Il monte Testaccio è una collina di origine artificiale ubicata nella città di Roma.
Ha un'altezza di 36 metri ed una superficie di circa 22.000 metri quadrati.
La particolarità di questa collina è dovuta alla sua origine: è infatti costituita da oltre 53 milioni di anfore in terracotta, per lo più olearie, risalenti all'epoca Romana.
Le anfore, provenienti dal vicino porto fluviale sul Tevere, una volta svuotate del loro contenuto pronto per essere venduto, non potevano più essere riutilizzate per altri generi alimentari e quindi, la parte di esse che non veniva riciclata come materiale da costruzione, veniva distrutta ed ordinatamente accatastata in quello che, nel giro di qualche secolo, divenne un enorme cumulo di cocci. Una discarica a tutti gli effetti.
Il Monte Testaccio, conosciuto popolarmente anche come Monte dei Cocci, è una collina artificiale situata nella zona portuale dell'antica Roma e in prossimità dei magazzini (horrea).
Alto 54 metri e con una circonferenza di circa 1 chilometro, il monte è formato da testae, cocci, in prevalenza frammenti di anfore usate per il trasporto delle merci, che venivano sistematicamente scaricate e accumulate dopo essere state svuotate nel vicino porto fluviale. Secondo gli ultimi studi questa attività venne portata avanti tra il periodo augusteo e la metà del III sec. d.C.
Diversamente dalle anfore usate per il trasporto di prodotti agricoli, le anfore olearie provenienti in gran parte dalla Betica (attuale Andalusia) non erano riutilizzabili a causa della rapida alterazione dei residui di olio. Il problema dello smaltimento rapido ed economico delle anfore, nel rispetto delle norme igieniche, fu risolto con questa "discarica" dove i frammenti vennero accatastati con la massima economia di spazio e con la sola disposizione di calce che, destinata ad eliminare gli inconvenienti causati dalla decomposizione dell'olio, ha rappresentato anche un ottimo elemento di coesione e di stabilità per il monte attraverso il tempo.
Un accumulo di tale entità ed altezza fu reso possibile dalla presenza di una prima rampa e di due stradelle percorse dai carri ricolmi di cocci e di anfore frammentarie, molte delle quali conservano il marchio di fabbrica impresso su una delle anse, mentre altre presentano i tituli picti, note scritte a pennello o a calamo con il nome dell'esportatore, indicazioni sul contenuto, i controlli eseguiti durante il viaggio, la data consolare.
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