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Benedetto XVI sbarca su Twitter
L'account ufficiale in italiano e' @pontifex_it

Benedetto XVI sbarca su Twitter. Il Papa teologo che scrive a mano i suoi testi ha deciso di accogliere in prima persona la sfida dei social network ed in particolare di quello tra i piu' popolari al momento, 'sottomettendosi' al rigido ma comunicativamente efficace limite dei 140 caratteri per tweet. 

L'account ufficiale in italiano e' "@pontifex_it", e nelle altre principali lingue cambierà solo la sigla paese: per esempio "@pontifex_es" sarà per lo spagnolo. Lo annuncia il Vaticano. Per ora è in 7 lingue, compreso arabo, e altre lingue potrebbero essere aggiunge in seguito. 

Sarà il Papa a "lanciare" il primo tweet, il 12 dicembre (festa di Nostra Signora di Guadalupe) intorno alle 12, durante l'udienza generale. Probabilmente verranno lanciati estratti significativi della catechesi. Al Papa si potranno anche rivolgere domande sulla fede, e sull'Anno della fede, che potrà ricevere attraverso #askpontifex, quello che nel gergo di twitter è un "hastag". 

Di certo, anche se il Pontefice sara' senz'altro coadiuvato nella gestione dell'account e difficilmente digitera' in prima persona i tweet, il loro contenuto verra' da lui visionato prima di essere pubblicato in Rete. Se infatti Benedetto XVI non ha mai avuto un rapporto personale troppo stretto col computer - nel luglio del 2009, quando il Papa visto il polso fratturato ebbe un pc in regalo per completare il libro su Gesu', padre Lombardi confido' che Ratzinger non lo utilizzava poiche' non abituato - e' pero' sempre stato ben consapevole delle straordinarie capacita' comunicative dei new media e degli stessi social network. Da tempo incoraggia un loro uso consapevole anche e soprattutto ai fini della nuova evangelizzazione. 

Ad esempio, nel messaggio per la 46ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI rilevava come ''nella essenzialita' di brevi messaggi, spesso non piu' lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorita'''. In vista della Gmg di Rio de Janeiro dell'anno prossimo poi, non piu' di due settimane fa, il Papa invitava proprio i giovani a farsi interpeti della sfida della nuova evangelizzazione, da portare avanti anzitutto sul Web e sui nuovi media. 

Twitter in particolare poi, si e' rivelato uno strumento assai gradito da cardinali e vescovi sia all'interno della Curia romana sia nelle diocesi del mondo. Lo utilizzano, tanto per dirne un paio, cardinali come il brasiliano Scherer e il sudafricano Napier. Molto attivo sul popolare social network e' anche il presidente del pontificio consiglio della Cultura il cardinale Gianfranco Ravasi che ha coniugato, secondo il suo stile, tradizione e avanguardia. Quotidianamente twitta versetti della Bibbia e di recente si e' lanciato persino in un tweet in latino, lingua ufficiale del Vaticano che il Papa vuole rilanciare e valorizzare. Che anche Ratzinger twitti alla maniera di Cicerone? 

Fonte: ANSA
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Raid vandalico alla tenuta di Montalcino: 60 mila litri di Brunello dispersi nelle fogne


Un vero e proprio raid, un atto vandalico in piena regola è stato subito da una delle aziende vinicole che producono il Brunello di Montalcino. Alcuni ignoti sono riusciti ad entrare nell’azienda di produzione, “Case Basse”, con l’intento di distruggere tutto. Almeno seicento ettolitri di vino doc sono andati perduti. A confermarlo, è stato Gianfranco Soldera, proprietario dell’azienda.
Gli ignoti avrebbero agito indisturbati la notte scorsa, senza commettere ulteriori furti. Infatti, secondo la prima ricostruzione, non manca nessuna bottiglia, nessuna botte o altro materiale. L’intento degli  ignoti forse, come dimostrato, era solo quello di “distruggere”. I vandali, che nessuno è riuscito a vedere, nemmeno nei dintorni, sono entrati in azienda in piena notte. Per prima cosa hanno aperto i rubinetti delle botti e delle barriques, non hanno distrutto nulla, ma si sono solamente accertati che il vino andasse a finire nelle fogne.
I carabinieri della stazione di Montalcino, intervenuti successivamente, hanno precisato che in totale sono andati persi ben 686 ettolitri di vino. I vandali sono entrati da una porta con vetro antisfondamento accedendo ad un’area non dotata di alcun sistema di allarme.
Il vino andato perduto era stato prodotto negli ultimi sei anni, dal 2007 al 2012. L’azienda Case Basse lavora su 23 ettari di terreno, 6,5 di vigneti, con una produzione di oltre diecimila bottiglie all’anno.
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Storico voto sulla Palestina all'Onu

Con 138 si'. Abu Mazen: 'Crediamo nella pace'. Netanyahu: 'Discorso ostile e velenoso'


In una giornata storica, la Palestina è diventata ieri Stato osservatore dell'Onu: 138 i sì nel voto al Palazzo di vetro, 9 i no e 41 gli astenuti. Contrari gli Usa; a favore l'Italia, che incassa la "grande delusione" di Israele. Festa a Ramallah. Netanyahu attacca Abu Mazen. Opposizione oggi in piazza in Egitto e Kuwait. A Tokyo la riunione degli 'Amici della Siria

TERZI, ITALIA CERTA DI AMICIZIA CON ISRAELE - Il sì dell'Italia alla Palestina stato osservatore all'Onu è stata "una decisione sicuramente ponderata, la linea del governo italiano è stata espressa dalla presidenza del consiglio ed è stata ben chiarita ieri nel comunicato del presidente del Consiglio". Così il ministro degli Esteri Giulio Terzi sottolineando che 'l'Italia è "fortemente convinta del suo rapporto di amicizia con Israele e con i palestinesi ed è una priorità anche il rapporto con gli Stati Uniti'. "L'Italia - ha aggiunto il titolare della Farnesina - sostiene il consolidamento del fondamento democratico dello Stato palestinese che si configura nell'autorità palestinese" e "non ci sono speculazioni di politica interna palestinese che si possano fare". I palestinesi ora si "impegnino a risedersi al tavolo del negoziati" con Israele "senza precondizioni". Lo ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi all'indomani del sì all'Onu alla Palestina come Stato osservatore. Questa vittoria palestinese, inoltre, non deve essere sfruttata per "avviare procedimenti presso la Corte penale internazionale" contro Israele e ci deve essere "l'impegno a vedere nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza una chiave fondamentale per portare avanti il negoziato"

DATA STORICA PER LA PALESTINA di Ugo Caltagirone - In una giornata che sarà ricordata nei libri di storia, la Palestina diventa "Stato osservatore" dell'Onu. Esattamente 65 anni dopo il voto sulla spartizione della Terra Santa in due Stati (era il 29 novembre del 1947, e persino un giovedì), l'Assemblea generale delle Nazioni Unite si rende protagonista di un'altra giornata memorabile, approvando con 138 voti su 193 una risoluzione che il presidente dell'Anp Abu Mazen ha voluto con forza. E che i vertici dell'Autorità nazionale palestinese considerano solo un primo passo verso la nascita di un vero e proprio Stato e verso il riconoscimento della Palestina come Paese membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

"La Palestina crede nella pace e il voto di oggi è l'ultima chance per salvare la soluzione dei due Stati", ha affermato il leader dell'Anp davanti all'Assemblea che lo ha accolto con un calorosissimo applauso. Assemblea a cui ha chiesto di dare alla Palestina "un certificato di nascita" come Stato. Per Abu Mazen si tratta di un'enorme vittoria diplomatica, che lo rafforza anche sul fronte interno e nei confronti di Hamas.

"Noi siamo qui mentre stiamo ancora seppellendo i martiri a Gaza", ha detto non rinunciando ad alcune battute polemiche nei confronti di Israele. Il sì alla Palestina da parte dell'Assemblea Onu, invece, consegna alla storia un mondo occidentale diviso: con gli Stati Uniti al fianco di Israele nel dire 'no' e i Paesi europei in ordine sparso, incapaci di parlare con una sola voce e di raggiungere una posizione comune. Posizione che aveva auspicato l'Italia, a cui fino all'ultimo ha lavorato la diplomazia del nostro Paese, che alla fine ha optato a favore della risoluzione insieme a Francia, Spagna e molti altri Stati della Ue. Provocando però la reazione dell'ambasciata israeliana a Roma che parla di "forte delusione".

"Abbiamo deciso di votare sì alla luce dell'approccio costruttivo del presidente Abu Mazen sulla ripresa senza condizione dei negoziati", ha spiegato l'ambasciatore Cesare Maria Ragaglini, rappresentante permanente al Palazzo di Vetro dal podio dell'Assemblea Generale. Altri Stati europei, come Germania e Regno Unito, si sono invece astenuti. Ma ai palestinesi - in festa con scene di vero tripudio per le strade di Ramallah - questo poco importa. Quello che conta oggi è lo storico riconoscimento, votato dalla gran parte della comunità internazionale. Questo nonostante il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, a poche ore dal voto sia tornato a ribadire con forza che la decisione dell'Assemblea delle Nazioni Unite "non avvicinerà la costituzione di uno Stato della Palestina. Anzi - ha sottolineato - l'allontanerà".

Ancora più dure le sue parole dopo che l'Assemblea Onu si è pronunciata, con l'intervento di Abu Mazen definito "ostile e velenoso" e dai toni che non si conciliano con la richiesta di pace. Sulla stessa linea gli Stati Uniti, con Hillary Clinton e la sua possibile erede al Dipartimento di Stato, l'ambasciatrice all'Onu Susan Rice, che hanno definito il voto "controproducente" e che "pone nuovi ostacoli alla pace".

Per gli israeliani, come per Washington, un vero e proprio Stato palestinese che viva in pace e sicurezza accanto ad Israele può scaturire solo da un negoziato che porti a un definitivo e duraturo accordo di pace. Netanyahu, quindi, assicura come il voto all'Onu di fatto non cambi nulla: "Non sarà costituito uno Stato palestinese senza il riconoscimento di Israele come Stato del popolo ebraico, senza la proclamazione della fine del conflitto e senza misure di sicurezza reali che difendano lo Stato di Israele e i suoi abitanti". Da domani però qualcosa cambia. E il neo 'Stato palestinese', per esempio, avrà accesso a molti trattati e organizzazioni internazionali che finora gli erano preclusi. A partire dalla Corte penale internazionale, davanti alla quale i palestinesi potrebbero decidere di portare Israele per denunciare la questione dei Territori Occupati.

Questo uno dei timori più grandi degli israeliani e di molti altri Paesi, anche se i vertici dell'Anp hanno assicurato che non compiranno tale passo automaticamente: dipenderà dalla politica che Israele deciderà di portare avanti sul fronte degli insediamenti. Intanto Abu Mazen guarda già alla prossima sfida, questa sì impossibile e simbolica: il sì alla Palestina Stato membro dell'Onu da parte del Consiglio di sicurezza. Una mossa già tentata dal presidente dell'Anp ma che si è inevitabilmente scontrata con il veto degli Stati Uniti. L'auspicio di tutti, però, è che dalla storica giornata al Palazzo di Vetro nasca una nuova spinta verso il dialogo. In questo senso il segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon ha lanciato un chiaro appello a israeliani e palestinesi: "E' giunta l'ora di rianimare il processo di pace". Un processo di pace in stallo da troppo tempo.

Fonte: ANSA

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