Il mistero di Oak Island
La più lunga e dispendiosa caccia al tesoro della storia: il "Money Pit " a cura di S. Tansini
Al largo delle coste orientali del Canada, in quella regione oggi denominata Nova Scotia, trova dimora, tra le acque di mari spesso tormentati e sferzati da forti venti, una piccola isola le cui coste, viste dall’alto, ricordano vagamente l’immagine di una foglia. E’ un’isola poco nota e, al di fuori dei ristretti confini del Nord America orientale, quasi del tutto sconosciuta. Al giorno d’oggi è totalmente inaccessibile e relegata allo status di un piccolo feudo privato di un eccentrico proprietario terriero la cui principale passione è la ricerca dei tesori nascosti, ma può fregiarsi di un passato ricco di storia e di leggenda, popolato da persone animate da grande spirito d’avventura, da pirati e galeoni pieni d’oro, ricchi affaristi e uomini senza scrupoli capaci, dal settecento in poi, di cambiare radicalmente e per sempre la natura e l’aspetto di quello che, fino alla fine del Settecento, era stato una sorta di paradiso in terra, dove uniche padrone incontrastate erano una flora e una fauna ancora primigenie.
Oak Island, questo il nome dell’isola, iniziò a costruirsi la propria leggenda nel lontano 1795, inconsapevolmente e in un modo del tutto casuale, quando Daniel McGinnis (o McInnis secondo altre fonti), al tempo poco più che adolescente, scoprì, durante uno dei suoi consueti giri di perlustrazione alla ricerca di uno dei numerosi tesori di pirati di cui narrano le storie locali, una profonda depressione del terreno nel corso di una passeggiata sull’isola. A sorprenderlo non fu però la depressione in sé quanto una vecchia carrucola appesa ad un grosso ramo di una quercia (riguardo a questa carrucola si è detto e scritto molto nel corso del tempo e per i più scettici non si tratterebbe altro che di un aneddoto apocrifo aggiunto alla leggenda di Oak Island decenni dopo il 1795).
Con l’aiuto di alcuni compagni il ragazzo iniziò a scavare nel luogo dove si trovava la depressione, spinto dalla promessa di riportare alla luce un tesoro sepolto, ma quello che trovò fu altro: dapprima, quasi a livello della superficie del terreno, fu rinvenuto uno strato di pietre molto dure, poi, dopo uno scavo di circa tre metri, un strato composto da legno marcio. McGinnis e gli amici che lo stavano aiutando, per nulla demoralizzati dagli scarsi e certo inaspettati risultati, scavarono ancora per altri quattro metri e mezzo, ma, imbattutisi in quello che a prima vista sembrava un pozzo, sia per l’ora tarda che per la stanchezza, desistettero.
Nessuno diede troppo credito alla loro avventura e loro stessi non fecero molto per divulgarla: senza l’appoggio di altre persone non sarebbero riusciti mai a trovare nulla poiché tutto ciò di cui disponevano non era altro che qualche rudimentale attrezzo di scavo, ma dopo le prime timide e vaghe risposte alle loro richieste d’aiuto, decisero di abbandonare la loro caccia la tesoro.
Per anni questa vicenda cadde nell’oblio e i suoi stessi protagonisti sembrarono dimenticarsene. Il tutto si sarebbe potuto concludere con questo anonimo epilogo, ma accadde un qualcosa di inaspettato che riportò Oak Island ed il suo tesoro nascosto prepotentemente alla ribalta. Un ricco uomo d’affari proveniente dalla città di Onslow, Simeon Lynds il suo nome, si presentò sull’isola accompagnato dall’idea di un grandioso e utopistico progetto: realizzare un consorzio di cercatori di tesori (poi denominato Onslow Company) e venuto a conoscenza dell’avventura dei tre ragazzi di Oak Island decise di scegliere quell’isola, già famosa per le leggende di pirati che arricchivano il suo passato storico, come sede ideale per vita al suo sogno. A metà del primo decennio dell’Ottocento la Onslow Company iniziò così i lavori sul pozzo aperto da McGinnis e dai suoi amici meno di un decennio prima.
I lavori di scavo, soprattutto per la particolare natura del terreno, molto umido e spesso impregnato d’acqua, furono tutt’altro che agevoli, ma fu comunque possibile conseguire interessanti scoperte: tra diversi strati di carbone, terreno argilloso e un non meglio identificato altro materiale, ad intervalli sorprendentemente regolari, furono rinvenuti strati composti da assi di legno ormai in frantumi, presumibilmente legno di quercia. Poi, ad una trentina di metri di profondità fu rinvenuta una pietra piatta con iscrizioni indecifrabili. I lavori, dopo questi iniziali rinvenimenti, proseguirono alacremente e, sondando il terreno in fondo al pozzo con attrezzi di metallo, gli operai della compagnia di Lynds rinvennero un qualcosa che all’apparenza poteva sembrare uno scrigno: l’agognato tesoro!
Al momento del ritrovamento, però, le tenebre avevano già scalzato le luci del giorno e nell’impossibilità oggettiva di proseguire i lavori, ogni attività di scavo e ricerca fu interrotta per la notte. La mattina seguente, mentre si stava già favoleggiando delle immani ricchezze contenute nello scrigno, un’amara quanto inattesa visione si presentò agli occhi di tutti coloro che lavoravano nel cantiere: nel corso della nottata il pozzo si era quasi interamente allagato!
A quel punto l’opera di scavo si presentava ormai improba e nonostante gli stimoli causati dai ritrovamenti del giorno prima, dopo vari tentativi fatti per dragare l’acqua non si riuscì più ad approdare a nulla. Infruttuosi tentativi si protrassero per giorni, ma, nella più totale latitanza di tangibili risultati, soverchiata dai debiti, la compagnia fallì nel breve volgere di poche settimane.
Fino a metà dell’Ottocento il pozzo di Oak Island, ormai martoriato dagli uomini di Lynds, e la leggenda del suo fantomatico tesoro tornarono a languire nell’oblio per lunghi anni.
Nel 1849, una nuova compagnia, la Truro Company, decise di riprendere gli scavi. L’acqua rappresentava ancora il principale problema, ma, anche in virtù di tecnologie più avanzate, riuscirono a perforare il terreno, raggiungendo una profondità maggiore rispetto a quella ottenuta della Onslow Company. Tra la melma ed il fango vennero rinvenuti ancora strati di svariato materiale e, sempre a scadenze regolari, assi di legno ormai consunte dal tempo, ma soprattutto furono portati alla luce tre anelli appartenenti, presumibilmente, ad una catena d’oro! Forse la scoperta del tesoro si stava
avvicinando. Tuttavia, le interessanti scoperte dei primi giorni di lavoro non furono seguite da altri risultati apprezzabili e la Truro Company decise di sospendere i lavori l’anno seguente.
Dopo l’ennesimo periodo di stasi fu la Oak Island Association, ad assumersi l’onere di proseguire l’opera di scavo, ma memore dei fallimenti precedenti, studiò un nuovo approccio al problema: intercettare il tunnel che alimentava d'acqua il pozzo del tesoro (ormai conosciuto agli addetti ai lavori e a agli estranei con quel nome che tutt’ora rappresenta ed identifica Oak Island stessa: "Money
Pit"). Nonostante l’imponente studio sul campo e gli accurati lavori preparatori, l’opera intrapresa si rivelò però un completo fallimento: il Money Pit collassò su se stesso e un denso tappo di acqua e fango sembrò seppellire per sempre il tesoro. Da allora in poi il numero dei cercatori di fortuna e delle compagnie che, più o meno senza buona sorte alcuna, proseguirono il lavoro iniziato decenni addietro dalla Onslow Company si moltiplicò senza sosta: la Oak Island Eldorado Company e la Oak Island Treasure Company furono le prime, in ordine di tempo a proseguire i lavori di scavo, ma non giunsero ad alcun apprezzabile risultato, ad eccezione del ritrovamento di un frammento di pergamena con vergate due incomprensibili lettere.
Intanto, in seguito all’aumentare delle persone coinvolte nella ricerca, iniziarono anche ad essere registrati diversi decessi. Il primo a perdere la vita fu un operaio della Truro Company, deceduto in seguito ad un’esplosione, ma, alla vigilia del Novecento il numero delle morti raggiunse già le sei unità.
Pur senza significativi dispiegamenti di forze, soprattutto se rapportato all’affannosa ricerca dell’Ottocento, gli scavi nel Money Pit e nel territorio circostante proseguirono anche nello scorso secolo, ma di fatto non portarono null’altro che un vero e proprio scempio ambientale sull’isola, orami ridotta ad una ammasso di terra martoriata privata per sempre della sua bellezza originaria.
Sull’isola esiste veramente "qualcosa"? I fatti dimostrano che non esiste alcun tesoro nascosto e che probabilmente decine e decine di uomini si sono per decenni accaniti alla ricerca di...
NULLA! Tuttavia sono diverse le perone che avanzano teorie e sostegno della tesi opposta e che si accaniscono con forza contro i loro denigratori. Tralasciando coloro che propendono per la tesi del tesoro di origine piratesca
risalente al Seicento (per certi aspetti la tesi più comprovabile e accertabile storicamente), la corrente di pensiero, in un certo senso, più "autorevole" a favore della tesi del tesoro nascosto (da intendersi in senso lato, non semplicemente come un ammasso di monete ed oggetti preziosi) sostiene che nelle viscere dell’isola si celi persino il
Graal. In seguito all’arresto dei Templari avvenuto nel 1307, sostengono, una flotta di Cavalieri salpò da La Rochelle verso una destinazione ignota. Probabilmente approdarono in Scozia dove instaurarono vincoli di amicizia
con il principe Henry
St. Clair, il terzo Lord di Rosslyn. Uno scrittore di nome Andrew
Sinclair, a suo dire diretto discendente di Henry St. Clair, afferma poi che i suoi antenati, insieme ai Templari, avrebbero intrapreso nel 1398 una spedizione verso il continente americano al fine di creare una nuova Gerusalemme. Sempre secondo
Sinclair, avrebbero fondato due colonie, una nel Rhode Island ed una in Nova
Scotia. Proprio in Nova Scotia avrebbero quindi intrapreso i lavori di scavo di quello che poi sarebbe stato noto come Money
Pit, sul fondo del quale sarebbe stato custodito il tesoro che i Templari avevano accumulato in
Terrasanta, Graal compreso.
Tuttavia, affrontando criticamente la questione e limitandosi ai soli dati accertati, la verità dei fatti è una sola: non esiste prova alcuna che sull’isola ci sia un tesoro nascosto, qualunque sia la sua natura. Anche quei particolari maggiormente sfruttati per comprovare la tesi dell’esistenza di favolose ricchezze sotto il suolo dell’isola, come la pietra con misteriose incisioni, i tre anelli d’oro o la pergamena, sembrano più che altro aneddoti apocrifi, più o meno intenzionalmente aggiunti dai narratori e dai testimoni oculari per "colorare" tutta la vicenda. Inoltre, i numerosi intoppi e problemi nelle operazioni di scavo, diversamente da quanto affermano i più accaniti sostenitori della tesi del tesoro nascosto, più che trappole artificialmente predisposte (come il continuo allagamento del Money
Pit, per esempio) sembrano causati da eventi del tutto naturali, strettamente connessi alla complicata geologia dell’isola.
Ma le teorie sul tesoro nascosto continuano tuttavia a fiorire ancora oggi, non limitandosi a "scomodare" solamente i templari: per alcuni il Money Pit rappresenta interessanti analogie con i ritrovamenti e le pergamene di Saunière a Rennes le Chateau e celerebbe importanti segreti sulla morte e sulla vita di Cristo; per altri tutta la vicenda non è null’altro che un’allegoria di stampo massonico e l’agognato tesoro consisterebbe non in ricchezze, ma in una sorta di arricchimento spirituale; altri ancora richiamano tesi ispirate ai misteri dell’antico Egitto e della fantomatica camera segreta della grande Piramide, citando, tra l’altro, profezie in merito di Edgar
Cayce; altri, infine, richiamano improbabili ipotesi extraterrestri
fonte - http://www.daltramontoallalba.it/misteri/moneypit.htm
La più lunga e dispendiosa caccia al tesoro della storia: il "Money Pit " a cura di S. Tansini
Al largo delle coste orientali del Canada, in quella regione oggi denominata Nova Scotia, trova dimora, tra le acque di mari spesso tormentati e sferzati da forti venti, una piccola isola le cui coste, viste dall’alto, ricordano vagamente l’immagine di una foglia. E’ un’isola poco nota e, al di fuori dei ristretti confini del Nord America orientale, quasi del tutto sconosciuta. Al giorno d’oggi è totalmente inaccessibile e relegata allo status di un piccolo feudo privato di un eccentrico proprietario terriero la cui principale passione è la ricerca dei tesori nascosti, ma può fregiarsi di un passato ricco di storia e di leggenda, popolato da persone animate da grande spirito d’avventura, da pirati e galeoni pieni d’oro, ricchi affaristi e uomini senza scrupoli capaci, dal settecento in poi, di cambiare radicalmente e per sempre la natura e l’aspetto di quello che, fino alla fine del Settecento, era stato una sorta di paradiso in terra, dove uniche padrone incontrastate erano una flora e una fauna ancora primigenie.
Oak Island, questo il nome dell’isola, iniziò a costruirsi la propria leggenda nel lontano 1795, inconsapevolmente e in un modo del tutto casuale, quando Daniel McGinnis (o McInnis secondo altre fonti), al tempo poco più che adolescente, scoprì, durante uno dei suoi consueti giri di perlustrazione alla ricerca di uno dei numerosi tesori di pirati di cui narrano le storie locali, una profonda depressione del terreno nel corso di una passeggiata sull’isola. A sorprenderlo non fu però la depressione in sé quanto una vecchia carrucola appesa ad un grosso ramo di una quercia (riguardo a questa carrucola si è detto e scritto molto nel corso del tempo e per i più scettici non si tratterebbe altro che di un aneddoto apocrifo aggiunto alla leggenda di Oak Island decenni dopo il 1795).
Con l’aiuto di alcuni compagni il ragazzo iniziò a scavare nel luogo dove si trovava la depressione, spinto dalla promessa di riportare alla luce un tesoro sepolto, ma quello che trovò fu altro: dapprima, quasi a livello della superficie del terreno, fu rinvenuto uno strato di pietre molto dure, poi, dopo uno scavo di circa tre metri, un strato composto da legno marcio. McGinnis e gli amici che lo stavano aiutando, per nulla demoralizzati dagli scarsi e certo inaspettati risultati, scavarono ancora per altri quattro metri e mezzo, ma, imbattutisi in quello che a prima vista sembrava un pozzo, sia per l’ora tarda che per la stanchezza, desistettero.
Nessuno diede troppo credito alla loro avventura e loro stessi non fecero molto per divulgarla: senza l’appoggio di altre persone non sarebbero riusciti mai a trovare nulla poiché tutto ciò di cui disponevano non era altro che qualche rudimentale attrezzo di scavo, ma dopo le prime timide e vaghe risposte alle loro richieste d’aiuto, decisero di abbandonare la loro caccia la tesoro.
Per anni questa vicenda cadde nell’oblio e i suoi stessi protagonisti sembrarono dimenticarsene. Il tutto si sarebbe potuto concludere con questo anonimo epilogo, ma accadde un qualcosa di inaspettato che riportò Oak Island ed il suo tesoro nascosto prepotentemente alla ribalta. Un ricco uomo d’affari proveniente dalla città di Onslow, Simeon Lynds il suo nome, si presentò sull’isola accompagnato dall’idea di un grandioso e utopistico progetto: realizzare un consorzio di cercatori di tesori (poi denominato Onslow Company) e venuto a conoscenza dell’avventura dei tre ragazzi di Oak Island decise di scegliere quell’isola, già famosa per le leggende di pirati che arricchivano il suo passato storico, come sede ideale per vita al suo sogno. A metà del primo decennio dell’Ottocento la Onslow Company iniziò così i lavori sul pozzo aperto da McGinnis e dai suoi amici meno di un decennio prima.
I lavori di scavo, soprattutto per la particolare natura del terreno, molto umido e spesso impregnato d’acqua, furono tutt’altro che agevoli, ma fu comunque possibile conseguire interessanti scoperte: tra diversi strati di carbone, terreno argilloso e un non meglio identificato altro materiale, ad intervalli sorprendentemente regolari, furono rinvenuti strati composti da assi di legno ormai in frantumi, presumibilmente legno di quercia. Poi, ad una trentina di metri di profondità fu rinvenuta una pietra piatta con iscrizioni indecifrabili. I lavori, dopo questi iniziali rinvenimenti, proseguirono alacremente e, sondando il terreno in fondo al pozzo con attrezzi di metallo, gli operai della compagnia di Lynds rinvennero un qualcosa che all’apparenza poteva sembrare uno scrigno: l’agognato tesoro!
Al momento del ritrovamento, però, le tenebre avevano già scalzato le luci del giorno e nell’impossibilità oggettiva di proseguire i lavori, ogni attività di scavo e ricerca fu interrotta per la notte. La mattina seguente, mentre si stava già favoleggiando delle immani ricchezze contenute nello scrigno, un’amara quanto inattesa visione si presentò agli occhi di tutti coloro che lavoravano nel cantiere: nel corso della nottata il pozzo si era quasi interamente allagato!
A quel punto l’opera di scavo si presentava ormai improba e nonostante gli stimoli causati dai ritrovamenti del giorno prima, dopo vari tentativi fatti per dragare l’acqua non si riuscì più ad approdare a nulla. Infruttuosi tentativi si protrassero per giorni, ma, nella più totale latitanza di tangibili risultati, soverchiata dai debiti, la compagnia fallì nel breve volgere di poche settimane.
Fino a metà dell’Ottocento il pozzo di Oak Island, ormai martoriato dagli uomini di Lynds, e la leggenda del suo fantomatico tesoro tornarono a languire nell’oblio per lunghi anni.
Nel 1849, una nuova compagnia, la Truro Company, decise di riprendere gli scavi. L’acqua rappresentava ancora il principale problema, ma, anche in virtù di tecnologie più avanzate, riuscirono a perforare il terreno, raggiungendo una profondità maggiore rispetto a quella ottenuta della Onslow Company. Tra la melma ed il fango vennero rinvenuti ancora strati di svariato materiale e, sempre a scadenze regolari, assi di legno ormai consunte dal tempo, ma soprattutto furono portati alla luce tre anelli appartenenti, presumibilmente, ad una catena d’oro! Forse la scoperta del tesoro si stava
avvicinando. Tuttavia, le interessanti scoperte dei primi giorni di lavoro non furono seguite da altri risultati apprezzabili e la Truro Company decise di sospendere i lavori l’anno seguente.
Dopo l’ennesimo periodo di stasi fu la Oak Island Association, ad assumersi l’onere di proseguire l’opera di scavo, ma memore dei fallimenti precedenti, studiò un nuovo approccio al problema: intercettare il tunnel che alimentava d'acqua il pozzo del tesoro (ormai conosciuto agli addetti ai lavori e a agli estranei con quel nome che tutt’ora rappresenta ed identifica Oak Island stessa: "Money
Pit"). Nonostante l’imponente studio sul campo e gli accurati lavori preparatori, l’opera intrapresa si rivelò però un completo fallimento: il Money Pit collassò su se stesso e un denso tappo di acqua e fango sembrò seppellire per sempre il tesoro. Da allora in poi il numero dei cercatori di fortuna e delle compagnie che, più o meno senza buona sorte alcuna, proseguirono il lavoro iniziato decenni addietro dalla Onslow Company si moltiplicò senza sosta: la Oak Island Eldorado Company e la Oak Island Treasure Company furono le prime, in ordine di tempo a proseguire i lavori di scavo, ma non giunsero ad alcun apprezzabile risultato, ad eccezione del ritrovamento di un frammento di pergamena con vergate due incomprensibili lettere.
Intanto, in seguito all’aumentare delle persone coinvolte nella ricerca, iniziarono anche ad essere registrati diversi decessi. Il primo a perdere la vita fu un operaio della Truro Company, deceduto in seguito ad un’esplosione, ma, alla vigilia del Novecento il numero delle morti raggiunse già le sei unità.
Pur senza significativi dispiegamenti di forze, soprattutto se rapportato all’affannosa ricerca dell’Ottocento, gli scavi nel Money Pit e nel territorio circostante proseguirono anche nello scorso secolo, ma di fatto non portarono null’altro che un vero e proprio scempio ambientale sull’isola, orami ridotta ad una ammasso di terra martoriata privata per sempre della sua bellezza originaria.
Sull’isola esiste veramente "qualcosa"? I fatti dimostrano che non esiste alcun tesoro nascosto e che probabilmente decine e decine di uomini si sono per decenni accaniti alla ricerca di...
NULLA! Tuttavia sono diverse le perone che avanzano teorie e sostegno della tesi opposta e che si accaniscono con forza contro i loro denigratori. Tralasciando coloro che propendono per la tesi del tesoro di origine piratesca
risalente al Seicento (per certi aspetti la tesi più comprovabile e accertabile storicamente), la corrente di pensiero, in un certo senso, più "autorevole" a favore della tesi del tesoro nascosto (da intendersi in senso lato, non semplicemente come un ammasso di monete ed oggetti preziosi) sostiene che nelle viscere dell’isola si celi persino il
Graal. In seguito all’arresto dei Templari avvenuto nel 1307, sostengono, una flotta di Cavalieri salpò da La Rochelle verso una destinazione ignota. Probabilmente approdarono in Scozia dove instaurarono vincoli di amicizia
con il principe Henry
St. Clair, il terzo Lord di Rosslyn. Uno scrittore di nome Andrew
Sinclair, a suo dire diretto discendente di Henry St. Clair, afferma poi che i suoi antenati, insieme ai Templari, avrebbero intrapreso nel 1398 una spedizione verso il continente americano al fine di creare una nuova Gerusalemme. Sempre secondo
Sinclair, avrebbero fondato due colonie, una nel Rhode Island ed una in Nova
Scotia. Proprio in Nova Scotia avrebbero quindi intrapreso i lavori di scavo di quello che poi sarebbe stato noto come Money
Pit, sul fondo del quale sarebbe stato custodito il tesoro che i Templari avevano accumulato in
Terrasanta, Graal compreso.
Tuttavia, affrontando criticamente la questione e limitandosi ai soli dati accertati, la verità dei fatti è una sola: non esiste prova alcuna che sull’isola ci sia un tesoro nascosto, qualunque sia la sua natura. Anche quei particolari maggiormente sfruttati per comprovare la tesi dell’esistenza di favolose ricchezze sotto il suolo dell’isola, come la pietra con misteriose incisioni, i tre anelli d’oro o la pergamena, sembrano più che altro aneddoti apocrifi, più o meno intenzionalmente aggiunti dai narratori e dai testimoni oculari per "colorare" tutta la vicenda. Inoltre, i numerosi intoppi e problemi nelle operazioni di scavo, diversamente da quanto affermano i più accaniti sostenitori della tesi del tesoro nascosto, più che trappole artificialmente predisposte (come il continuo allagamento del Money
Pit, per esempio) sembrano causati da eventi del tutto naturali, strettamente connessi alla complicata geologia dell’isola.
Ma le teorie sul tesoro nascosto continuano tuttavia a fiorire ancora oggi, non limitandosi a "scomodare" solamente i templari: per alcuni il Money Pit rappresenta interessanti analogie con i ritrovamenti e le pergamene di Saunière a Rennes le Chateau e celerebbe importanti segreti sulla morte e sulla vita di Cristo; per altri tutta la vicenda non è null’altro che un’allegoria di stampo massonico e l’agognato tesoro consisterebbe non in ricchezze, ma in una sorta di arricchimento spirituale; altri ancora richiamano tesi ispirate ai misteri dell’antico Egitto e della fantomatica camera segreta della grande Piramide, citando, tra l’altro, profezie in merito di Edgar
Cayce; altri, infine, richiamano improbabili ipotesi extraterrestri
fonte - http://www.daltramontoallalba.it/misteri/moneypit.htm
Commenti
Posta un commento