tep (smaltimento delle scorie radioattive), Rcc (compattazione rocce instabili), Rcz (distruzione rocce pericolose), Rcg (scavo gallerie nella roccia), Cls (attuazione leghe speciali), Cen (produzione energia pulita).
A quest’ultimo riguardo, nella documentazione fornita da Remondini si trovano anche i piani per costruire centrali termoelettriche per produrre energia elettrica a bassissimo costo, smaltendo rifiuti. C’è tutto, dalle dimensioni all’ampiezza del terreno necessario, come si costruisce la torre di ionizzazione e quante persone devono lavorare (53 unità) nella struttura. Un’intera centrale si può fare in 18 mesi e potrà smaltire fino a 500 metri cubi di rifiuti al giorno, producendo energia elettrica con due turbine Ansaldo.
C’è anche un quadro economico (in milioni di dollari americani) per calcolare i costi di costruzione. Nel 1999 si prevedeva che una centrale di questo tipo sarebbe costata 100milioni di dollari. Una peculiarità di queste centrali è che il loro aspetto è assolutamente fuorviante. Infatti, sempre guardando i loro progetti, si nota che all’esterno appaiono soltanto come un paio di basse palazzine per uffici, circondate da un ampio giardino con alberi e fiori. La torre di ionizzazione, dove avviene il processo termico, è infatti completamente interrata per una profondità di 15 metri. In pratica, un pozzo di spesso cemento armato completamente occultato alla vista. In altre parole, queste centrali potrebbero essere ovunque e nessuno ne saprebbe niente.
Da notare che, secondo le ricerche compiute dalla International Company Profile di Londra, una società del Wilmington Group Pic, leader nel mondo per le informazioni sul credito e quotata alla Borsa di Londra, la Fondazione Internazionale Pace e Crescita, fin dal giorno della sua registrazione a Vaduz, non ha mai compiuto alcun tipo di operazione finanziaria nel Liechtenstein, né si conosce alcun dettaglio del suo stato patrimoniale o finanziario, in quanto la legge di quel Paese non prevede che le Fondazioni presentino pubblicamente i propri bilanci o i nomi dei propri fondatori. Si conosce l’indirizzo della sede legale, ma si ignora quale sia stato quello della sede operativa e il tipo di attività che la Fondazione ha svolto al di fuori dei confini del Liechtenstein. Ovviamente mistero assoluto su quanto sia accaduto dopo il primo luglio del 2002 quando, per chissà quali ragioni, ma tutto lascia supporre che la sicurezza non sia stata estranea alla decisione, la Fondazione ufficialmente ha chiuso i battenti.
Ancora più strabiliante è l’elenco dei clienti, o presunti tali, fornito a Remondini. In tutto 24 nomi tra i quali spiccano i maggiori gruppi siderurgici europei, le amministrazioni di due Regioni italiane e persino due governi: uno europeo e uno africano. Da notare che, in una lettera inviata dalla Fondazione a Remondini, si parla di proseguire con i contatti all’estero, ma non sul territorio nazionale «a causa delle problematiche in Italia». Ma di quali «problematiche» si parla? E, soprattutto, com’è che una scoperta di questo tipo viene utilizzata quasi sottobanco per realizzare cose egregie (pensiamo soltanto alla produzione di energia elettrica e allo smaltimento di scorie radioattive), mentre ufficialmente non se ne sa niente di niente?
ilGiornale.it
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IL RAGGIO DELLA MORTE di Franco Mari
forcema@katamail.com
22 Agosto 2001
L'inizio del nuovo millennio sembra far rinascere un antico progetto militare, molto in voga negli anni �30, vale a dire la realizzazione di un'arma dalla quale possa scaturire un raggio capace di bloccare a distanza i motori e di annientare le truppe nemiche. E' il famoso Raggio della Morte!
Con le dovute modifiche, prodotte da necessità contingenti alla nostra epoca, si è letto nei quotidiani nazionali nello scorso novembre che in Italia sarebbe allo studio la realizzazione di uno speciale laser che spara onde elettromagnetiche, capaci di bloccare i motori. L'arma, chiamata "raggio verde " sarebbe in corso di attuazione presso il Centro Interforze di Pisa, nata dallo studio di una perizia su un elicottero caduto in prossimità di un campo percorso dall' Alta Tensione.
E' inoltre recente la notizia che esperti del Pentagono avrebbero deciso di stanziare quaranta milioni di dollari per il perfezionamento di uno progetto militare su un'arma a raggi d'energia elettromagnetica ad alta frequenza, capace di provocare un'intensa sensazione di calore e dolore, neutralizzando, in maniera innocua, la persona verso la quale sarebbe stata rivolta l'arma.
Il primo progetto, quello italiano, sarebbe nato dalla necessità di tamponare l'immigrazione clandestina dall'Albania attraverso i famosi "scafisti", mentre quello americano sarebbe scaturito dal bisogno di contenere i fenomeni di violenza cittadina.
Le due notizie lasciano un po' perplessi poichè la realizzazione di armi così avveniristiche avrebbe francamente richiesto un livello di segretezza più consistente e delle finalità applicative militari certamente diverse da quelle, seppur gravose, di semplice contenimento dell'immigrazione o dell'ordine pubblico.
La realtà, invece, sembra destinata a far rivivere un copione gi� conosciuto nel secolo scorso e mirante alla mitizzazione del famoso "Raggio della Morte"
Cerchiamo allora, tornando indietro nel tempo, di focalizzare meglio il problema.
Alla vigilia della seconda Guerra Mondiale in Italia è sempre più consistente la voce che Guglielmo Marconi fosse riuscito ad elaborare e costruire una nuova arma a dir poco micidiale, capace non solo di bloccare a distanza ogni sorta di mezzo meccanico motorizzato, ma anche di procurarne la distruzione.
Immaginiamo quale valenza politica e militare poteva avere all'epoca una notizia del genere. Settimo Albalustro, fedele collaboratore dello scienziato scriveva nel 1974 nel suo libro che " la notizia non si smentiva sui giornali, probabilmente perchè procurava uno stato d'animo più tranquillo ed un senso di sicurezza in tante famiglie che avevano i loro figli sotto le armi".
Cosa realmente celassero queste notizie non c'è dato sapere. Si era, secondo alcuni, concretamente lavorato su un'arma micidiale e poi non ceduta al Regime per volontà dello stesso Marconi, il quale ha sempre fermamente dichiarato: " le mie invenzioni sono per salvare l'umanitànon per distruggerla" o forse l'invenzione stessa non è stata portata a termine per la prematura scomparsa dello scienziato? Oppure, come sostengono in molti, si trattava di semplici, per così dire, esperimenti d'emissioni di raggi a microonde finalizzati per la localizzazione d'oggetti in movimento?
Sicuramente negli ultimi anni Marconi speriment� delle particolari onde, dimostrando come queste avessero degli effetti su componenti elettrici, tali da causare il blocco di generatori, di motori a scoppio, mentre i motori diesel, non utilizzando la combustione elettrica, ne rimanevano esenti. E' molto strano, però, che tali studi e ricerche non si siano mai ritrovati, neanche dopo la guerra.
Rachele Mussolini, in una sua autobiografia, riferisce che un pomeriggio del giugno del 1936 stava recandosi in macchina col suo autista presso una piccola proprietà agricola di Ostia. Benito, informato a pranzo dello stesso giorno, aveva consigliato alla moglie di percorrere quel tratto autostradale fra le 15 e le 15,30 poichè a quell'ora avrebbe visto qualcosa di sorprendente!
Alle 15,10, infatti, a circa metà del percorso, improvvisamente la loro auto e tutte le altre nella zona si fermarono senza alcun motivo per più di 25 minuti. Erano stati coinvolti una trentina di automezzi in un tratto di strada di circa 200 metri, interessando entrambe le corsie. Alcuni autisti cercavano di controllare sia la quantità n c'era nulla d'evidente che giustificasse quella sosta forzata, sennonchè alle 3,35 tutti i motori ripresero a funzionare come d'incanto.
Rachele, la sera stessa, appena ritornò a Villa Torlonia, venne a sapere dal marito di essersi trovata nel bel mezzo di un esperimento segretissimo, frutto di un'invenzione di Marconi, ma ancora in fase sperimentale. Mussolini aggiunse anche che se lo scienziato italiano "completerà la sua opera ed erano già in molti a chiamarla "raggio della morte" l'Italia avrebbe avuto, in caso di guerra, un'arma invincibile.
Dopo alcune settimane dall'esperimento sull'autostrada per Ostia, Marconi avrebbe condotto una prova ancora più importante dal punto di vista militare nel cielo di Orbetello, dove sarebbero stati bloccati in volo due aerei radiocomandati.
Queste notizie riportate nel libro "Mussolini Sans Masque - Fayard - Parigi - 1973" ci hanno indotto a telefonare alla giornalista e scrittrice Anita Pensotti, alla quale Rachele Mussolini, deceduta nel 1979, concesse moltissimo tempo per una vasta raccolta autobiografica. Ma la giornalista non ricorda di aver ascoltato tali episodi.
Questo, però, non dissipa il dubbio che Marconi non si sia interessato al cosiddetto raggio della morte. Il progetto più importante che lo scienziato approfondì negli anni '30 fu la ricerca sulle microonde per via della loro spiccata direzionalità e quindi idonee alla riservatezza delle comunicazioni.
Durante il '34-'35 gli esperimenti continuarono in tutta segretezza in previsione d'eventuali sviluppi di tipo militare, e fu a questo punto che nacquero le prime voci sul raggio della morte.
Altro particolare curioso fu che durante gli esperimenti si accorsero che se un oggetto attraversava il fascio d'onda, questo subiva un ritorno e poteva essere captato da un apparecchio ricevente posto vicino a quello trasmittente. Marconi era sulla strada dell'apparecchio Radar.
Alcune prove si svolsero all'aperto dove osservatori e giornalisti notarono come certi emettitori erano direzionati verso automezzi militari in movimento che a tratti si fermavano, probabilmente per manovre preordinate, ma tale comportamento determinò l'amplificarsi delle voci sul famoso raggio che bloccava i motori.
Di ufficiale c'è solo la smentita dello stesso Marconi sul New York Herald, edito a Parigi, del 25 giugno 1935, mentre si dimostrò molto più possibilista nel gennaio del 1937 quando fu intervistato da Stephan Lorant per l'Illustrazione Italiana.
Marconi non dedicò molto tempo a questo progetto, i suoi impegni di rappresentanza erano sempre più fitti e gravosi ed inoltre la sua salute peggiorò
A questo punto viene spontanea una domanda: potrebbe essere stato questo il periodo in cui, sperimentando con le microonde e cercando di capire l'essenza del fenomeno del "disturbo di ritorno", fosse venuto casualmente a conoscenza del raggio della morte, probabilmente aumentando la potenza ed agendo su altri parametri delle emissioni elettromagnetiche?
Lo scrittore Mario La Stella riteneva che Marconi, nonostante le smentite, continuasse in gran segreto i suoi esperimenti a Sestri Levante, dove era ormeggiato il suo yacht abitazione "Elettra".
Dopo la sua morte circolarono notizie secondo le quali egli avrebbe affidato "misteriosi segreti" ad una sua collaboratrice.
Nel libro di R. De Felice "Mussolini il Duce" " considerata reale la possibilitàche Marconi fosse arrivato alla costruzione di un'arma del genere e dopo essersi consigliato con il Santo Padre non consegnò al Duce la sua invenzione. Mussolini nel '37 stava per convincere Marconi a cambiare decisione, ma improvvisamente lo scienziato morì portando la sua scoperta nella tomba.
Il dubbio che si trattasse realmente di una "arma a raggi" non si è ancora risolto.
Peter Kolosimo, in un articolo sul Giornale dei Misteri del dicembre 72, scrive che Marconi avrebbe potuto sperimentare su certi tipi di onde elettromagnetiche ad altissima potenza, disturbando le normali funzioni del cervello umano, provocando una specie di pazzia temporanea agente sia sui piloti sia su altri combattenti. A dimostrazione di ciò basta ricordare come gli stormi di uccelli rimangono disorientati quando attraversano da vicino le traiettorie dei radar. Ma tali apparecchi, commenta Kolosimo, non sono tuttavia pensabili e non sono mai stati prodotti. Diverso è il discorso sugli apparecchi che producono il blocco dei motori, esperimenti del genere furono effettuati all'epoca anche in Germania ed in Gran Bretagna, rilevandosi assolutamente non proponibili, in quanto grosse e pesanti attrezzature non superavano la gittata di 25-30 metri.
Le voci sull'ipotetico strumento che produce il "Raggio della Morte" sono però antecedenti di almeno una diecina di anni, poichè la novità di quest'invenzione spetterebbe ad un eccentrico personaggio che porta il nome di Harry Grindell Matthews, nato in Inghilterra nel 1880 e educato a Bristol nel College Merchant Ventures.
A 19 anni partecipò come volontario alla guerra Anglo-Boera dove fu ferito per ben due volte.
Tornato in patria potè dedicarsi a tempo pieno ai suoi interessi nel campo scientifico con studi sull'sulla sonorizzazione di pellicole cinematografiche.
Inventò fra l'altro una specie di "drone marino" teleguidato per mezzo di raggi luminosi, sfruttando le proprietà fotosensibili del selenio e guidando la barca robot da una distanza di cinque miglia.
Il governo inglese aveva già messo gli occhi sull'operato di questo personaggio e non tardò a stanziare anche delle discrete somme per lo studio di "Torpedini aeree" che avrebbero dovuto dare la risposta britannica agli Zeppelin.
La vera svolta si ebbe nel 1924 quando Grindell Matthews divulgò la notizia al mondo di avere inventato un singolare raggio che riusciva a bloccare i motori in movimento. Si trattava di un congegno elettrico, sicuramente nato da precedenti studi fatti da Nikola Tesla e finalmente realizzati e portati a termine dall'esuberante inventore inglese.
Lo stesso Tesla, aveva dedicato molti studi su come teletrasportare l'energia elettrica basandosi, come lui affermava, su un principio di fisica completamente nuovo. Un simile apparato sarebbe stato anche in grado di produrre elevati effetti nocivi. Lo scienziato croato, verso la fine dei suoi anni, diceva ripetutamente d'essere pronto a divulgare la sua scoperta, ma di tutto ciò n'ERA rimasta solo la promessa.
Diversamente la scoperta di Matthews era stata mostrata pubblicamente, produceva un raggio invisibile, in modo sconosciuto, che, oltre alla proprietà di arrestare i motori a scoppio, poteva far esplodere a distanza delle miscele detonanti, far saltare in aria le cartucce, far arrossare il filamento di una lampadina elettrica senza che in questa circolasse altra corrente, infine uccidere insetti e piccoli roditori che rimanevano stecchiti dopo soli pochi secondi dìesposizione.
L'inventore chiedeva ad uno spettatore di mettere in moto una motocicletta posta a diversi metri, puntava successivamente il suo congegno ed immediatamente si arrestava il motore. Inoltre se la moto stava sul cavalletto, allontanando la direzione dei raggi, questa riprendeva regolarmente a funzionare.
Anche la dimostrazione otteneva una notevole spettacolarità, perchè oltre ad incendiarsi produceva addirittura un insieme di raggi scintillanti simile ad uno spettacolo pirotecnico.
Ma senz'altro 'effetto che maggiormente riusciva a sconvolgere la mente umana, e direi anche quella dei militari dell'epoca, era l'azione letale sui roditori.
L'arresto dei motori, le esplosioni e la morte fece giustamente coniare il termine di "Raggio Malefico o Raggio Mortale". Con armi di questo tipo si sarebbero dovute rivedere completamente le tattiche di guerra, anzi sicuramente non ce ne sarebbero più state, poichè la nazione che avesse avuto un simile armamento le avrebbe vinte sul nascere.
La notizia, all'epoca, suscitò grande scalpore e in Italia ne parlò la stampa specializzata come la rivista quindicinale di radioelettricità "Radiofonia". Furono intervistati illustri personaggi del mondo scientifico come il fisico Orso Mario Corbino, allora senatore, il quale si dichiarò alquanto scettico sulla possibilità di trasmettere energia coi raggi e non intravedeva alcuna conseguenza nel settore bellico. Così anche ampie riserve furono fatte dal Senatore Guglielmo Mengarini, ingegnere elettrotecnico, mentre un suo collega, il Senatore Luigi Luiggi, ingegnere del genio civile, esaltòla genialità del Matthews e padre Gianfranceschi, che fu il primo direttore di Radio Vaticana, ammise che un fondo di realtà ci sarebbe dovuta essere.
La sorte volle che Grindell Matthews e la sua macchina diabolica non avessero successo, in Gran Bretagna c'era stato l'interessamento dell'allora Ministero dell'Aviazione, ma la sua invenzione non decollò perchè non convinse più di tanto e fu quindi bocciata.
Secondo alcuni il motivo sarebbe da ricercare non nel fatto che la macchina non funzionasse, ma solo nella non praticità del mezzo perchè di portata assai limitata, diciotto metri per arrestare i motori, far detonare gli esplosivi e per l''azione letale sui piccoli roditori. E' troppo poco per un utilizzo in campo bellico dove sarebbero state necessarie delle portate notevolmente superiori.
Secondo altri e tra questi il fisico francese Langevin, allora membro dell'Accademia delle Scienze, si prospettò l'ipotesi di una frode totale. Il Matthews avrebbe semplicemente usato un raggio luminoso su delle cellule fotoelettriche stimolando degli elettromagneti e innescando ingegnosi giochi scientifici abilmente preparati. Tale ipotesi rimane semplicemente una congettura, anche se non dobbiamo dimenticare come lo stesso Matthews in precedenza fece degli esperimenti telecomandando a distanza dei "droni marini" con l'utilizzo di alcune fotocellule.
Il dubbio della mistificazione non è stato mai risolto ed all'epoca l'opinione pubblica già immaginava fantasmagorici scenari di difesa, potendosi finalmente abbattere aerei e dirigibili in volo nel breve istante dell'accensione del raggio e quindi creare una fitta rete difensiva sulle grandi metropoli, nelle quali nessun aereo nemico avrebbe potuto sganciare il loro carico esplosivo.
Dalla storia sappiamo, invece, che tutto ciò non avvenne, forse sarebbero serviti dei forti finanziamenti che non ci furono, forse quel congegno era solo un piccolo giocattolo dimostrativo che non sarebbe mai potuto crescere.
L'unica cosa concreta che la macchina diabolica aveva causato al suo scopritore fu una grave lesione che si procurò ad un occhio ed a nulla valse il suo viaggio presso una famosa clinica oculistica di New York nel luglio del 1924. La risposta fu che i potenti raggi misteriosi avevano compromesso seriamente la funzionalità del suo occhio sinistro.
Nel marzo 1925 ritornò in Inghilterra e riferì di aver venduto il suo brevetto agli Stati Uniti e che stava per trasferirsi in quel paese.
Da allora non si sentì parlare molto di Grindell Matthews fatta eccezione per alcune piccole invenzioni, come ad esempio le proiezioni di luci pubblicitarie dirette sulle nuvole.
Solo nel 1935 si venne a sapere che stava lavorando per il Governo britannico in un bunker sotterraneo armato e difeso fino ai denti per la realizzazione della difesa della città di Londra da eventuali attacchi aerei nemici. Due anni più tardi ampliò le sue ricerche per il rilevamento di sommergibili ad una distanza di 30 miglia.
Morì nel Settembre 1941 a Clydach � Inghilterra.
In seguito le bombe tedesche avrebbero ripetutamente attaccato Londra senza che alcun raggio mortale o altre invenzioni avessero impedito la furia devastante delle esplosioni nemiche.
Bibliografia:
Mario La Stella - Guglielmo Marconi - Ed Aurora - Milano - 1937
Ugo Maraldi - Dal cannonissimo al raggio mortale - Bompiani - 1939
Mario La Stella - Il raggio della Morte - De Carlo - Roma - 1942
Rachele Mussolini - Mussolini Sans Masque - Fayard - Parigi - 1973 (tradotto in Italia: Mussolini privato - Rusconi - Milano - 1980)
Settimo Albalustro - Guglielmo Marconi nel mio ricordo - Roma - 1974
R. De Felice - Mussolini il Duce - Torino � 1981
Antonio Spinosa - Mussolini il fascino di un dittatore - Arnoldo Mondadori Editore - 1989
Robert Lomas - L'uomo che ha inventato il XX secolo - Newton e Compton Editori - Roma - 2000
Domenica del Corriere - Anno 1924: 18 maggio, 29 giugno, 31 agosto
Peter Kolosimo - Il raggio della Morte - Giornale dei Misteri - Dicembre 1972
Claudio Asciuti - Guglielmo Marconi e il raggio della Morte -Giornale del Misteri- Novembre 1992
La Nazione - 13 novembre 2000
La Macchina del Tempo - Settembre 2001
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IL RAGGIO DELLA MORTE
È necessario a questo punto della ricerca, andare a ritrovare alcuni personaggi scientifici del nostro pianeta che hanno avuto la possibilità di sperimentare l’antimateria o perlomeno qualcosa di simile.Come è nel nostro costume, utilizziamo sempre le scoperte scientifiche innanzi tutto per fini militari e poi, se permesso, per scopi d’avanzamento della società civile. La scoperta dell’antimateria non si è sottratta alla regola e per fortuna non si è arrivati a livelli critici, pur essendo stata sempre considerata esclusivamente "raggio della morte".Effettivamente c’è stato un antico progetto militare teso a realizzare un’arma capace di bloccare a distanza qualsiasi motore di automezzo e soprattutto di annientare truppe nemiche durante un conflitto. È mia opinione che questa nuova possibilità scientifica sia da attribuirsi alla genialità di Nicola Tesla, il quale si pronunciò in materia solamente verso la fine degli anni ’30 per calmare delle dicerie scaturite da alcune sue affermazioni. Nel 1938, nel corso di una cena offerta per il suo compleanno al New York Hotel, fu chiesto a Tesla se fosse stato in grado di produrre sulla Luna un fenomeno luminoso capace di poter essere osservato con un potente telescopio. Rispose di sì, precisando che alla prima fase lunare crescente vi avrebbe fatto comparire un fascio di luce rossa a dimensione di una stella, addirittura visibile senza telescopio. Non si tardò a spargere la voce che Tesla avesse inventato un raggio terribile, immediatamente battezzato "Raggio della Morte". Naturalmente lo scienziato smentì una simile applicazione ma le sue idee erano state verificate da altri personaggi già un po’ di tempo prima.In questo campo probabilmente Harry Grindell Matthews, un eccentrico sperimentatore inglese, è stato il primo a comunicare la notizia al mondo. Nel 1924 egli dichiarò alla stampa di aver inventato un singolare raggio che riusciva a bloccare i motori in movimento. Aveva messo in pratica un congegno che probabilmente si basava sull’idea di Tesla di teletrasportare energia elettrica, attraverso un principio di fisica completamente nuovo. Era chiaro che un simile apparato sarebbe stato in grado di produrre effetti nocivi assai elevati. La scoperta di Grindell Matthews, nato nel 1880 e educato nel College Merchant Vensures di Bristol, fu mostrata in pubblico. Produceva un raggio invisibile che, oltre alla proprietà di arrestare i motori a scoppio, poteva far esplodere a distanza delle polveri, far saltare in aria le cartucce, portare all’incandescenza il filamento di una lampadina elettrica senza che in essa circolasse altra corrente, uccidere insetti o piccoli animali che rimanevano stecchiti dopo pochi secondi d’esposizione. Matthews chiedeva addirittura ad uno spettatore di mettere in moto un motociclo a diversi metri da lui, puntava il suo strumento verso il motore ed immediatamente s’arrestava. Inoltre se la moto stava sul cavalletto, allontanando la direzione del raggio, questa riprendeva regolarmente a funzionare.Era logico pensare che con armi di questo tipo, le guerre dovessero essere svolte molto diversamente. Per la verità non ce ne sarebbero più state poiché la nazione che avesse avuto un simile armamento, avrebbe vinto qualsiasi battaglia sul nascere.Il destino volle che Grindell Matthews e la sua macchina globale non avessero successo. In Inghilterra c’era stato l’interessamento del Ministro dell’Aviazione che non fu convinto da quest’invenzione tanto che la bocciò. Ciò probabilmente dipese dal fatto che la macchina avesse una portata di circa 18 metri per arrestare i motori e produrre tante altre cose. Nacque pure il dubbio della mistificazione. L’unica cosa concreta che la macchina "rivoluzionaria" aveva causato al suo scopritore fu una grande lesione che si procurò ad un occhio, frutto dei potenti raggi misteriosi e a nulla valse il ricovero presso una famosa clinica oculistica di New York nel Luglio del 1924. Nel Marzo del 1925 ritornò in Gran Bretagna dove riferì che aveva venduto il suo brevetto agli Stati Uniti. Da quel momento, non si sentì più parlare di Grindell Matthews se non in sporadiche occasioni come quella in cui affermò di voler fare della pubblicità proiettando appositi fasci di luce sulle nuvole. Nel 1935 si venne a sapere che stava lavorando per il Governo Britannico in un bunker sotterraneo ed impenetrabile per realizzare la difesa della città di Londra da attacchi degli aerei nazisti. Morì nel Settembre 1941 nella cittadina inglese di Clydach. La storia ci ricorda che i nazisti bombardarono ripetutamente Londra con mezzi volanti del tipo V1 e V2, ma dell’intervento del raggio mortale non si ebbe alcuna notizia, tanto che la città fu seriamente devastata.Un altro grande personaggio che arrivò a costruire un sistema capace di generare il famigerato "raggio della morte" fu l’italiano Guglielmo Marconi, la cui figura è stata ripetutamente al centro di discussioni e critiche. Innegabile è tuttavia il suo valore di sperimentatore entusiasta, dotato di grande intuito. Il Marconi che tutti conosciamo è passato alla storia come l’inventore della radio, un mezzo che ha letteralmente modificato il modo di vivere dei terrestri. Marconi ebbe, infatti, una grandissima intuizione e una gran fede nell’avvenire mondiale della radio, sin dai primi anni dalla sua scoperta. Invenzione che, in effetti, è da attribuire a Nikola Tesla, come stabilito dal tribunale di New York di recente. Nel 1933 Marconi eseguì altre prove di trasmissioni in radiotelegrafia e radiotelefonia per mezzo di microonde. Egli utilizzò la radio come mezzo curativo per combattere batteri e malattie virali. A complicare gli anni più intensi della sua vita, vale a dire gli anni trenta, per Marconi furono alcune intuizioni incredibili: la televisione, l’antigravità, la captazione di voci dal passato ma soprattutto il raggio della morte. Il "raggio della morte" è stato una cosa seria che è passato alla leggenda, anche se avvolto da forti dubbi ancora oggi non chiariti. Una fonte autorevole d’informazione però è esistita, della quale rimane un’autobiografia. Si tratta di Rachele Mussolini, la moglie del Duce, che nel suo libro "Mussolini Privato" descrive un importante esperimento condotto verso la fine del mese di Giugno 1936 sulla strada che da Roma conduceva ad Ostia."Verso la fine di Giugno di quello stesso anno, Benito Mussolini ebbe nuovamente la possibilità di cambiare il corso degli eventi: Guglielmo Marconi aveva messo a punto un’invenzione rivoluzionaria. Con l’aiuto di un raggio misterioso, poteva interrompere in circuito elettrico dei motori di qualsiasi tipo di veicolo, che funzionassero con un magnete. In altre parole, poteva fermare a distanza automobili e motociclette. Poteva abbattere anche gli aerei. Anche a me capitò, in quei giorni, di vivere una stranissima avventura. Ho parlato di proposito di "avventura vissuta" perché, senza volerlo, io stessa mi trovai ad assistere ad una prova del raggio mentre ero nella mia automobile. Quel giorno, a pranzo, avevo detto a Benito che nel pomeriggio mi sarei recata ad Ostia per controllare dei lavori che stavano facendo in una piccola proprietà agricola. Mio marito aveva sorriso e mi aveva risposto: "Trovati sull’autostrada Roma-Ostia fra le tre e le tre e mezza. Vedrai qualcosa che ti sorprenderà...". Verso le tre, dunque, lasciai Villa Torlonia, la nostra residenza nella capitale, per recarmi in automobile ad Ostia, come previsto. Ero sola con l’autista, un poliziotto in borghese dei servizi di sicurezza. Durante la prima parte del percorso, tutto andò bene. Sull’autostrada, benché fosse in funzione già da parecchi anni (dal 1929 o dal 1930, credo), non c’era molto traffico: in quel periodo non tutti potevano permettersi un’automobile. Eravamo a circa metà strada, quando il motore si fermò. L’autista scese brontolando, e infilò la testa nel cofano della macchina. Frugò, avvitò, svitò, riavvitò, soffiò dentro certi tubi: niente da fare. Il motore non voleva ripartire. Un’altra automobile, che marciava nella nostra stessa direzione, si fermò poco più avanti. Il conducente scese e andò anche lui a mettere il naso nel motore. Poi, come succede dappertutto in casi simili, si mise a discutere col suo compagno di sventura, cioè col mio autista. Qualche centinaio di metri più avanti, ma nel senso contrario, altre automobili si erano fermate, e anche delle motociclette. Ero sempre più incuriosita e ripensai a quello che mi aveva detto mio marito a pranzo. Guardai l’orologio: erano le tre e dieci. A dir la verità, non ci capivo niente, ma una cosa era certa: attorno a noi, in entrambi i sensi dell’autostrada Roma-Ostia, per alcune centinaia di metri, tutto ciò che funzionava a motore era in panne. Ci potevano essere una trentina di veicoli, di tutti i tipi: non uno che funzionasse. Chiamai l’autista e gli dissi: "Aspettiamo fino alle tre e mezza. Se l’auto non vorrà ripartire, chiameremo un meccanico". "Ma, Eccellenza, sono solo le tre e un quarto! Perché dobbiamo aspettare fino alle tre e mezza, se riesco a trovare prima il guasto?". "Certo... certo". Alle tre e trentacinque gli chiesi di riprovare. Beninteso, il motore ripartì al primo colpo. Gli altri conducenti che si trovavano vicini a noi, vedendo la nostra automobile ripartire, fecero la stessa cosa: tutto funzionava come se niente fosse accaduto... La sera a cena, notando che mio marito mi osservava con un sorrisetto, gli raccontai la storia della panne collettiva, suscitando la curiosità e le domande di tutti. Vittorio e Bruno, che erano piloti, parlavano in termini tecnici, specialmente Bruno che era esperto di motori. Secondo Romano e Anna Maria, invece, io avevo sognato. Nessuno trovava una spiegazione a questo mistero. Infine mio marito disse: "La mamma ha ragione. Questo pomeriggio hanno fatto un esperimento in alcuni punti dell’autostrada Roma-Ostia. Lei stessa ha visto i risultati". Detto questo, mio marito smise di parlare e non volle più rispondere a nessuna domanda... Appena fummo soli, mi disse: "Sai, Rachele, questo pomeriggio hai assistito ad un esperimento segretissimo. È un’invenzione di Marconi che può dare all’Italia una potenza militare superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo". E mi spiegò, grosso modo, in che cosa consistesse questa scoperta che alcuni, aggiunse, avevano chiamato il "raggio della morte". "Il raggio - precisò - è ancora in fase sperimentale. Marconi sta continuando le ricerche. Come puoi bene immaginare, se riuscirà a realizzarla, l’Italia avrà in mano, in caso di guerra, un’arma tale da bloccare ogni movimento del nemico e praticamente renderci invincibili". Mi mancava il respiro. Sapevo di cosa era capace Guglielmo Marconi... Quattro anni dopo eravamo in guerra. Il "raggio della morte" avrebbe potuto cambiare il nostro destino se l’Italia lo avesse posseduto. Ma, purtroppo, le cose si erano avviate per un’altra strada. Sua Santità Pio XI, terrificato da questa scoperta e dall’enorme portata che poteva avere, chiese a Marconi di non proseguire le ricerche e, se possibile, addirittura distruggere i risultati già acquisiti. Marconi, che era molto affezionato a Benito ed era un sincero fascista, gli aveva fedelmente riferito il colloquio con il Papa e gli aveva chiesto che posizione doveva prendere di fronte al caso di coscienza che si poneva alla sua fede di cattolico. Benito non voleva rendersi nemico il Papa della Conciliazione né andar contro agli scrupoli religiosi di Marconi. Inoltre il mondo era in cerca di pace e non di guerra e le ricerche di Marconi erano costosissime. Optò quindi per autorizzare la sospensione delle ricerche, ma non la distruzione della scoperta. L’anno dopo, il 1937, Marconi improvvisamente morì..."Effettivamente Marconi ebbe rapporti molto stretti col Vaticano, non solo per aver istallato la prima stazione radio nell’Aprile del 1933 ma soprattutto per aver ottenuto nel 1929 l’annullamento del suo matrimonio dalla Sacra Rota. All’epoca questo fatto rappresentò un evento clamoroso per l’opinione pubblica e perciò fu sempre riconoscente e disponibile nei confronti del Papa. A parte questi retroscena, all’epoca si misero in circolazione notizie preoccupanti su questo raggio della morte. Si affermò che in un pascolo dei castelli romani, dove lavoravano ricercatori dell’Università di Pisa, fu trovato stecchito un intero gregge di pecore. Si disse poi che nella maremma toscana vennero fermati i motori di due aerei in volo e che altri due aeroplani senza piloti a bordo fossero esplosi in un impressionante bagliore di luce.Lo stesso Duce del resto lo confermerà il 20 Marzo 1945 al giornalista Ivanoe Fossati, che lo intervistò nell’isoletta di Trimellone, sul lago di Garda, di fronte a Gargnano: "È vero, sulla strada di Ostia, ad Acilia, Marconi ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette, dei camion. L’esperimento fu ripetuto sulla strada di Anzio. Ad Orbetello, apparecchi radiocomandati furono incendiati ad oltre duemila metri d’altezza. Marconi aveva scoperto il raggio della morte. Sennonché egli, che negli ultimi tempi era diventato religiosissimo, ebbe uno scrupolo di carattere umanitario e chiese consiglio al Papa, e il Papa lo sconsigliò di rivelare una scoperta così micidiale. Turbatissimo, venne a riferirmi sul suo caso di coscienza. Io rimasi esterrefatto. Gli dissi che la scoperta poteva essere fatta da altri ed utilizzata contro di noi, contro il suo popolo quindi, e che io non gli avrei usato nessuna violenza morale, preferendo che risolvesse da solo il proprio caso di coscienza, sicuro che i suoi sentimenti d’italiano avrebbero avuto il sopravvento. Pochi giorni dopo Marconi ritornò e sul suo volto erano evidenti i segni della tremenda lotta interiore tra i due sentimenti, il religioso e il patriottico. Per rasserenarlo, lo assicurai che il raggio della morte non sarebbe stato usato se non come estrema soluzione. Avevo ancora fiducia di poterlo convincere dell’assurdità dei suoi dubbi. Infatti lo scienziato non è responsabile del cattivo uso che si può fare della sua invenzione. Invece Marconi moriva improvvisamente, forse di crepacuore. Da quel momento temetti che la mia stella cominciasse a spegnersi...".Ufficialmente nessuno riuscì a penetrare nelle segrete conoscenze di Guglielmo Marconi, nemmeno i nazisti che credettero che il famigerato "raggio della morte" non poteva essere che la scoperta del radar.C’è stato però un altro ricercatore che ha conosciuto il Guglielmo Marconi segreto. Il suo ruolo è stato quello di aiutante nascosto, o per meglio dire non ufficiale, di un collaboratore silente ma prolifico d’idee e di sperimentazioni. Questo signore si chiama Pier Luigi Ighina. Pier Luigi Ighina, ricercatore originale e prolifico, per molti anni assistente segreto di Guglielmo Marconi.Nato nel 1908 a Milano, di professione radiotecnico, nel 1936 si trasferisce ad Imola e nella sua abitazione istalla un laboratorio dalle caratteristiche assai strane, frutto delle sue particolari conoscenze che tramuta in numerose invenzioni. Ighina a 16 anni scoprì l’atomo magnetico e, attraverso una serie di fortunate peripezie, arrivò a collaborare segretamente con Marconi per almeno 10 anni. Anche dopo la scomparsa dello scienziato, Ighina ha continuato nella ricerca per tutta la sua lunga vita, basata sulla spirale che è il movimento dell’energia.Parlando con lui ad Imola, ho potuto scoprire la parte misteriosa di Marconi, soprattutto sul raggio della morte. A Villa Marconi, Ighina riuscì per puro caso a scoprire sperimentalmente il monopolo magnetico. Dopo aver studiato a fondo il campo magnetico, generato da alcune elettrocalamite e dal quale non riusciva a concludere il suo progetto, Ighina, preso da uno strano nervosismo, mise tanta di quella corrente elettrica da determinare la bruciatura totale del congegno. La meraviglia fu tanta perché non avvenne nulla di tutto questo. Fu proprio Guglielmo Marconi a chiarire l’esperimento: era stato inventato il monopolo magnetico. Secondo la sua definizione, il monopolo magnetico non è altro che la divisione dell’atomo magnetico. A tal riguardo Ighina ha detto:"Avevo così costatato che l’atomo magnetico è il promotore di tutti gli altri atomi. In altre parole avevo notato che l’atomo magnetico si trova in mezzo agli altri atomi per dar loro il movimento continuo. Pensai che se si fosse riusciti ad isolare gli atomi della materia dagli atomi magnetici, i primi non avrebbero più la possibilità di muoversi. E questo ottenni: gli atomi della materia isolati da quelli magnetici rimanevano fermi e la materia non si trasformava. Pensai allora che se l’atomo magnetico poteva influenzare tutti gli atomi esistenti, avrebbe anche potuto produrre tutte le variazioni degli atomi della materia. E anche ciò costatai dopo essere riuscito a regolare il movimento dell’atomo magnetico." Questo è l’atomo magnetico che è stato fotografato nel laboratorio di Pier Luigi Ighina nell’anno 1940, per mezzo di un microscopio atomico, con ingrandimento dell’atomo di un miliardo di volte.Nella foto dell'atomo magnetico si vedono i cinque canaletti d’atomi assorbenti che servono a frenare l’atomo magnetico; nel centro si nota la dilatazione prodotta dalla pulsazione dell’atomo stesso.Ognuna di queste pulsazioni produce e lancia attorno all’atomo magnetico un’energia, che nella foto è raffigurata dal sottile circoletto luminoso attorno all’atomo centrale. Il circoletto luminoso si espande a sua volta tanto da formare un circolo più grande così fino all’esaurimento della sua pulsazione. Il susseguirsi dei circoletti generati dalle pulsazioni produce l’adagiamento dei circoletti stessi uno sempre più vicino dell’altro, come a coprire e nascondere completamente, come uno scudo protettivo, l’atomo centrale. Quest’atomo è il più piccolo di tutti gli altri atomi e per legge atomica più piccolo è l’atomo più veloce è la sua pulsazione. Esso è quello che imprime a tutti gli altri atomi il loro movimento diventando così promotore di essi. (Informazioni riprese dal libro: "La scoperta dell’atomo magnetico" di P.L.Ighina).
Tornando al concetto di monopolo, ho chiesto direttamente a lui spiegazioni più dettagliate. Il signor Ighina ha così risposto:"Il monopolo è il principio positivo o negativo dell’energia solare. L’energia solare è la parte principale della polarità; bloccandola e riflettendola, diventa negativa. L’energia solare arriva sulla Terra, viene bloccata e riflessa e quindi diventa energia terrestre. Dall’interazione dell’energia solare con quella terrestre si produce materia. Tutto qui. Semplice no?"Ho chiesto poi come avevano, lui e Marconi, applicato la conoscenza sul monopolo. La risposta è stata immediata e scioccante:"Difatti Marconi è morto per quello. Io ero dal ’36 che abitavo già qui ad Imola. Glielo avevo detto: 'Mi raccomando Guglielmo, telefona se hai bisogno di fare qualche esperimento, mi raccomando...'. Lo avevo già salvato due volte. In una stavo per rimetterci la pelle anch’io. Perché lui adoperava i monopoli con facilità. E i monopoli cosa fanno? Fanno la scomposizione della materia sulla materia stessa. Lui ha fatto l’esperimento e c’è rimasto. Si, effettivamente aveva messo lo schermo magnetico, ma non era sufficiente. Quando sono andato a Roma a vederlo nella bara, ho notato che egli aveva sotto la pelle come degli gnocchetti neri. Allora ho capito che era morto perché non era più circolato il sangue. I medici avevano detto che aveva una cosa nel cuore, come la chiamano loro? Boh... Tutti dicevano che Marconi era morto di Angina Pectoris..."Detto questo, egli ha continuato con la sua spiegazione:"Ho portato avanti tutto quello che Marconi mi ha lasciato. I monopoli, la composizione della materia, le lumache, ecc.. Ho ripetuto tutto quello che mi diceva quando era vivo."Ighina mi ha spiegato poi che la materia è tenuta insieme dalla colla magnetica. Le due energie, solare e terrestre, producono la colla magnetica. Quindi la differenza sostanziale tra due materie di diversa natura consiste nel possedere più o meno energia. È come il cemento. Se nell’impasto si mette molto cemento, la materia diventa più dura; se ne viene messo poco allora si ottiene una materia morbida. Mi è nata spontanea, a questo punto, una domanda sulle energie nucleari, come tutte le energie elettromagnetiche, generate dalla nostra società attuale possono causare danni irreparabili.Ighina, con la massima cortesia, ha dato la seguente risposta:"Non è che disturbano. Dunque... la colla magnetica è formata da due energie, come dei fili invisibili che sono nell’aria. Se questi fili invisibili sono perturbati in continuazione da qualsiasi altra sostanza come i campi magnetici, telefoni, energia nucleare e cose similari, creano continuamente della corrosione vale a dire vanno a distruggere il campo magnetico che è poi quello che crea la colla magnetica. Ciò produce lo scioglimento della materia."Ho potuto visitare il suo laboratorio e tutte le varie apparecchiature da lui costruite. È stato per me un incontro proficuo, ma ho avuto netta l’impressione che il signor Ighina avesse rivelato una minima quantità delle sue conoscenze e che non avesse voluto parlare assolutamente dei suoi più importanti esperimenti. L’ultima occasione è stata la visita nel suo giardino di una macchina capace di controllare le nuvole nel cielo. Mentre aspettavamo che il cielo si aprisse per effetto dell’energia sprigionata dalla macchina attraverso le sue due pale rotanti, Ighina mi ha raccontato molti fatti, molti aneddoti sulla sua lunga sperimentazione. Mi ha infine fatto notare che sotto il terreno di sua appartenenza ha sepolto diversi quintali di polvere d’alluminio per trasformare il prato in un grande monopolo magnetico. Ho potuto dedurre poi che i suoi studi, effettuati nella collaborazione con Guglielmo Marconi, hanno portato alla seguente considerazione: unendo o separando i monopoli si può comporre o scomporre la materia.Questi due ricercatori hanno però scelto diverse strade per promuovere le scoperte suddette. Marconi si è inserito nella logica terrestre e non si è potuto esimere dall’influenza del potere politico, economico, militare e religioso. Ighina invece è rimasto nell’ombra, consapevole che se l’umanità avesse cambiato la sua logica di vita, poteva tranquillamente esprimere le proprie conoscenze per il benessere dell’umanità stessa.La morte misteriosa di Marconi innescò un’altra leggenda che lo volle in Sud America insieme con altri 98 scienziati (incluso il suo fedelissimo Landini) per costruire una città segreta nel cratere spento di un vulcano situato nella giungla nel sud del Venezuela. Marconi, del resto, aveva lasciato un filone di studio che, nonostante le varie situazioni contingenti, si basava sull’amore per la natura. Egli desiderava che l’uomo seguisse gli insegnamenti dei Maestri e si sforzasse di capire Madre Natura e le sue esigenze. Se questo si realizzasse, sicuramente non ci sarebbero più catastrofi e il pericolo della scomparsa della vita sulla Terra. Nikola Tesla si trovò nella stessa condizione di Marconi, ma anche lui non cedette alle lusinghe del potere. Per puri scopi propagandistici le dicerie su raggi d’ogni genere si diffusero durante la seconda guerra mondiale ed anche dopo. Ciò non toglie che alcuni scienziati avessero intuito e probabilmente realizzato veramente qualcosa che avrebbe potuto cambiare definitivamente il corso della storia. Emerge però che nei quattro personaggi citati la loro coscienza abbia evidenziato il fatto che l’uomo non era ancora in grado di usufruire una generosa sorte e perciò ognuno di loro ha trovato un rimedio adeguato per non diffondere una probabile arma globale. Sono stati amanti della vita e naturalmente codesta invenzione doveva salvare l’umanità e non distruggerla.
fonte e continuazione
http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/tu_raggi.htm
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Un mistero mai risolto!
IL RAGGIO DELLA MORTE DI GUGLIELMO MARCONI E’ ESISTITO DAVVERO O E’ STATO SOLO FRUTTO FANTASIOSO DI PROPAGANDA?
Un’invenzione di cui non si saprà mai se sia stata fatta e quanto invece non sia il frutto di fantasia e di propaganda è quella che va sotto il nome di “Raggio della morte”, attribuita a Marconi anche se precedentemente altri scienziati si cimentarono in seri studi sull’argomento che si rivelarono però infruttuosi.
Effettivamente c’è stato un antico progetto militare teso a realizzare un’arma capace di bloccare a distanza qualsiasi motore di automezzo e soprattutto di annientare truppe nemiche durante un conflitto.
Ma fu proprio Guglielmo Marconi, con il suo grande valore di sperimentatore entusiasta, dotato di grande intuito che pare abbia realizzato qualcosa sull’argomento, anche se poi finito in un misterioso silenzio. Marconi che tutti conosciamo è passato alla storia come l’inventore della radio, un mezzo che ha letteralmente modificato il modo di vivere dei terrestri. Marconi ebbe, infatti, una grandissima intuizione e una gran fede nell’avvenire mondiale della radio, sin dai primi anni dalla sua scoperta.
Nel 1933 Marconi eseguì altre prove di trasmissioni in radiotelegrafia e radiotelefonia per mezzo di microonde. Egli utilizzò la radio come mezzo curativo per combattere batteri e malattie virali. A complicare gli anni più intensi della sua vita, vale a dire gli anni trenta, per Marconi furono alcune intuizioni incredibili: la televisione, l’antigravità, la captazione di voci dal passato ma soprattutto il raggio della morte. Il "raggio della morte" è stato una cosa seria che è passato alla leggenda, anche se avvolto da forti dubbi ancora oggi non chiariti. Una fonte autorevole d’informazione però è esistita, della quale rimane un’autobiografia. Si tratta di Rachele Mussolini, la moglie del Duce, che nel suo libro "Mussolini Privato" descrive un importante esperimento condotto verso la fine del mese di Giugno 1936 sulla strada che da Roma conduceva ad Ostia.
"Verso la fine di Giugno di quello stesso anno, Benito Mussolini ebbe nuovamente la possibilità di cambiare il corso degli eventi: Guglielmo Marconi aveva messo a punto un’invenzione rivoluzionaria. Con l’aiuto di un raggio misterioso, poteva interrompere in circuito elettrico dei motori di qualsiasi tipo di veicolo, che funzionassero con un magnete, (allora lo spinterogeno che tutti conosciamo non era ancora diffuso). In altre parole, poteva fermare a distanza automobili e motociclette. Poteva abbattere anche gli aerei. Anche a me capitò, in quei giorni, di vivere una stranissima avventura. Ho parlato di proposito di 'avventura vissuta perché, senza volerlo, io stessa mi trovai ad assistere ad una prova del raggio mentre ero nella mia automobile. Quel giorno, a pranzo, avevo detto a Benito che nel pomeriggio mi sarei recata ad Ostia per controllare dei lavori che stavano facendo in una piccola proprietà agricola. Mio marito aveva sorriso e mi aveva risposto: "Trovati sull’autostrada Roma-Ostia fra le tre e le tre e mezza. Vedrai qualcosa che ti sorprenderà...". Verso le tre, dunque, lasciai Villa Torlonia, la nostra residenza nella capitale, per recarmi in automobile ad Ostia, come previsto. Ero sola con l’autista, un poliziotto in borghese dei servizi di sicurezza. Durante la prima parte del percorso, tutto andò bene. Sull’autostrada, benché fosse in funzione già da parecchi anni (dal 1929 o dal 1930, credo), non c’era molto traffico: in quel periodo non tutti potevano permettersi un’automobile. Eravamo a circa metà strada, quando il motore si fermò. L’autista scese brontolando, e infilò la testa nel cofano della macchina. Frugò, avvitò, svitò, riavvitò, soffiò dentro certi tubi: niente da fare. Il motore non voleva ripartire. Un’altra automobile, che marciava nella nostra stessa direzione, si fermò poco più avanti. Il conducente scese e andò anche lui a mettere il naso nel motore. Poi, come succede dappertutto in casi simili, si mise a discutere col suo compagno di sventura, cioè col mio autista. Qualche centinaio di metri più avanti, ma nel senso contrario, altre automobili si erano fermate, e anche delle motociclette. Ero sempre più incuriosita e ripensai a quello che mi aveva detto mio marito a pranzo. Guardai l’orologio: erano le tre e dieci. A dir la verità, non ci capivo niente, ma una cosa era certa: attorno a noi, in entrambi i sensi dell’autostrada Roma-Ostia, per alcune centinaia di metri, tutto ciò che funzionava a motore era in panne. Ci potevano essere una trentina di veicoli, di tutti i tipi: non uno che funzionasse. Chiamai l’autista e gli dissi: "Aspettiamo fino alle tre e mezza. Se l’auto non vorrà ripartire, chiameremo un meccanico". "Ma, Eccellenza, sono solo le tre e un quarto! Perché dobbiamo aspettare fino alle tre e mezza, se riesco a trovare prima il guasto?". "Certo... certo". Alle tre e trentacinque gli chiesi di riprovare. Beninteso, il motore ripartì al primo colpo. Gli altri conducenti che si trovavano vicini a noi, vedendo la nostra automobile ripartire, fecero la stessa cosa: tutto funzionava come se niente fosse accaduto... La sera a cena, notando che mio marito mi osservava con un sorrisetto, gli raccontai la storia della panne collettiva, suscitando la curiosità e le domande dei figli Vittorio e Bruno, che erano piloti, parlavano in termini tecnici, specialmente Bruno che era esperto di motori. Secondo Romano e Edda, invece, io avevo sognato. Nessuno trovava una spiegazione a questo mistero. Infine mio marito disse: "La mamma ha ragione. Questo pomeriggio hanno fatto un esperimento in alcuni punti dell’autostrada Roma-Ostia. Lei stessa ha visto i risultati". Detto questo, mio marito smise di parlare e non volle più rispondere a nessuna domanda... Appena fummo soli, mi disse: "Sai, Rachele, questo pomeriggio hai assistito ad un esperimento segretissimo. È un’invenzione di Marconi che può dare all’Italia una potenza militare superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo". E mi spiegò, grosso modo, in che cosa consistesse questa scoperta che alcuni, aggiunse, avevano chiamato il "raggio della morte". "Il raggio - precisò - è ancora in fase sperimentale. Marconi sta continuando le ricerche. Come puoi bene immaginare, se riuscirà a realizzarla, l’Italia avrà in mano, in caso di guerra, un’arma tale da bloccare ogni movimento del nemico e praticamente renderci invincibili". Mi mancava il respiro. Sapevo di cosa era capace Guglielmo Marconi... Quattro anni dopo eravamo in guerra. Il "raggio della morte" avrebbe potuto cambiare il nostro destino se l’Italia lo avesse posseduto. Ma, purtroppo, le cose si erano avviate per un’altra strada. Sua Santità Pio XI, terrificato da questa scoperta e dall’enorme portata che poteva avere, pare che abbia chiesto a Marconi di non proseguire le ricerche e, se possibile, addirittura distruggere i risultati già acquisiti.
Marconi, che era molto affezionato a Benito Mussolini ed era un sincero fascista, gli aveva fedelmente riferito il colloquio con il Papa e gli aveva chiesto che posizione doveva prendere di fronte al caso di coscienza che si poneva alla sua fede di cattolico. Benito non voleva rendersi nemico il Papa della Conciliazione né andar contro agli scrupoli religiosi di Marconi. Inoltre il mondo era in cerca di pace e non di guerra e le ricerche di Marconi erano costosissime. Optò quindi per autorizzare la sospensione delle ricerche, ma non la distruzione della scoperta. L’anno dopo, il 1937, Marconi improvvisamente morì..."
Effettivamente Marconi ebbe rapporti molto stretti col Vaticano, non solo per aver istallato la prima stazione radio nell’Aprile del 1933 ma soprattutto per aver ottenuto nel 1929 l’annullamento del suo matrimonio dalla Sacra Rota. All’epoca questo fatto rappresentò un evento clamoroso per l’opinione pubblica e perciò fu sempre riconoscente e disponibile nei confronti del Papa. A parte questi retroscena, all’epoca si misero in circolazione notizie preoccupanti su questo raggio della morte. Si affermò che in un pascolo dei castelli romani, dove lavoravano ricercatori dell’Università di Pisa, fu trovato stecchito un intero gregge di pecore. Si disse poi che nella maremma toscana vennero fermati i motori di due aerei in volo e che altri due aeroplani senza piloti a bordo fossero esplosi in un impressionante bagliore di luce.
Lo stesso Duce del resto lo confermerà il 20 Marzo 1945 (circa un mese prima della sua tragica fine) al giornalista Ivanoe Fossati, che lo intervistò nell’isoletta di Trimellone, sul lago di Garda, di fronte a Gargnano: "È vero, sulla strada di Ostia, ad Acilia, Marconi ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette, dei camion. L’esperimento fu ripetuto sulla strada di Anzio. Ad Orbetello, apparecchi radiocomandati furono incendiati ad oltre duemila metri d’altezza. Marconi aveva scoperto il raggio della morte. Sennonché egli, che negli ultimi tempi era diventato religiosissimo, (1) ebbe uno scrupolo di carattere umanitario e chiese consiglio al Papa, e il Papa lo sconsigliò di rivelare una scoperta così micidiale. Turbatissimo, venne a riferirmi sul suo caso di coscienza. Io rimasi esterrefatto. Gli dissi che la scoperta poteva essere fatta da altri ed utilizzata contro di noi, contro il suo popolo quindi, e che io non gli avrei usato nessuna violenza morale, preferendo che risolvesse da solo il proprio caso di coscienza, sicuro che i suoi sentimenti d’italiano avrebbero avuto il sopravvento. Pochi giorni dopo Marconi ritornò e sul suo volto erano evidenti i segni della tremenda lotta interiore tra i due sentimenti, il religioso e il patriottico. Per rasserenarlo, lo assicurai che il raggio della morte non sarebbe stato usato se non come estrema soluzione. Avevo ancora fiducia di poterlo convincere dell’assurdità dei suoi dubbi. Infatti lo scienziato non è responsabile del cattivo uso che si può fare della sua invenzione. Invece Marconi moriva improvvisamente, forse di crepacuore. Da quel momento temetti che la mia stella cominciasse a spegnersi...".
Ufficialmente nessuno riuscì a penetrare nelle segrete conoscenze di Guglielmo Marconi, nemmeno i nazisti che credettero che il famigerato "raggio della morte" non poteva essere che la scoperta del radar. Forse avevano ragione i tedeschi e Marconi sperimentava il Radar, ma purtroppo lo scienziato mori e gli studi del Radar furono conclusi dagli inglesi (in Inghilterra esisteva l’azienda Marconi) e fu proprio il Radar che scoppiata la guerra permise alla flotta inglese di affondare metà della flotta italiana nella tragica battaglia di Capo Matapan con migliaia di marinai italiani morti tragicamente.
(1) Marconi Protestante Valdese
Se il genio di Marconi e' stato ed e' tutt'ora celebrato, non tutti sono a conoscenza della fede religiosa in cui e' nato ed e' stato educato: sua mamma era protestante inglese e Guglielmo fu Valdese a tutti gli effetti. La mamma Beatrice O' Brien, sposandosi, mise come condizione che i figli fossero educati nella fede protestante.
Una relazione della chiesa valdese di Livorno, in data 30 giugno 1897, lo riporta tra i membri che contribuiscono; anzi, un breve paragrafo e' dedicato a questa gloria nazionale...
"Siamo lieti di annoverare, tra i componenti la chiesa, il signor Guglielmo Marconi, l'inventore del telegrafo senza fili, onore della Patria e della Chiesa."
...per la firma del Consiglio di chiesa, guidato dal pastore Giuseppe Quattrini.
Poi i casi della vita lo avvicinarono al cattolicesimo; questo per fede e conversione, o hanno influito altre ragioni? Quello che si sa è che convertitosi alla Chiesa Cattolica il Papa Pio XI fu suo mecenate, e fu per lo stato Vaticano che Marconi costruì la prima radio commerciale ed istituì il primo collegamento radio in microonde.
Marconi quindi si trovò a scegliere tra due religioni in conflitto storico tra loro e si trovò combattuto tra due sistemi politici antagonisti: quello italiano fascista, cui aveva aderito e per parte della madre quello inglese dichiaratamente contro l’Italia e il Fascismo, tanto che alla fine, dopo le sanzioni imposteci dall’Inghilterra, l’antagonismo sfociò nella seconda guerra mondiale, che Marconi non vide perché morì prima.
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5.
L'ultima frontiera si chiama WiTricity: un sistema
in grado di trasmettere energia senza usare i cavi
Dal telefono all'elettricità
ecco la vita senza più fili
In casa e ufficio è boom della tecnologia Bluetooth
Forse Marconi studiava questi sistemi per realizzare il “Raggio della morte”
Ne abbiamo già parlato nel numero 179 del Radiogiornale, ma la cosa è sempre più di attualità, anche per il famoso “Raggio della morte” di Marconi di cui parliamo in questo numero nell’articolo precedente, per cui vale la pena approfondire l’argomento: é immaginabile una vita senza più cavi e cavetti, fili e spine? Fino a qualche anno fa sembrava fantascienza, roba da Star Trek assai lontana dalla realtà. Oggi, invece, con sempre maggior frequenza, per molti degli oggetti che utilizziamo quotidianamente non abbiamo più bisogno di cavi, di fili, di "corde" che in qualche modo ci tengono legati ad un luogo. Viviamo in universo che giorno dopo giorno diventa "wireless", "cordless" e la nostra vita si avvia a diventare sempre di più una vita senza fili.
Il "futuro" è iniziato da qualche anno, da quando le tecnologie di trasmissione via etere si sono fatte più disponibili e diffuse, ma l'accelerazione degli ultimi anni è dovuta soprattutto alla diffusione del Bluetooth, una tecnologia che permette a chiunque di costruire una rete personale senza fili, collegando gli apparecchi che hanno al loro interno le specifiche necessarie: Bluetooth cerca i dispositivi coperti dal segnale (10 metri in ambienti chiusi) e li mette in comunicazione tra di loro. La specifica Bluetooth è stata sviluppata dalla Ericsson e fin dal 1999 è stata adottata da molte grandi aziende, come Ibm, Intel, Toshiba e Nokia. Secondo Wikipedia il nome è ispirato a re Aroldo I di Danimarca, conosciuto con il soprannome di Dente blu: "Gli inventori della tecnologia devono aver ritenuto che fosse un nome adatto per un protocollo capace di mettere in comunicazione dispositivi diversi così come il re unì i popoli della penisola scandinava".
Aneddoti a parte il Bluetooth sta davvero cambiando le abitudini casalinghe: i primi cavi a svanire sono stati quelli che collegavano il computer alla stampante, alla tastiera e al mouse, poi sono arrivati gli auricolari per i cellulari privi di fili e poi, gli accessori dotati di Bluetooth o di altre tecnologie di trasmissione radio hanno iniziato a moltiplicarsi, diffondendosi prima di tutto in casa: molte videocamere e macchine fotografiche oggi si collegano attraverso con il Bluetooth ai computer, mentre i nuovi impianti stereo non prevedono più il collegamento attraverso fili per l'amplificatore e le casse. Chi vuole ascoltare la musica sullo stereo o vedere in tv i video che ha memorizzato sul computer può farlo senza dover collegare ogni macchina con i cavi, e se il volume è elevato e non si vuole dar fastidio ai vicini ci sono anche delle ottime cuffie senza fili in grado di risolvere il problema.
E sistemi di piccoli trasmettitori e ricevitori funzionano perfettamente per mandare il segnale della televisione, sia quello analogico che satellitare, ma anche il segnale dei dvd, in ogni stanza della casa in maniera "wireless", così come il collegamento senza fili ad Internet si è sempre più diffuso.
L'oggetto che più rapidamente ha perso i fili è comunque il telefono, prima nella sua ovvia forma di cellulare, per sua natura mobile e privo di cavi, poi anche nella sua dimensione casalinga, con i telefoni "cordless" che rispondono al numero di casa ma si "muovono" in ogni stanza senza difficoltà. E con il Bluetooth si collega "wireless" a molti altri terminali, sia in casa che in auto. Tra breve, infine, anche la differenza tra telefono "fisso" e "mobile" è destinata a scomparire, con i nuovi apparecchi che possono sfruttare entrambe le linee telefoniche.
E gli altri cavi, quelli che, ad esempio, portano nelle nostre case l'elettricità? Anche quelli sono destinati a svanire. Gli scienziati del Massachussets Institute of Technology hanno messo a punto un sistema, chiamato WiTricity in grado di trasmettere energia senza usare i fili, basato sul fenomeno della induzione elettromagnetica scoperto da Faraday nel 1831, lo stesso sulla base del quale i ricercatori dell'Università di Tokyo hanno sviluppato nello scorso maggio un materiale in grado di trasmettere elettricità senza cavi in un piccolo raggio d'azione. Sono i primi passi di un futuro libero dai cavi che si avvicina sempre di più.
Si sta forse realizzando quello che Marconi stava sperimentando quando morì: la trasmissione di energia a distanza senza usare fili, creando il famoso “raggio della morte” di cui appunto all’articolo precedente.
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http://www.radiogiornale.org/181to190/183.htm
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