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OGGI NON è MORTO....

rubrica in cui si fanno almeno 4 nomi di gente che non e' ancora morta e neanche pen
sa di farlo a cura di O.I.

tra quelli che non sono morti oggi facciamo i nomi di :
------ n 1) CAROLINA MARCONI

Carolina Marconi (Caracas, 12 aprile 1978) è una modella, attrice e personaggio televisivo venezuelana.

http://carolina-marconi.it/



Biografia
Debutta nel 1997 partecipando come valletta al programma Beato tra le donne, successivamente lavora in altri programmi, tra cui I cervelloni (1998), Goleada (2000) e Stasera pago io (2001).

Nel 2000 recita, insieme ad Alessia Merz, nel B-movie Intrigo a Cuba, ma il film viene distribuito in Italia solo dopo la partecipazione al Grande Fratello (2004), grazie alla quale ottiene una certa notorietà, dovuta anche al suo aspetto fisico e agli attriti con tutti i partecipanti al programma (che in confessionale manifestano i loro malumori), specialmente con Letizia Letza ed Erika Braidich.

Durante il programma conosce Tommaso Vianello, DJ divenuto famoso dopo la fine della trasmissione e (disco d'oro nel 2005 per una sua compilation di musica house), con cui ha avuto una relazione continuata anche dopo la fine del programma, ma terminata nel luglio del 2005. Nello stesso anno realizza un calendario senza veli per la rivista For Men Magazine.

Nel 2006 conduce su Rai Tre, assieme a Taiyo Yamanouchi, il programma La tintoria.

Nell'estate 2006 partecipa al programma On the Road (Italia 1), girato a Miami insieme a Ludmilla Radchenko, Sara Tommasi e Alessandra Pierelli. Nell'estate 2007 forma un gruppo musicale con la sorella Silvana chiamato "Las Hermanas" e insieme incidono il singolo "Que Horrror!"



L’ascesa di Carolina Marconi parrebbe inarrestabile, se di ascesa si può parlare.

Secondo recente tradizione - una tradizione inaugurata nel 2006 -, la soap italiana più longeva ritorna nella sua versione balneare, Un posto al sole d’Estate, a partire dal prossimo 14 luglio e fino al 5 settembre. Le vicende si collegheranno in qualche modo con la linea narrativa della versione tradizionale della soap, anche se il cast cambia quasi integralmente.

E nel frattempo, a margine, come se fosse poco importante o scontato, il produttore Francesco Pinto del centro di produzione RAI di Napoli, ha annunciato che Un posto al sole durerà almeno altri tre anni.

Ma dicevamo, nel cast della versione estiva 2008 spunta la bellissima Carolina Marconi, che diventa dunque anche attrice.

Ex modella, già valletta di Beato fra le donne nel 1997, ex reclusa del Grande Fratello 4, ex fidanzata di Tommy Vee, ha già recitato in un B-movie con Alessia Merz (sic) e in Condominio - fallimentare esperimento sitcom all’interno di Buona Domenica -, è stata On the road, poi in Tintoria, ha cantato Que Horror, è stata una vip da Distraction e ora reciterà in una delle soap più amate dagli italiani.


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N. 2 ------------------> MARIO E PIPPO SANTONASTASO

MARIO e PIPPO SANTONASTASO



Il debutto televisivo di Mario e Pippo Santonastaso , scoperti dall'indimenticato Marcello Marchesi , risale all' ottobre del 1970 nel corso del programma "Ti piace la mia faccia ? ", prodotto appositamente dagli Studi della RAI per la ricerca di voci e volti nuovi da lanciare sul video .
In seguito , dopo aver preso parte all ' intero ciclo della trasmissione , sempre per interessamento dello stesso autore , ma grazie soprattutto al notevole successo personale riportato dalla "coppia" , i due fratelli vengono inclusi nel varieta' televisivo "Per un gradino in piu' " , una serie di 18 puntate (a quella epoca considerate un ' enormita') , svolta con la collaborazione di personaggi gia' affermati nel mondo dello spettacolo .
Con questa fortunata serie di trasmissioni , i Santonastaso mettono definitivamente in luce le loro qualita' artistiche esibendosi sempre con il particolarissimo stile , mantenuto fino ad oggi .
Condizioni grottesche , momenti paradossali , surrealismo esasperato , mimica e fantasia , uniti ad un pizzico di follia e all' immancabile chitarra , rendono gradevoli le strampalate situazioni create dai due comici , i cui intermezzi risultano sempre confacenti al gusto degli spettatori di ogni eta' .
Tornando al passato , dal 1972 in poi i fratelli Santonastaso partecipano a tutti i programmi che le due Reti Nazionali di allora mandano in onda , sia come protagonisti che nelle vesti di "ospiti" e questo fino all ' avvento delle prime emittenti private .
Per essersi particolarmente distinti , proprio in quegli anni i due attori vengono , a buon diritto , gratificati da una trasmissione tutta loro : "Uno + Uno = Duo" , nel corso della quale , non essendo prevista la partecipazione di altri personaggi , Mario e Pippo possono finalmente sbizzarrirsi a proprio piacimento , dando libero sfogo alla verve di un talento naturale . In quel tempo le probabilita' di gestire un programma proprio erano quasi nulle , un caso estremamente raro ; per il Teatro Cabaret i soli ad avere , prima di loro , tale opportunita' furono Cochi e Renato e per due anni consecutivi .
Visto l ' alto indice di ascolto e di gradimento , tutto viene ripetuto l ' anno successivo con "Due alle Due" , appuntamento settimanale inserito nella fascia di "Domenica In" e , questa volta , con la partecipazione di ospiti famosi .
A distanza di tanto tempo lo spettacolo di Mario e Pippo Santonastaso rimane fresco e vivo come al primo appuntamento ,
con la differenza che anni di esperienza e di contatto diretto con il pubblico ne hanno affinato le capacita' artistiche .Per i due attori l ' esibizione rimane comunque un avvenimento eccezionale che si rinnova ogni volta , con la stessa eccitazione ed il medesimo entusiasmo del debutto televisivo.
E tutto questo per piu' di trent ' anni pieni di piacevole fatica , ma anche di tante soddisfazioni , calcando la scena di teatri , discoteche , circoli e piazze di tutt ' Italia .


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n. 3 PIERINO PRATI
Pierino Prati DETTO la peste

Pierino Prati è stata una delle punte più forti e complete del calcio italiano del Dopoguerra. In grado di ricoprire sia il ruolo di prima punta, sia quello di seconda, agile, tecnico e potente al tempo stesso, fortissimo nel gioco di testa, è spesso il beneficiario delle grandi giocate di Rivera che si muove alle sue spalle. Con il Milan vince un campionato, una Coppa Intercontinentale, tre Coppe Italia, due Coppe delle Coppe, ma soprattutto la Coppa dei Campioni del 1969 nella quale, in Finale contro l'Ajax del giovane Crujiff, riesce a mettere a segno addirittura una tripletta.

http://it.wikipedia.org/wiki/Pierino_Prati


Pierino PRATI

Nato il 13.12.1946 a Cinisello Balsamo (MI)

Ala sinistra (A), m 1.81, kg 78

Stagioni al Milan: 7, dal 1966-67 al 1972-73 (a novembre 1966 in prestito al Savona per la stagione 1966-67)

Soprannome: “Pierino la Peste”

Cresciuto nel Milan e poi proveniente dalla Salernitana

Esordio nel Milan in gare ufficiali e in Campionato (Serie A) il 18.09.1966: Milan vs Venezia 2-1

Ultima partita giocata con il Milan il 06.05.1973: Torino vs Milan 2-2 (Campionato)

Totale presenze in gare ufficiali: 209

Reti segnate: 102

Palmares rossonero: 1 Scudetto (1967-68), 1 Coppa dei Campioni (1969), 1 Coppa Intercontinentale (1969), 2 Coppe delle Coppe (1968, 1973), 2 Coppe Italia (1972, 1973), 1 titolo di capocannoniere (1967-68, 15 reti)

Esordio in Nazionale Italiana il 06.04.1968: Bulgaria vs Italia 3-2

Ultima partita giocata in Nazionale Italiana il 28.09.1974: Jugoslavia vs Italia 1-0

Totale presenze in Nazionale Italiana: 14

Reti segnate in Nazionale Italiana: 7

Palmares personale: 1 Campionato Europeo (1968, Nazionale Italiana), 1 Argento ai Mondiali (Messico 1970, Nazionale Italiana)

Ha giocato anche con la Salernitana (C), il Savona (B), la Roma (A) e la Fiorentina (A), il Rochester Lancers (*).

Ha un figlio, Cristiano, che ha giocato nel Saronno (Interregionale).

"La leggenda di Pierino Prati sbocciò il 28 maggio ´69, al Santiago Bernabeu di Madrid, contro l’Ajax di Johann Cruijff: il Milan di Rocco conquistò la sua seconda coppa dei Campioni, e Prati firmò una storica tripletta. Mai nessuno, in seguito, è riuscito a eguagliarlo. Con la maglia rossonera vinse tutto, con l´Italia fu campione d´Europa. Segnò 100 gol in serie A e a fine carriera emigrò negli Usa.
Per tutti era (ed è) Pierino-la-peste. Pierino Prati è nato il 13 dicembre 1946 a Cinisello Balsamo, in provincia di Milano. Ala sinistra rapida, essenziale, dal tiro preciso e secco, Prati ebbe solo una grande sfortuna: quella di trovarsi davanti un fuoriclasse inarrivabile come Gigi Riva, che lo costrinse a limitare le presenze in nazionale. Tuttavia fece parte dell´Italia che conquistò - nel 1968 - il campionato europeo per nazioni.
Lunghissimo è anche il suo albo d´oro con il Milan, dove approdò nel ´66 e rimase fino al ´73. In sette stagioni con il Diavolo (nelle quali collezionò 143 gare e 72 reti), vinse tutto, oltre a un titolo di capocannoniere (´68): 1 campionato (´68), 1 coppa Italia (´72), 1 coppa Campioni (´69), 2 coppe delle Coppe (´68 e ´73) e 1 coppa Intercontinentale (´69).
Il suo ricordo più bello è proprio legato alla coppa dei Campioni, conquistata a Madrid contro l’Ajax del grande Cruijff, che Pierino-la-peste sterminò con una tripletta, conquistando trofeo e record: mai nessuno avrebbe più segnato, in futuro, tre gol in una finale di coppa Campioni. In quella tiepida notte spagnola, sbocciò la sua leggenda. Il suo avversario era tale Hulshoff, un barbuto spaventoso che picchiava come un fabbro. Ma Prati gli sgusciava via da tutte le parti come un´anguilla.
Straordinaria fu la sua intesa con Gianni Rivera: il Golden Boy era la mente, Pierino il braccio. Lo stesso Rivera non ha mai negato di avere grande simpatia per lui, per il fatto che era facile lanciarlo a rete e vederlo segnare.
Prati esordì in serie A il 18 settembre ´66 (Milan-Venezia 2-1), chiuse il 30 aprile ´78 (Pescara-Fiorentina 1-2). Giocò - anche - con Salernitana, Savona, Roma (dal ´73-74 al ´76-77, 82 gare e 28 gol) e Fiorentina (8 gettoni). Segnò 100 gol in serie A distribuiti nei 12 campionati disputati (7 nel Milan, 4 nella Roma, 1 nella Fiorentina).
In nazionale ha giocato 14 partite e segnato 7 reti. (esordio il 6 aprile ´68, Bulgaria-Italia 3-2; ultima partita il 28 settembre ´74, Jugoslavia-Italia 1-0). A fine carriera, dopo aver conosciuto l´isolamento e l´emarginazione per i ricorrenti guai fisici e atletici, giocò per pochi mesi negli Usa, con la maglia dei Lancer di Rochester, quando in America emigravano solo fuoriclasse del calibro di Beckenbauer, Crujyff, Neeskens e Chinaglia. Oggi allena nei campionati dilettantistici lombardi." (Tratto dal sito www.acmilan.net)

"Pierino Prati, un ragazzetto che tirava calci nella squadra del suo paese, ce ne ha messo di tempo a convincere gli amici Santin e Maldera (già nelle giovanili rossonere) a fargli fare un provino con il Milan di Liedholm. E superato il provino pensava che la strada fosse tutta in discesa. Invece, per lui le difficoltà erano appena cominciate. Tre anni durante i quali le sue apparizioni a Milano sono state appena due avendo passato la maggior parte del tempo in serie B e C. Ma i gol segnati nei campionati minori hanno convinto la società rossonera a richiamare "la peste". E sotto Rocco arriva finalmente l'esplosione. Al suo primo vero campionato con il Milan Pierino vince lo scudetto e la Coppa delle Coppe ma soprattutto, con grande soddisfazione personale, la classifica dei cannonieri con 15 reti davanti ad Altarini, Combin e Riva. Nel corso delle sei stagioni rossonere realizza 72 gol (mitica la tripletta contro l'Ajax in finale di Coppa Campioni). Le poche presenze in maglia azzurra, solo 14, gli permettono tuttavia di conquistare il titolo di Campione d'Europa nel 1968." (Dal sito AC Milan.com)

"Lanciato in prima squadra da Nereo Rocco, è uno dei fiori all’occhiello del vivaio milanista. Rimase memorabile la tripletta segnata all’Ajax in Finale di Coppa dei Campioni nel 1969. La sua cessione alla Roma, nell’estate del 1973, lasciò molti rimpianti tra i tifosi rossoneri." (Nota di Colombo Labate)
Dal sito www.wikipedia.it

CLUB
Soprannominato "Pierino la peste", debuttò in Serie A con la maglia del Milan nella stagione 1965-1966 per poi essere ceduto al Savona col quale disputò una stagione in Serie B per poi tornare in maglia rossonera l'anno successivo.
Alla sua prima stagione completa in Serie A si mise subito in luce col titolo di capocannoniere con 15 gol, che valse al Milan la vittoria del campionato. Vinse anche Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale nel 1969.
Lasciò il Milan nel 1973, dopo due Coppe Italia consecutive ed un'altra Coppa delle Coppe, e dopo aver collezionato 209 partite e 102 gol in maglia rossonera.
Passò alla Roma, ma dopo un paio di discrete stagioni, con l'ultima gara in nazionale (la quattordicesima, nelle quali segnò 7 gol, incluse anche due brevi parentesi alla Fiorentina e negli USA con i Rochester Lancers), imboccò definitivamente il viale del tramonto. Chiuse la carriera in serie C2, giocando per tre anni nel Savona.

NAZIONALE
Il 6 aprile 1968 esordì in nazionale contro la Bulgaria nell'andata dei quarti del campionato europeo di calcio 1968: il suo gol portò il punteggio sul 3-2 per i bulgari, ma fu determinante. Al ritorno infatti segnò nuovamente e la nazionale vinse 2-0 qualificandosi per la semifinale: giocò la finale in coppia con l'esordiente Anastasi, mentre nella ripetizione della finale fu sostituito da Gigi Riva. Riva segnò dopo pochi minuti e, con il raddoppio di Anastasi, l'Italia si laureò campione d'Europa.
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UN PRATI IN FIORE
Quelli come lui raramente giocavano la palla di prima, quelli come lui non conoscevano ne la diagonale ne l’elastico, quelli come lui non si schieravano mai in linea, quelli come lui non disputavano anticipi e posticipi, quelli come lui sognavano di vincere la Coppa Rimet e la Coppa dei Campioni quando non aveva ancora le grandi orecchie, quelle dell’Inter per intenderci. Quelli come lui nascono a Cinisello Balsamo nello sterminato interland milanese e cominciano a tirar calci ad un pallone un po’ come tutti i ragazzetti della sua età, viene notato e prelevato dagli attenti selezionatori della primavera del Milan i quali intravedono in lui un giovane di belle speranze o almeno all’epoca gli chiamavano così. Quelli come lui sanno che rimarranno sempre nel cuore dei tifosi e che le sue gesta eroiche da fromboliere implacabile rimarranno scolpite nella mente di chi ha avuto la fortuna di vederle dal vivo. Dopo gli inizi trascorsi con le maglie della Salernitana e del Savona viene richiamato in rossonero dove per sette anni inanella gol e prestazioni da cineteca facendo tesoro delle lezioni tattiche di Nils Liedholm e di quelle umane di Nereo Rocco, ma sono soprattutto le notti europee a regalare a Pierino la peste ed al suo Milan il proscenio per le serate memorabili, quelle che una volta si raccontavano ai nipotini. Siamo nel 1969 quando il Milan vince una Coppa dei Campioni con molti più travagli di quanto si possa immaginare. Già nel primo turno contro il Malmoe, il diavolo perse la prima partita in Svezia per 2-1 ed addirittura furono i vichinghi ad andare in vantaggio a San Siro. Poi il Milan si ribella alla tenacia scandinava con quattro reti che mettono di nuovo le cose a posto, eroe della serata manco a dirlo è proprio il nostro Pierino con una doppietta. Al turno successivo ci tocca il Celtic Glasgow, si gioca a Milano il 19 marzo sotto una tormenta di neve, i giocatori imbacuccati sembrano pupazzi di neve al polo nord, il pallone arancione è l’unica cosa veramente visibile, finisce 0-0 e tutto viene rimandato in terra scozzese, dove la formazione, per tutti i maniaci dei corsi e ricorsi storici come me, sarà la seguente: Cudicini, Anquilletti, Schnellinger, Rosato, Malatrasi, Maldera, Hamrin, Lodetti, Prati, Rivera, Scala, All. Rocco, e l’impresa, perché di questo si tratta, è la vittoria davanti ad un pubblico di 90.000 cuori biancoverdi che spingono in maniera incredibile ma non riescono a scalfire la magnifica difesa messa in campo dal Paron, al dodicesimo si pensa, ancora una volta, Prati a buttarla dentro dopo una fuga nelle praterie britanniche lasciate incustodite dai disattenti centrali difensivi, seguì un lungo interminabile assedio con Cudicini in versione “salvatore della patria” da allora denominato “Black Spider”. E’ il viatico per la semifinale contro il Manchester United e soprattutto per la finalissima di Madrid dove il Milan troverà il temibile Ajax di Cruyff, i rossoneri saranno trascinati ancora una volta da uno scatenato Prati, in grande spolvero per l’occasione ed autore di una formidabile tripletta, risultato finale 4-1 e seconda volta Milan campione d’Europa. Pochi mesi più tardi San Siro ospiterà la grande avventura della Coppa Intercontinentale. Il 3-0 inflitto all’Estudiantes sembra chiudere qualsiasi discorso, ma in terra argentina saranno botte da orbi in un rettangolo verde appositamente trasformato in ring con la silenziosa collaborazione dell’arbitro cileno Massaro, il Milan resisterà agli attacchi e porterà in terra italiana la ambita coppa. “Prati”, ricorda lo scrittore sportivo Sergio Barbero, “è stato una delle ultime punte vere del calcio italiano. Dotato di un tiro micidiale, ottimo nella corsa, praticamente nato in area di rigore, nel senso che nei sedici metri aveva il fiuto per il magico momento del gol, credo sia stato secondo soltanto a Gigi Riva”.

Pierino Prati al Milan
Presenze in campionato: 143
Gol: 72
Ha vinto:
1 scudetto (’67/’68)
1 Coppa Campioni (’68/’69)
1 Coppa Intercontinentale
2 Coppe delle Coppe (’67/’68) (’72/’73)
2 Coppe Italia (’71/’72) (’72/’73)
Dal sito http://www.soccerage.com/

PIERINO PRATI: "QUELL'AJAX DEL ’69 ERA UN'ALTRA COSA..."
Oggi il Milan ha pescato l’Ajax nei quarti di finale di Champions League. Una partita, quella con i campioni d’Olanda, che ricorda sfide epiche. Come quella del 1969: finale di quella che ancora si chiamava Coppa dei Campioni: Milan-Ajax 4-1. Un mattatore, Pierino Prati, detto ‘ Pierino la Peste ’. E gli olandesi, dopo quella partita, capirono perché. E proprio con Prati proviamo ad analizzare questo Milan-Ajax, 34 anni dopo.

Prati, come è andata al Milan?
- A questo punto credo che il valore degli avversari sia molto elevato. E l’Ajax, comunque, è l’avversario più, tra virgolette, abbordabile. Fosse capitata l’Inter o la Juve, almeno sulla carta, sarebbe stato più difficile. Anche se poi il campo si diverte a rovesciare i pronostici. Ma credo che il tifoso milanista sperasse proprio in un sorteggio simile.

Che analogie tra quest’Ajax e quello che incontrò lei quella sera?
- Questo non c’entra proprio niente! Questa è una società che, da allora, si è confermata a livelli europei. E’ protagonista in Europa, ha giocatori interessantissimi. Ma la sua arma principale non sono le individualità, ma il collettivo.

Una squadra che continua a lanciare giovani di talento. Due su tutti: Ibrahimovic e Chivu
- Sì, è una squadra con tanti giovani che provengono dal vivaio. Ma la scuola-Ajax è conosciuta da parecchio in tutto il mondo, per aver sfornato parecchi giocatori. Sarà una partita difficile, come sarebbe stata difficile con le altre squadre. L’Ajax ti fa tornare a qualche anno fa, quando apparve sulla scena europea. E da allora è sempre stata protagonista. Ma lo ripeto, il Milan deve essere contento di questo sorteggio.

Il Milan deve temere maggiormente l’Ajax o… il Milan?
- Sicuramente il Milan. Se ritrova la velocità di gioco, la determinazione che aveva nei primi mesi, se riesce a sviluppare quel tipo di gioco che adesso non riesce più, è un Milan troppo superiore. Altrimenti sarà una partita tutta da giocare, perché l’Ajax è una squadra molto ben organizzata, con giocatori importanti Il Milan, sulla carta è più forte. E se poi torna a giocare come qualche mese fa, allora è ancora maggiormente favorito. Ma adesso è un’altra squadra. Speriamo di rivedere la squadra di inizio stagione, perché contro questi olandesi ce ne sarà davvero bisogno.

Facciamo un salto indietro a quel Milan-Ajax 4-1, con il nome di Prati che finì tre volte sul tabellino dei marcatori.
- E’ un record che, dopo tanti anni, ancora mi appartiene. E ne sono fiero.

Cosa ricorda di quella sera?
- Intanto che noi eravamo una squadra straordinaria. Una squadra che, purtroppo, è durata poco, perché la maggior parte dei giocatori era a fine carriera. Ma in quei due anni, a livello nazionale, europeo ed anche mondiale, si dimostrò la squadra più forte. Incontrammo una squadra che era una novità, che era giunta in finale come una sorpresa. Quella era una squadra nuova che, dopo due anni, avrebbe poi dominato a livello europeo per parecchio tempo. E’ chiaro che noi eravamo i favoriti e rispettammo il pronostico.

Fu un passaggio di consegne?
- Sì. L’anno successivo la coppa venne vinta dal Feyenoord, poi iniziò l’epopea dell’Ajax. Quella che battemmo 4-1 era già una squadra forte, con un giocatore che per parecchi anni sarebbe poi stato uno dei più forti al mondo, se non il più forte, parlo di Cruyff. Ma mancava ancora di una caratura internazionale che noi già avevamo.

Chiudiamo con le altre due italiane, Inter e Juventus, che hanno ‘pescato’, rispettivamente, Valencia e Barcellona. Chi rischia di più?
- Io dico che, a questo punto, rischiano tutti. Oramai sono rimaste squadre che, come livello, si equivalgono. Se l’Inter è più forte a livello individuale, il Valencia ha dalla sua un’organizzazione di gioco temibile. Ripeto, rischiano tutte. Se le squadre italiane non giocheranno queste partite al livello che conosciamo, rischiano tutte.
Redazione Rete.it
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n .4 --------> ROBERT PLANT

http://www.robertplanthomepage.com/

http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Plant

Robert Anthony Plant (nato a West Bromwich, West Midlands, Inghilterra il 20 agosto 1948), rockstar britannica di fama planetaria e cantante di quella che è stata definita sotto il profilo artistico la più influente rock band di tutti i tempi: i Led Zeppelin.

Biografia Cantante dotato di grande talento, di una bella voce espressiva, con caratteristiche venature Blues e capace di raggiungere tonalità relativamente alte, Robert Plant ha trascorso la fine degli anni sessanta e tutti i settanta nei Led Zeppelin e producendo un totale di otto album che hanno dominato le classifiche, non solo britanniche ma del mondo intero, per tutti gli anni Settanta.

Dotato di un talento “grezzo” e di un profondo e viscerale amore per la musica, Plant - che da ragazzino adora il Rock and Roll di Elvis Presley e il Blues - cresce nella cittadina di Halesowen nella contea dello Worcestershire (nell’hinterland di Birmingham) ed inizia la sua carriera giovanissimo: dopo aver lasciato la famiglia, che lo ostacola nella sua passione per la musica e lo spinge ad intraprendere la carriera di ragioniere, Robert fa lavori di ogni genere (incluso stendere asfalto sulle strade) finché inizia a cantare nei pub di campagna intorno a Birmingham. Dopo avere cantato nella Band of Joy, viene scoperto dal chitarrista dei cosiddetti New Yardbirds, Jimmy Page, mentre canta in una band chiamata Hobbsteweddle. Page, che - a dispetto dei suoi soli ventiquattro anni - lungi dall’essere un novellino è già un’affermata rock star con quasi dieci anni di carriera e uno dei migliori chitarristi al mondo, è alla ricerca di un cantante per il suo nuovo gruppo e non appena sente la voce del giovane cantante dilettante, rimane tanto impressionato da scartare immediatamente voci del calibro (e della ben consolidata fama commerciale) di Rod Stewart e Joe Cocker. L’esperto e intrigante Pagey (come lo soprannomineranno poi gli altri membri dei Led Zeppelin) “convince” in pochi minuti Plant a unirsi a lui. È questo l’inizio di una coppia che quanto a successo artistico e commerciale non sarà seconda nemmeno alla mitica e gloriosa Lennon-McCartney e che darà inizio ad una nuova era nella Storia della musica leggera.

In seguito alla morte del batterista John Bonham nel 1980 e al conseguente scioglimento dei Led Zeppelin, Plant nel 1982, esordisce da solista con Pictures at Eleven. L’anno successivo produce The Principle of Moment, disco registrato con l’ausilio di uno dei più grandi batteristi inglesi di sempre, Cozy Powell. Nel decennio 1985-1995 Plant appare sottotono, soprattutto per l’impossibilità di raggiungere con la voce le vette di un tempo (Shaken’n’Stirred, Now and Zen, Manic Nirvana e Fate of Nations ne sono un esempio) ma anche a causa dell’ombra dei Led Zeppelin che continua a gravare sulla sua figura: i paragoni fra “quello che faceva” prima e “quello che fa” ora sono impietosi e umilianti, ma spesso colgono nel segno. Plant non è professionalmente allo sbando e non si autodistrugge con alcool e droghe, ma sembra aver perso definitivamente lo smalto di un tempo.

Successivamente però, a partire dal 1994, il cantante inglese riesce finalmente ad affrancarsi dalla pesante eredità dei Led Zeppelin. A partire da No Quarter (1994), un album composto da registrazioni dal vivo e in studio realizzato insieme a Jimmy Page, Plant ritrova se stesso. Una nuova vena creativa che si manifesta sia nella reinterpretazione dei vecchi grandi successi dei Led Zeppelin che nella creazione di alcuni nuovi brani caratterizzati da una raffinatezza e un carattere del tutto particolari. All’età di quarantacinque anni “Percy” (come lo chiamavano gli altri membri del gruppo) dimostra che nonostante i noduli alle corde vocali (si era sottoposto a intervento chirurgico già nel 1975), le rughe e le mille avventure di una vita dall’intensità fuori dal normale, l’autentica passione per la musica e le doti artistiche sono tutt’altro che svanite e stanno anzi rifiorendo a nuova vita.

Il 2002 sarà poi l’anno di Dreamland ottimo disco che porterà la ritrovata qualità artistica di Plant a pieno compimento. L’ultima opera di Plant, Mighty Rearranger, è del 2005: un album diviso a metà fra la riscoperta delle origini Blues e il nuovo personalissimo stile mistico che tanto “deve” alla musica nordafricana e indiana.

Appassionato di calcio, Plant è tifoso del Wolverhampton Wanderers F.C.


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N. 5 GIACOMO AGOSTINI

Giacomo Agostini La leggenda corre su due ruote 16 giugno 1942

http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Agostini
Il padre lo voleva ragioniere, per questo quando Giacomo gli disse che avrebbe voluto correre in motocicletta, chiese consiglio al notaio di famiglia il quale, equivocando fra ciclismo e motociclismo, diede il suo assenso, con la motivazione che un po' di sport avrebbe sicuramente giovato al minuto ragazzo.

Così, con quello che si può benevolmente chiamare un colpo di fortuna, iniziò la carriera di Giacomo Agostini il più grande campione che il mondo delle due ruote abbia mai conosciuto (prima dell'avvento di Valentino Rossi, secondo molti). Il profilo della sua leggenda sta tutto nei numeri, che a metterli in fila hanno dell'impressionante. Quindici titoli mondiali (7 nella 350 e 8 nella 500), 122 Gran Premi vinti (54 in 350, 68 in 500, più 37 podi), oltre 300 successi complessivi, 18 volte campione italiano (2 da junior).

Nato il 16 giugno 1942 in una clinica di Brescia, primo di tre fratelli maschi, Giacomo Agostini è nativo di Lovere. I suoi genitori, Aurelio e Maria Vittoria, abitano tuttora in questo incantevole paesino sulle sponde del lago d'Iseo, dove il papà è stato messo comunale e possedeva una torbiera che figura ora tra le numerose attività che sono curate dal celebre figlio.

Come sempre succede a chi nasce per vocazione, Giacomo sente la passione per le moto in modo prepotente e poco più che bambino comincia a cavalcare un ciclomotore Aquilotto della Bianchi. Compiuti i diciott'anni ottiene finalmente dal padre quella che allora, insieme alla Ducati 125, era la moto più idonea per un principiante votato alla carriera di corridore: la Morini 175 Settebello, solida quattro tempi ad aste e bilancieri, in grado di raggiungere velocità massime intorno ai 160 km/h.

A diciannove anni con questa moto prende parte alla sua prima corsa, la salita Trento-Bondone del 1961 nella quale si classifica secondo. In principio sono proprio questo tipo di gare la specialità di Agostini, alle quali alterna presto le corse di velocità in circuito, sempre sulla stessa motocicletta, fino a quando, dopo essere stato notato dalla Morini, ottiene una macchina ufficiale al circuito di Cesenatico.

Nei 1963 Agostini conclude la sua attività di pilota di seconda categoria con le Morini 175 ufficiali, vincendo il campionato italiano della montagna, con otto vittorie e due secondi posti, e il campionato italiano di velocità juniores (sempre per la classe 175), aggiudicandosi tutte le gare in programma. Ma il 1963 doveva riservargli una soddisfazione più grande.

Senza che assolutamente potesse immaginarlo Giacomo Agostini viene chiamato da Alfonso Morini a fare da spalla a Tarquinio Provini addirittura nel Gran Premio delle Nazioni a Monza, il 13 settembre, terzultima prova di quel campionato del mondo che la monocilindrica Morini 250 sembrava potesse aggiudicarsi contro lo squadrone delle Honda capeggiato dal rhodesiano Jim Redman.

Ma se la Morini 250 andava bene per vincere in Italia, non era più competitiva contro le macchine giapponesi, nelle gare di campionato del mondo. "Ago", così era ormai stato soprannominato dai fans, lascia la marca bolognese per andare a Cascina Costa e firmare per la MV. E' il 1964; l'anno seguente fa il suo debutto sotto la nuova ala protettrice della casa giapponese. Il debutto è felice, perché già nella prima gara della stagione sulla pista di Modena vince: alla fine si aggiudica tutte le prove del campionato italiano.

Le gare del mondiale sono però tutt'altra cosa ed Ago si deve accontentare di restare nella scia di Mike Hailwod, che passerà a fine stagione alla Honda.

Nel 1966 Agostini si trova a gareggiare nel campionato mondiale contro il suo ex compagno di squadra: vince due prove mondiale nella 350 cc. contro le sei del campione inglese che dunque si aggiudica il titolo. A quel punto, il desiderio di rivalsa di Ago è immenso. Passato alla 500, vince il suo primo titolo, dando inizio alla leggenda, poi estesa anche alla stessa classe 350.

Agostini domina le due classi regine incontrastato fino al 1972, anno dell'arrivo sulla scena del mondiale di Saarinen e della Yamaha. Ma non è finita, Renzo Pasolini risaliva la scala dei valori e in sella alla Aermacchi - Harley Davison 350 cc. tenta di gareggiare alla pari con Agostini, che nel frattempo opta per la quattro cilindri Cascina Costa. Quell'anno riesce a vincere il titolo della 350, ma da quel momento vincere diventerà sempre più difficile. La stagione più problematica è quella del 1973, a causa di moto che non garantiscono più la certezza della vittoria.

E' il 20 maggio 1973 quando perdono la vita a Monza Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, gettando nello sgomento tutto il mondo motociclistico. Agostini riconquista in quel triste frangente il titolo nella 350, mentre Read migliora nella 500. L'anno successivo Ago passa dalla MV alla Yamaha, celebre per il suo motore a due tempi. La domanda d'obbligo degli appassionati d'allora era se il campione sarebbe riuscito a confermare la sua superiorità anche con una moto simile. Il suo capolavoro resta Daytona dove vince sulla pista americana. Ma convince tutti anche sulla pista di Imola nelle 200 miglia.
Nello stesso anno vince il titolo mondiale delle 350, mentre nella 500 Read e Bonera, con la MV, lo superano. Anche la Yamaha di Lansivuori passa davanti nella gara per il mondiale.


Nel 1975 arriva nel circo del motociclismo mondiale un giovane venezuelano di nome Jonny Cecotto che vince il titolo mondiale nella 350. Nelle 500, dopo memorabili battaglie con Read, Giacomo Agostini riesce a conquistare il suo 15° ed ultimo titolo mondiale all'età di 33 anni

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