PERCHÉ È IMPORTANTE VACCINARE ANCHE I GIOVANI
Di Aldo Manzin, professore ordinario di microbiologia e microbiologia clinica - Università degli Studi di Cagliari
Pochi giorni fa, il nostro Guido Silvestri, scriveva sul suo profilo personale: “In questa situazione sta diventando sempre più chiaro come il ritorno delle nostre società ad una vita pienamente normale sarà strettamente legato alla loro rapidità nel vaccinare la popolazione (e qui mi ripeto se non fossi stato abbastanza chiaro nei giorni scorsi: per tutta la popolazione intendo TUTTA LA POPOLAZIONE, giovani e bambini compresi).”
Questo pensiero ha stimolato una riflessione che è il corpo del contributo di seguito riportato. Procediamo velocemente con il mettere in sicurezza i nostri anziani, i fragili, i pazienti a rischio. Vacciniamo poi tutta la popolazione adulta e subito dopo (o, se gli studi lo consentiranno, in contemporanea) pensiamo ai giovani, una componente importante della società attiva che va protetta per proteggere anche chi non ne ha la possibilità e sì, anche quelli che si ostinano a non credere nella forza della scienza.



E' certamente vero che bambini e ragazzi si ammalano in media meno e che sviluppano forme di Covid-19 meno gravi, seppure ci sono ormai diverse segnalazioni di casi di ricovero negli under 20. Tuttavia bambini e ragazzi sono suscettibili all’infezione e la possono trasmettere, e ora in Italia attualmente il trend di infezioni negli adolescenti non è differente da quello degli adulti. Seppure i bambini presentano una minore suscettibilità all'infezione a causa di meccanismi diversi (ad esempio, una minore presentazione dei recettori a livello dell'apparato respiratorio, migliore "competenza" immunologica, ecc.) sarà comunque importante vaccinarli, sia per evitare che sviluppino malattia e complicanze (anche a distanza) da essa derivate sia per evitare che possano trasmettere l’infezione ad altri. I minorenni in Italia e in altri paesi (compresi gli Stati Uniti) sono oltre il 20% della popolazione, e perciò rappresentano una quota importante di popolazione da coprire per raggiungere una buona immunità di comunità.
Ma perchè oggi siamo maggiormente autorizzati a promuovere questa strategia? Perchè ormai si sono accumulati dati più che soddisfacenti (e certi) sull'effetto dei vaccini nella popolazione adulta che risulta protetta non solo dallo sviluppare forme sintomatiche e/o gravi di malattia, ma anche dalla possibilità di infettarsi (se non in maniera transiente) e trasmettere il virus ad altri.
Tali dati derivano dallo studio di casi in "real life", non sono sperimentali, ma attuali: sicuramente in coloro cui sono stati somministrati i vaccini a mRNA, ma anche per i vaccini a vettori adenovirali si inizia ad osservare lo stesso effetto (che più volte abbiamo definito "sterilizzante", anche se per questo tipo di virus il termine è forse non appropriatissimo, ma la sostanza non cambia), si è documentata non solo la protezione dallo sviluppare sintomi, ma anche dal contagio.
Pochi giorni fa Pfizer ha riportato i risultati di uno studio preliminare (non ancora pubblicato) che ha coinvolto negli Stati Uniti 2.260 volontari tra i 12 e i 15 anni di età: i risultati dimostrano che rispetto ad un gruppo di volontari di pari età non vaccinati in nessuno degli adolescenti cui è stato somministrato il vaccino a mRNA sono stati registrati casi di infezione.
Che questi risultati non siano sorprendenti per chi conosce un minimo di virologia e di immunologia è ovvio: ma l'averlo detto, così come aver sempre ipotizzato un effetto di riduzione della contagiosità dei vaccini, trova oggi conforto sia nei dati sperimentali che in quelli ottenuti "sul campo".
La composizione dei vaccini COVID-19 per i bambini e adolescenti sarà la stessa utilizzata negli adulti - la differenza, ovviamente, potrebbe risultare nella differente dose (come da sempre è richiesta per l'età pediatrica, così come per gli adolescenti). Questo sarà il primo obiettivo dei trials che si susseguiranno. La dose più bassa possibile corrisponderà a quella più sicura e efficace possibile, e questa sarà utilizzata per definire il livello di protezione idoneo per la classe di età corrispondente.
La vaccinazione sarà importante quindi, non appena disponibile su larga scala, non solo per proteggere la salute degli adolescenti, ma per evitare che, non vaccinati, questi possano diventare veicolo per la diffusione del virus anche tra le persone più fragili.
Questo sarà importante per ottenere una riduzione significativa della circolazione del virus (l'immunità di comunità) che consentirà, insieme ad un graduale ridimensionamento delle misure restrittive attualmente in atto (distanziamento, protezione individuale con mascherine, norme igieniche), e all'adozione di terapie e protocolli più adeguati per il trattamento delle forme sintomatiche e della malattia grave, una più veloce e quanto mai auspicabile ripresa delle attività sociali, lavorative e ludiche di cui abbiamo estrema necessità per riprendere una vita normale, magari migliore di quella di prima.
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