GLI ZOMBIE ESISTONO VERAMENTE:
IL VIRUS CHE CONTAMINA LE PERSONE TRASFORMANDOLE IN NON-MORTI SI CHIAMA SOLANUM, TERMINE LATINO CONIATO DA JAN VANDERHAVEN, CHE PER PRIMO SCOPRÌ LA MALATTIA.
60.000 A.C. KATANGA, AFRICA CENTRALE
Alcuni recenti spedizioni archeologiche hanno portato alla luce una caverna, dove sono stati ritrovati tredici teschi umani, tutti fracassati. Vicino a questi c'erano un grosso cumulo di ceneri fossilizzate. Secondo le analisi, quelle ceneri sono i resti dei tredici uomini. Sulle pareti della caverna, inoltre, è dipinta una figura umana con le braccia alzate in un gesto minaccioso, lo sguardo fisso e malvagio. Dentro la bocca spalancata è raffigurato il corpo di un altro essere umano. Si pensa che i teschi sfondati e i corpi bruciati indicano il metodo di eliminazione di alcuni zombie. Inoltre si è trovata una traccia fisica di solanum fossilizzato.
3000 A.C. IERACOMPOLI, EGITTO
Nel 1892, uno scavo britannico rinvenne una tomba. Il corpo fu trovato fuori dalla cripta aperta, rannicchiato in un angolo e solo parzialmente decomposto. Tutte le superfici interne della tomba erano segnate da migliaia di graffi, come se il cadavere avesse tentato di aprirsi un varco con le unghie. Dalle analisi risultava che i graffi erano stati provocati nell'arco di molti anni. Il cadavere stesso presentava numerosi segni di morsi. Le impronte lasciate dai denti corrispondevano a quelle di un essere umano. Anche in questo caso, è stata ritrovata una traccia fisica di Solanum.
329 A.C. AFGHANISTAN
Durante la guerra di occupazione dell'Afganistan, le forze speciali sovietiche scoprirono gli antichi resti di quella che si ritiene una caserma dell'esercito ellenico. Tra gli oggetti rinvenuti c'era un piccolo vaso di bronzo. Le figure intarsiate mostrano: 1 un uomo morde un altro uomo. 2 la vittima giace sul letto di morte. 3 la vittima si rialza per poi mordere a sua volta un altro uomo. Questo vaso potrebbe essere una prova di un attacco zombie.
30 D.C, GERUSALEMME
Secondo le testimonianze dei vangeli, un uomo di nome Gesù, il terzo giorno dalla sua morte in croce, risorse lasciando il sepolcro vuoto e apparendo inizialmente ad alcune discepole. Secondo un parere "scientifico", questa testimonianza può essere un chiaro esempio di resurrezione di uomo trasformato in zombie. Ovviamente, però, in nessun testo si parla di un Gesù ritornato in vita, che iniziò a mordere e uccidere le persone!
700 D.C, FRISIA (NORD DELL'OLANDA)
La testimonianza di questo episodio ci giunge sotto forma di dipinto recentemente scoperto vicino ad Amsterdam. Nel quadro si vede un gruppo di cavalieri in armatura alle prese con una piccola schiera di uomini dalla pelle grigiastra, il corpo coperto da frecce e altre ferite, la bocca grondante sangue. Nel centro del dipinto, dove le due forze si scontravano, i cavalieri usano le spade per decapitare i nemici. Nell'angolo in basso a destra si vedono tre zombie chinati sul corpo di un cadavere caduto.
1073 D.C GERUSALEMME
La storia del dottor Ibrahim Obeidallah, uno dei più importanti pionieri nel campo della fisiologia degli zombie, esemplifica i grandi passi avanti e nello stesso momento i tragici passi indietro della scienza nel suo tentativo di studiare i non-morti. Cause sconosciute provocarono l'attacco di quindici zombie a Jaffa, città sulle coste della Palestina. La milizia locale, sbaragliò efficacemente la minaccia con perdite minime. Obeidallah convinse l'esercito a permettergli di studiare una donna morente. Così il medico portò il corpo nella prigione nella città. Qui, in una cella, osservò la vittima fino al decesso, e continuò a studiarla da morta durante la rianimazione. Effettuò poi numerosi esperimenti sullo zombie in cattività scoprendo che tutte le funzioni corporee necessarie a sostenere la vita erano cessate. Le ricerche di Obeidallah documentarono tutta la fisiologia dei morti viventi e anche dei loro comportamenti. La sua opera, in seguito, fu copiata e pubblicata, ottenendo un modesto successo. Se ne conserva oggi una copia negli Archivi nazionali a Tel Aviv.
1281 D.C CINA
Nel suo diario di viaggio l'esploratore veneziano Marco Polo racconta che, durante la visita al palazzo estivo dell'imperatore a Xanadu, Kublai Khan gli mostrò una testa di Zombie mozzata e conservata in un recipiente riempito con un liquido alcolico trasparente. Polo scrive che la testa era cosciente della loro presenza, e che li guardava con gli occhi quasi putrefatti. Nessuno conosce il destino di questa reliquia. Quando Marco Polo torno' dall'Oriente, la sua storia fu soppressa dalla Chiesa cattolica. Secondo una ipotesi la testa potrebbe appartenere a uno dei soggetti inizialmente studiati da Ibrahim Obeidallah.
1690 D.C. ATLANTICO MERIDIONALE
Il mercantile portoghese Marialva salpò da Bissau, Africa Orientale, con un carico di schiavi diretto in Brasile. La nave non arrivò mai a destinazione. Tre anni dopo, un vascello danese fu avvistato che era alla deriva e vi fu inviata a bordo una squadra di soccorritori. Questi trovarono solo la stiva piena di africani trasformati in zombie ancora incatenati alle brande che si dimenavano e lamentavano. Dell'equipaggio non vi era più traccia, e a ogni zombie mancava almeno un lembo di carne, strappato a morsi. A bordo della nave portoghese non furono ritrovate scialuppe di salvataggio, e l'unico corpo recuperato fu quello del capitano, chiuso nella proprio cabina, suicidatosi con un colpo di pistola. Molti ritennero che, essendo gli africani in catene, la prima persona infetta doveva essere stata un membro dell'equipaggio portoghese. Se è così significa che gli sventurati schiavi dovettero sopportare la tortura di vedere i proprio carcerieri divorarsi o infettarsi a vicenda dopo la trasformazione in zombie. Ancora più spaventosa è l'orribile eventualità che uno di questi marinai abbia attaccato e infettato uno degli schiavi incatenati. Il nuovo zombie, a sua volta, deve aver morso la persona accanto, anch'essa incatenata, tra le urla strazianti della vittima. E' sufficiente immaginare, che cosa debbano aver passato gli ultimi della fila, che videro il proprio destino avvicinarsi lento e inesorabile, per evocare il peggiore degli incubi
1848 D.C OWL CREEK MOUNTAINS, WYOMING (USA)
E' probabile che non si tratti del primo attacco zombie negli Stati Uniti, ma è certamente il primo mai registrato. Un gruppo di cinquantasei pionieri, scomparve nelle Montagne rocciose centrali. Un anno dopo, una seconda spedizione scoprì resti di un campo base ritenuto l'ultimo luogo in cui si erano fermati a riposare.
"I segni di colluttazione erano evidenti. Frammenti di ogni sorta giacevano sparpagliati tra i carri bruciati. Ritrovammo anche i resti di almeno cinquantadue persone. I corpi presentavo numerose ferite, ma avevano tutti in comune il cranio fratturato. Alcune delle fratture parevano provocate da proiettili, altre da oggetti contundenti. La nostra guida disse che non era opera dei selvaggi indiani. Un altro fatto inquietante era il numero di ferite da morso riscontrabili su tutti i cadaveri. Poiché nessuna bestia aveva toccato le carcasse, escludemmo che fossero morsi di animali. Si sono sempre sentiti racconti di cannibali lungo la frontiera, ma fummo terrorizzati al pensiero che storie simili fossero vere. Tuttavia, quello che non riuscimmo a capire fu per quale motivo si fossero sbranati a vicenda tanto rapidamente quando le provviste di cibo non erano ancora esaurite".
Il passo è da Arne Svenson, ex insegnate divenuto poi pioniere e contadino, membro della seconda spedizione. La storia dimostra per forza lo scoppio di un'epidemia di Solanum.
1888 D.C. HAYWARD, WASHINGTON (USA)
Questo episodio descrive la comparsa del primo cacciatore di zombie professionale del Nord America. La vicenda ebbe inizio quando un cacciatore di pellicce di nome Gabriel Allens piombò in città con un profondo squarcio nel braccio. In seguito l'uomo morì e si trasformò in uno zombie, e morse il medico che stava cercando di curarlo. Successivamente altre 3 persone furono infettate. Sei giorni dopo l'inizio dell'attacco, Hayward era ormai una città sotto assedio. I cittadini avevano armi da fuoco in abbondanza, ma nessuna riconobbe la necessità di colpire gli zombie alla testa. Cibo, acqua e munizioni si esaurirono velocemente. Nessuno pensava di poter resistere per più di sei giorni. All'alba del settimo giorno, un uomo di Lakota di nome Elija Black arrivò a cavallo, armato di sciabola, e decapitò dodici zombie nel giro di venti minuti. Poi usò un bastone carbonizzato per disegnare un cerchio intorno alla torre serbatoio della città prima di arrampicarsi in cima. Gridando riuscì ad attirare a se tutti gli zombie della città. Tutti quelli che mettevano piede all'interno del cerchio si trovavano il cranio bucato da un proiettile del suo Winchester a ripetizione. Con calma e metodo, Black eliminò l'intera orda, cinquantasei zombie, nel giro di sei ore. Quando i superstiti si resero conto di che cosa era accaduto, il loro salvatore era sparito. Poiché si hanno poche informazioni, oggi è impossibile sapere quante battaglie Black abbia combattuto.
1942-45 D.C. HARBIN, STATO FANTOCCIO DEL MANCHULUO SOTTO LA DOMINAZIONE GIAPPONESE (MANCIURIA)
Nel suo libro "The Sun Rose on Hell" del 1951, l'ex ufficiale dell'intelligence militare americana David Shore fornisce i dettagli di una serie di esperimenti biologici svolti durante la guerra da un'unità dell'esercito giapponese conosciuta con nome di "Dragone nero". Uno di questi progetti, chiamato "Fiore di ciliegio", mirava specificatamente a riprodurre e addestrare gli zombie allo scopo di creare un esercito di non-morti. Si dice che tre morti viventi furono soggetti ad esperimenti, mentre un quarto venne usato appositamente per creare altri zombie. Shore afferma che erano i giapponesi "dissidenti" a essere usati come cavie. Una volta fatto rianimare un plotone di quaranta zombie, gli agenti del Dragone nero tentarono di addestrarli ma i risultati furono disastrosi. Dieci dei sedici istruttori furono morsi e trasformati in non-morti. Dopo due anni di inutili tentativi decisero di inviare l'esercito di cinquanta zombie contro il nemico nelle condizioni in cui era. I primi tre tentavi fallirono il partenza, con la distruzione degli aerei e dei sottomarini che trasportavo i morti viventi. Fu fatto un quarto e ultimo tentativo: gli zombie rimasti dovevano essere paracadutati su un covo di guerriglieri cinesi nella provincia di Yohann. Nove zombie furono eliminati a colpi di fucile nel cranio dai cecchini. Per questi ultimi non fu nulla di straordinario: l'ordine era sempre stato quello di mirare alla testa. L'ultimo zombie fu catturato, reso innocuo e trasportato al quartiere generale di Mao Tse-Tung per ulteriori studi. Quando l'unione sovietica invase il Manchukuo, tutti i registri e documenti relativi al progetto "Fiore di ciliegio" scomparve nel nulla.
1957 D.C. MOMBASA, KENYA
Il seguente brano è tratto dall'interrogatorio cui un ribelle kikuyu, fatto prigioniero, fu sottoposto da un ufficiale britannico:
D: Quanti ne hai visti?
R: Cinque.
D: Descrivili.
R: Uomini bianchi, con la pelle grigiastra e lacerata. Alcuni avevano ferite, segni di morsi in varie parti del corpo. Tutti avevano buchi di pallottole nel petto. Zoppicavano e gemevano. Avevano occhi che non vedevano. Avevano denti macchiati di sangue. Li annunciava l'odore delle carcasse. Gli animali fuggivano.
Scoppia una discussione tra il prigioniere e l'interprete Mosai. Il prigioniero si zittisce.
D: Racconta che cosa è successo?
R: Sono venuti a prenderci. Abbiamo tirato fuori i lalem (arma Masai, simile al machete) e gli abbiamo mozzato la testa, poi le abbiamo seppellite.
D: Avete seppellito le teste?
R:Sì.
D: Perchè?
R: Perchè con il fuoco ci saremmo fatti notare.
D: Non eri ferito?
R: Non sarei qui.
D: Non avevi paura?
R: Noi temiamo solo i vivi.
D: Insomma erano spiriti malvagi?
Il prigioniero ridacchia.
D: Che cosa c'è da ridere?
R: Gli spiriti malvagi sono un'invenzione per far paura ai bambini. Quegli uomini erano la morte che cammina.
Il prigioniero diede ben poche altre informazioni per il resto dell'interrogatorio. Quando gli chiesero se rimanevano altri zombie in circolazione, restò in silenzio. La storia non ebbe alcun seguito
1960 D.C. BYELGORANSK, UNIONE SOVIETICA
Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale si sospettava che le truppe sovietiche che invasero la Manciuria avessero messo le mani su gran parte degli scienziati, dei dati e delle cavie (gli zombie) coinvolti nello speciale progetto del Dragone nero. Recenti rivelazioni hanno confermato che questi sospetti erano fondati. L'obiettivo di questo nuovo progetto sovietico era creare un esercito segreto di morti viventi da utilizzare nell'inevitabile Terza guerra mondiale. Il progetto "Fiore di ciliegio", ribattezzato "Storione", fu portato avanti nei pressi di una piccola cittadina della Siberia orientale, la cui unica struttura era una grande prigione per dissidenti politici. Sulla base di recenti scoperte siamo in grado di stabilire che, per qualche ragione, gli esperimenti andarono storti, provocando l'attacco di diverse centinai di zombie. I pochi scienziati rimasti riuscirono a rifugiarsi nella prigione. Al sicuro dietro le mura del carcere, si prepararono per quello che credevano fosse un breve assedio fino all'arrivo dei soccorsi. Ma non arrivarono mai. Secondo una teoria, i leader sovietici erano consapevoli del disastro, e avevano circondato la regione con le truppe militari per evitare che qualcuno uscisse, ed erano rimasti ad osservare aspettando l'esito dell'assedio. Fra le mura della prigione, la coalizione di scienziati, personale militare e prigionieri stava sopravvivendo senza problemi. Furono costruite serre, scavati pozzi, improvvisati generatori di corrente. Fu mantenuto un contatto radio quotidiano. I superstiti riferirono che, data la posizione, potevano resistere fino all'inverno quando, si sperava, i non-morti sarebbero congelati. A tre giorni dalla prima gelata autunnale, un aereo sovietico sganciò su Byelgoransk una rudimentale testata termonucleare. L'esplosione disintegrò la città, la prigione e tutta l'aerea circostante. Per decenni, il governo sovietico giustificò il disastro definendolo un normale test nucleare. La verità venne a galla sono nel 1992, quando le informazioni cominciarono a trapelare in Occidente. Le prove più schiaccianti vennero alla luce quando Artiom Zenoviev, criminale russo, consegnò tutte le copie del rapporto ufficiale del governo a una fonte occidentale anonima. Il rapporto contiene le trascrizioni radio, le fotografie aeree e le deposizioni delle truppe di terra e dell'equipaggio del bombardiere. Allegate al rapporto vi sono inoltre be 643 pagine di dati di laboratorio relativi alla fisiologia e al comportamento delle cavie zombie. I russi, ovviamente, screditano le informazioni definendole false.
1984 D.C. CABRIO, ARIZONA (USA)
Questo attacco di proporzioni minime, se si considera lo spazio e il numero di persone coinvolte, può a malapena definirsi una vera invasione. Le sue implicazioni, tuttavia, rappresentano uno degli episodi più significativi nello studio del Solanum. Quarantasette bambini morirono asfissiati nell'incendio di una scuola elementare. L'unica sopravvissuta, Ellen Aims, di nove anni, riuscì a fuggire saltando da una finestra rotta ma si ferì gravemente perdendo molto sangue. Solo una trasfusione di emergenza da una sacca di sangue le salvò la vita. Ma da lì a mezz'ora Ellen cominciò a manifestare i sintomi di un'infezione da Solanum. Lo staff medico non se ne rese conto e pensò che il sangue fosse contaminato da altri agenti patogeni. La bambina morì durante le analisi. Più tardi si rianimò sotto gli occhi dei medici, di alcuni testimoni e dei genitori, e morse l'infermiera. Ellen fu immobilizzata e l'infermiera messa in quarantena. Successivamente arrivarono i medici del Centers for Disease Control scorati dalle forze dell'ordine e da " agenti federali non meglio indentificati". Ellen e l'infermiera infetta furono trasportate in aereo in una località segreta per "ulteriori cure". Dopo una settimana senza aver notizie, i genitori furono informati che la bambina era "passata a miglior vita" e che il corpo era stato cremato per "ragioni igienico-sanitarie". Si tratta del primo caso documentato che dimostra come il Solanum sia trasmissibile dal sangue conservato.
DICEMBRE 1992 D.C. JOSHUA TREE NATIONAL MONUMENT, CALIFORINA (USA)
Alcuni escursionisti diretti al parco segnalarono una tenda e attrezzatura da campeggio incustodite non lontane dalla strada principale. I custodi del parco incaricati di investigare scoprirono una scena macabra a circa due chilometri dall'accampamento abbandonato. Una donna di circa venticinque anni fu trovata morta, con la testa sfondata da una grossa pietra e il corpo ricoperto da segni di morsi umani. La vittima fu identificata, e si trattava di Sharon Parsons. La settimana precedente si era recata in campeggio nel parco insieme al fidanzato, Patrick MAcDonald. L'autopsia totale sul corpo della Parsons portò alla luce un fatto che sbigottì il coroner. Il tasso di decomposizione del suo corpo non coincideva con quello del tessuto celebrale. Inoltre, l'esofago conteneva tracce di carne umana corrispondente al gruppo sanguigno di MacDonald. Tuttavia, i campioni di pelle prelevati da sotto le unghie della donna riconducevano a una terza persona, Davin Martin, tipo solitario fotografo naturalista, il quale aveva attraversato il parco un mese prima. Successivamente le riprese delle telecamere di sorveglianza di una stazione di servizio, rivelarono che MacDonald era passato dal Diamond Bar. Il benzinaio in servizio disse che appariva debilitato, isterico, e che aveva un panno sporco di sangue sulla spalla. MacDonald fu visto per l'ultima volta dirigersi a ovest, in direzione di Los Angeles...
GENNAIO 1993, D.C. CENTRO DI LOS ANGELES, CALIFORNIA (USA)
Sulle prime fasi di questo attacco, e su come si sia diffuso nella zona circostante, sono ancora in corso indagini. I primi a riconoscere l'attacco furono un gruppo di giovani, membri di una banda di teppisti nota come V.B.R. Erano entrati in questa zona della città per vendicare la morte di un loro membro assassinato da una banda rivale chiamata Los Perros Negros. La prima cosa che notarono fu l'assenza di senzatetto. Quella zona era famosa per la sua grande baraccopoli. l'autista dei V.B.R., non facendo attenzione alla strada, finì per investire un pedone che procedeva molto lentamente, perse il controllo della macchina e andò a sbattere contro un edificio. Prima che potessero riparare il veicolo, i V.B.R. videro il pedone ferito muoversi. Malgrado la schiena spezzata, la vittima si era messa a strisciare in direzione della banda. Uno dei V.B.R. estrasse la pistola e gli sparò ai polmoni. Lo sparo non fermò l'uomo. Il giovane sparò altri colpi, tutti a segno, ma senza effetto. L'ultimo proiettile si infilò nel cranio dell'uomo, mettendo fine alla sua vita. All'improvviso la banda udì un lamento che sembrò provenire da ogni direzione. Ciò che avevano scambiato per semplici ombre nella luce dei lampioni era in realtà una folla di oltre quaranta zombie che stavano convergendo su di loro. I V.B.R. si lanciarono di corsa per la strada, passando attraverso una schiera di morti viventi proprio nel punto in cui era meno fitta. Dopo alcuni isolati si imbatterono, per ironia della sorte, in quello che restava dei Los Perros Negros. Messe da parte le rivalità, le due bande dichiararono una tregua e si mossero alla ricerca di un mezzo di fuga o di un rifugio sicuro. I Perros che conoscevano meglio la zona, presero in mano la situazione, e si diressero in una piccola scuola facilmente raggiungibile a piedi. Arrivati a destinazione, entrarono da una finestra del secondo piano. Così facendo misero in funzione l'allarme antifurto che a sua volta avvertì tutti i non-morti presenti nella zona. Se ne contavano ormai più di cento. L'allarme fu però l'unico aspetto negativo di questa specie di fortino. Come luogo di rifugio si rivelò un'ottima scelta. La solida costruzione in cemento armato, le finestre sbarrate e le porte in legno massiccio rinforzato in acciaio la rendevano una struttura facilmente difendibile. Una volta all'interno il gruppo agì con ammirevole lungimiranza, verificò la tenuta delle porte e finestre, riempì d'acqua ogni contenitore possibile e passò in rassegna tutte le armi e munizioni a disposizione. Usarono poi il telefono per chiamare le bande alleate. Ben protetti, armati, guidati, organizzati ed estremamente motivati, i membri delle due bande furono capaci di eliminare tutti gli zombie senza perdere un uomo. A un certo punto arrivarono anche i rinforzi, ma purtroppo nello stesso momento apparve anche la polizia. Il risultato fu l'arresto di tutti i presenti. L'incidente fu archiviato ufficialmente come una "sparatoria tra bande rivali". Questa storia sarebbe finita qui se non fosse stato per un detective della polizia di Las Vegas che chiese di rimanere anonimo/a. Qualche giorno prima, aveva letto del caso Parson-MacDonald ed era rimasto/a incuriosito dai particolari inconsueti. In seguito, dopo una lunga investigazione trovò un lampante indizio: un portafoglio trovato su uno degli zombie, un uomo sulla trentina che appariva meglio vestito rispetto al tipico vagabondo. Il portafoglio apparteneva a Patrick MacDonald.
MARZO 1994 D.C. SAN PEDRO, CALIFORNIA
Se non fosse stato per Allie Goodwin, gruista in questo cantiere navale nel sud della California, e la sua macchina fotografica usa e getta a 24 pose, forse il mondo non avrebbe mai conosciuto la vera storia di questo attacco zombie. Dalla Mare Caribe, mercantile a vapore battente la bandiera panamense, salpato dalle Filippine, venne scaricato un container non contrassegnato. Una notte, un guardiano udì dei rumori provenire dal suo interno. Lui e alcune guardie di sicurezza, sospettandolo pieno di immigrati clandestini, lo aprirono seduta stante. Ne saltarono fuori ben quarantasei zombie. Le guardie più vicine furono immediatamente divorate. Altre cercarono rifugio in magazzini, uffici e altre strutture. Quattro intrepidi gruisti, tra i quali Goodwin, salirono sulle proprie macchine e spostando i container costruirono una perfetta fortezza. Questo rifugio diede protezione a tredici operai per il resto della notte. I manovranti poi passarono ad usare le gru come armi, lasciando cadere i container sugli zombie. Quando arrivò al polizia, erano rimasti undici zombie. Questi furono abbattuti dal tiro di sbarramento della polizia. Fu stimato un totale di circa venti vittime umane, mentre gli zombie eliminati ammontarono a trentanove. Si ritiene che i sette zombie mancanti all'appello siano caduti in acqua e siano stati trasportati via dalla corrente.
APRILE 1994 D.C. SANTA MONICA BAY, CALIFORNIA
Tre abitanti di Palos Verdes, Jim Hwang, Anthony Cho e Michael Kim, raccontarono alla polizia di aver subito un agguato mentre stavano pescando nella baia. Stando a quanto dichiarato dai tre uomini, Hwang stava facendo pesca a fondo quando prese all'amo qualcosa di molto pesante. A saltar fuori dall'acqua fu un uomo nudo, mezzo ustionato, parzialmente decomposto, e ancora vivo. L'uomo attaccò i tre pescatori, Cho colpì l'aggressore al volto con un remo. La creatura affondò sotto la superficie dell'acqua, mentre i pescatori tornarono a riva. Le indagini sono tuttora ufficialmente in corso. Dato il momento e il luogo dell'attacco, è logico ipotizzare che la creatura fosse uno degli zombie scappati da San Pedro.
2008 D.C. SAINT THOMAS, ISOLE VERGINI (USA)
Uno zombie, gonfio, fradicio, con la pelle completamente dissolta, affiorò sulla costa nord est dell'isola. Gli abitanti del posto si mantennero a distanza e chiamarono le autorità. Appena giunti sulla scena, due agenti ordinarono al "tipo sospetto" di fermarsi. Siccome non ottennero risposta, esplosero un colpo di avvertimento. Lo zombie non reagì. Uno dei poliziotti gli sparò quindi due colpi al torace, che si rivelarono del tutto inefficaci. Prima che partisse un'altra raffica, un bambino di sei anni, eccitato dagli eventi e ignaro del pericolo, corse contro allo zombie e si mise a punzecchiarlo con un bastone. Il morto vivente afferrò subito il bimbo e fece per portarselo alla bocca. I due agenti si lanciarono su di lui cercando di strappargli di mano il piccolo. In quel momento, Jeremiah Dewitt, immigrato di recente dalla Repubblica Domenicana, si fece largo tra la folla, sfilò la pistola a uno dei poliziotti e sparò un proiettile che colpì dritto in fronte lo zombie, il quale cadde e morì definitivamente. Il tribunale scagionò Dewitt da tutte le accuse, asserendo che aveva agito per legittima difesa. Per ironia della sorte, tra tanti casi di insabbiamento e occultamento di prove, questo episodio ha ormai raggiunto la notorietà. Come per Bogfoot e per il mostro di Loch Ness, in molti negozi del centro di Charlotte Amalie (capitale dell'isola) i turisti possono acquistare fotografie, magliette, sculture, orologi e sveglie dello "zombie di Saint Thomas".
N.B. altre notizie di casi più recenti, per ora, non ne siamo a conoscenza…ma continueremo a indagare
Commenti
Posta un commento