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in occasione del centocinquantennale dello stato Italiano

ITALIANI CHE HAN FATTO L' ITALIA

Giuseppe Mazzini

Nato a Genova il 22 giugno 1805 da Giacomo, professore della locale facoltà di medicina, e da
Maria Drago, Giuseppe Mazzini crebbe in una città che, dopo avere sperimentato la dominazione francese, era stata annessa con tutto il territorio della Repubblica Ligure al Piemonte. I suoi primi anni di vita, segnati da una condizione fisica abbastanza delicata, furono particolarmente ricchi di stimoli, sia per l’azione educatrice della madre sia per l’opera di alcuni istitutori: il piccolo Pippo, come lo si sarebbe chiamato da allora in poi, venne su sviluppando una grande sensibilità interiore e si rivelò presto dotato di un’acuta intelligenza e di una già notevole tempra morale, qualità, queste, che più tardi i primi biografi avrebbero esemplificato con una serie di aneddoti tutti tesi quasi a fare emergere profeticamente il destino di apostolo della democrazia e dell’iniziativa popolare che sin dall’infanzia si era venuto preparando per lui.
Al termine di una tranquilla adolescenza di studi e di letture, Mazzini si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo genovese. Nel 1827 si laureò regolarmente, ma intanto, parallelamente alla conoscenza dei codici, aveva portato avanti con passione tutta romantica lo studio della letteratura, intesa soprattutto come testimonianza di vita civile e come specchio della condizione morale di un popolo. Veniva così abbozzandosi nelle sue prime riflessioni la critica dell’Europa uscita dalla Restaurazione, e si delineava con sempre maggior precisione l’idea di un riscatto della patria italiana mortificata in una condizione di inarrestabile decadenza alla cui origine stava la storica divisione territoriale della penisola. Entrato così in una dimensione politica, Mazzini cominciò a dare sfogo alla sua ansia di fare qualcosa di concreto per il paese, affiliandosi alla Carboneria genovese; e prese talmente sul serio questa sua militanza nella società segreta da segnalarsi presto come uno degli elementi più solerti nella diffusione della rete settaria e nel reclutamento di altri giovani: lo favorivano, in questo, i rapporti che aveva conservato con le numerose amicizie dei suoi anni universitari.

Giornalista e cospiratore

Tra il 1828 e il 1830 Mazzini intensificò sia l’attività di giornalista (aveva fatto le prime prove nel 1826 e ora collaborava all’«Indicatore Genovese» e quindi all’«Indicatore Livornese»), sia quella cospiratoria. Gli accadde, però, che dopo un viaggio in Toscana finisse nella trappola tesagli dalla polizia genovese, la quale lo sorprese mentre procedeva all’affiliazione di un neofita che era in
realtà un provocatore: arrestato e incarcerato a Savona il 13 novembre 1830, spese i due anni e mezzo che durò la sua detenzione a meditare sui limiti di un’esperienza come quella appena fatta e sulla necessità di superarla, rinnovando i programmi e rendendo più chiari gli obiettivi.
Quando il 28 gennaio 1831 lo prosciolsero per mancanza di indizi, preferì l’esilio al confino in un
paesino sperduto del Piemonte e se ne andò in Francia, convinto che presto sarebbe tornato in Italia

sulla scia di una rivoluzione vittoriosa.

La rivoluzione ci fu, ed ebbe come teatro principale l’Italia centrale, ma fu presto domata. Per
Mazzini questo insuccesso era una prova ulteriore della debolezza della Carboneria e della
ristrettezza dei suoi metodi e delle sue vedute: perciò, nel fondare a Marsiglia la Giovine Italia
(luglio 1831), considerò basilare per il futuro di questa nuova società la trasparenza dei princìpi e
dei programmi che sintetizzò in una formula (creare la nazione italiana «una, indipendente, libera e repubblicana») che non lasciava spazio ad equivoci di sorta. Anche per questo motivo la sua
organizzazione si diffuse fulmineamente sia tra gli esuli italiani in Francia, sia in quelle zone della
penisola dove più forte era l’insofferenza per la presenza straniera o per il dispotismo dei sovrani.
Ma i primi tentativi insurrezionali promossi dalla Giovine Italia, a Genova nel 1833 come in Savoia nel 1834, andarono completamente falliti, lasciando dietro di sé uno strascico tragico di
persecuzioni, processi ed esecuzioni capitali.
Costretto a cercare rifugio in Svizzera, Mazzini pensò allora di imprimere un colpo d’acceleratore
all’organizzazione rivoluzionaria, contrapponendo alla Santa Alleanza dei Re la Santa Alleanza dei
popoli: nacque così a Berna, nel 1834, la Giovine Europa, il cui scopo principale era quello di
raggruppare in un organismo unico le forze rivoluzionarie di tutti i paesi che, come l’Italia,
aspiravano alla libertà. Questa prospettiva, però, pur vedendo Mazzini impegnatissimo sul piano
teorico (sono di questi anni alcuni dei sui scritti di maggior rilievo e di più compiuto contenuto
ideologico), sul piano concreto produsse ben pochi risultati e anzi suscitò l’allarme nelle Potenze
reazionarie che incrementarono la sorveglianza su una cospirazione che minacciava di assumere
dimensioni e caratteristiche internazionali. Espulso dalla Svizzera, all’inizio del 1837 Mazzini si
stabiliva a Londra.
La ripresa del lavoro politico fu lentissima e travagliata da problemi che toccavano anche il piano
personale. Si dovette attendere il 1840 perché la Giovine Italia si riorganizzasse avendo di mira,
però, più che la preparazione di rivolte destinate puntualmente a fallire, l’educazione degli italiani ai valori patriottici e la tutela morale e materiale di quanti erano stati costretti a partire per l’esilio. Per qualche anno i giornali (l’«Apostolato Popolare», ad esempio) e le attività educative (la Scuola Italiana di Londra per i bambini poveri) assorbirono Mazzini, distogliendolo almeno in parte dal compito che un tempo aveva considerato primario: l’organizzazione dell’insurrezione. Poi gli avvenimenti del 1848 lo rituffarono nella politica vissuta in prima persona, riportandolo in Italia dopo una sosta a Parigi, dove ai primi di marzo 1848 aveva costituito l’Associazione Nazionale Italiana in cui erano confluiti esponenti delle più varie sfumature del liberalismo italiano.
Presente a Milano nei mesi successivi all’insurrezione delle Cinque Giornate, Mazzini tenne una difficile posizione intermedia tra i democratici più avanzati, fautori di una soluzione repubblicana, e i sostenitori dell’alleanza con il Piemonte monarchico. Ad agosto, ritornati gli Austriaci, riparò in
Svizzera, sforzandosi di creare da lontano le condizioni per un rilancio della lotta armata che avesse a protagonista il popolo e non più le forze moderate.
L’anno dopo era a Roma, alla testa, dal marzo 1849, di quel triumvirato che resse le sorti della
Repubblica Romana, guidò la resistenza all’invasione degli eserciti alleati spediti a rimettere il papa sul trono e animò la difesa della città contro gli assalti del corpo di spedizione francese. Dopo la resa della città (3 luglio 1849), Mazzini riprese la via dell’esilio ma non desistette affatto dai suoi progetti politici, che anzi rilanciò in grande stile con la creazione di una nuova struttura
plurinazionale, il Comitato Centrale Democratico Europeo, concepito (1850) per coordinare le lotte delle avanguardie rivoluzionarie delle nazionalità oppresse e preparare così i popoli alla vittoria contro il dispotismo.
In pochi mesi Mazzini diede seguito a tali premesse, diffondendo appelli e proclami, cercando la
solidarietà dell’opinione pubblica occidentale, organizzando in Italia la raccolta dei fondi necessari
per finanziare i nuovi progetti. Ma il moto insurrezionale del 6 febbraio 1853 a Milano con il suo
esito disastroso fu un colpo durissimo per l’intero movimento mazziniano che rimase paralizzato a lungo e per di più dovette subire la diaspora di alcuni dei suoi esponenti più illustri verso altre
formazioni politiche. Questa fase di riflusso visse poi un altro dei suoi momenti più critici con il
fallimento dei moti dell’estate del 1857 e con la tragica conclusione della spedizione di Sapri in cui
perse la vita, tra gli altri, Carlo Pisacane.

Da protagonista a spettatore

Dal complesso di queste vicende e dal contemporaneo profilarsi delle ipotesi moderate per la soluzione del problema nazionale si ricavò la sensazione di un declino lento ma costante delmovimento repubblicano e di una perdita di peso politico da parte del suo capo riconosciuto. Gli anni 1859-60, che portarono il paese all’unificazione sotto l’egida della monarchia piemontese, ebbero in Mazzini più uno spettatore passivo che un protagonista. Non per questo egli rallentò il suo impegno che fu soprattutto di stimolo ad una piena attuazione del processo unitario contro tutti i condizionamenti della situazione internazionale e contro le preoccupazioni del ceto dirigente liberal-moderato che, impersonato principalmente dal conte di Cavour, aveva nel frattempo preso inmano le redini del movimento nazionale.
La distanza di Mazzini dalle istituzioni si approfondì nel primo decennio di vita del Regno d’Italia,
quando la sua figura assurse definitivamente al ruolo di coscienza critica di una esperienza di liberazione che era rimasta in sospeso (il Veneto e Roma non erano ancora stati liberati) e di una prassi politica che aveva privato la gran parte della popolazione della possibilità di esprimersi sul tipo di istituzioni da dare alla nuova Italia, con la conseguenza di una profonda spaccatura tra il Parlamento e i cittadini, nonché di una perdita di rappresentatività del primo rispetto ai secondi.
Perciò in questa fase la sua predicazione si rivolse principalmente ai ceti operai, possibili interpreti di una vita nazionale fatta di moralità, laboriosità e dedizione sincera alla patria.
Nacquero allora, sotto il suo impulso, le prime società operaie; il loro segno distintivo erano, assieme alla tutela degli interessi dei lavoratori e al richiamo costante alla loro emancipazione, l’attenzione per la situazione interna del paese e il desiderio di contribuire al suo progresso con una presenza non marginale nella vita nazionale. La propaganda repubblicana di Mazzini trovava
alimento nelle brutture della monarchia e nelle scelte che, legando Vittorio Emanuele II alla Francia, lo inducevano a diffidare dell’iniziativa popolare e nello stesso tempo a cercare di piegarla ai propri fini. Furono soprattutto le modalità della liberazione del Veneto – ottenuto nel 1866 inseguito ad una guerra combattuta a fianco della Prussia bismarckiana – a spingere Mazzini a mettere in piedi una nuova struttura rivoluzionaria, l’Alleanza Repubblicana Universale, in vista di una liberazione di Roma che, se tolta di mano alla monarchia, avrebbe rappresentato l’ultima occasione per l’applicazione del principio di nazionalità come fattore di autorigenerazione collettiva.
Da qui presero le mosse gli ultimi piani insurrezionali mazziniani che ebbero infelice attuazione nella primavera del 1870. Lui stesso l’11 agosto di quell’anno partiva per la Sicilia, sperando che potessero avervi buon esito i preparativi di un moto popolare cui da tempo stava lavorando con i più fidati dei suoi seguaci. Arrestato al momento dello sbarco a Palermo, fu rinchiuso nel carcere di Gaeta: qui seppe dell’entrata delle truppe italiane in Roma (20 settembre 1870) e della caduta
dell’ultima delle sue illusioni. Liberato il 14 ottobre per amnistia, risalì affranto la penisola e, dopo un breve soggiorno in Svizzera, fece ritorno a Londra.
Gli restava da combattere ancora una battaglia a difesa dell’integrità morale di un movimento operaio che gli appariva non immune dai germi del socialismo, divenuti particolarmente contagiosi dopo le vicende della Comune di Parigi della primavera del 1871. Profuse dunque le energie che gli rimanevano negli articoli scritti per il suo ultimo periodico, la «Roma del Popolo», da dove polemizzò aspramente con la visione marxista della società, fondata sul materialismo, la lotta di classe e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione. Nel novembre del 1871 promosse il «Patto di fratellanza» delle società operaie italiane che propugnava il principio dell’associazione e della fratellanza tra tutte le classi.
All’inizio del 1872 Mazzini, da tempo malato, giungeva in incognito a Pisa per prendere alloggio nella casa dei Nathan Rosselli. Presto la sua salute declinò inesorabilmente, rendendo vana la speranza di una guarigione: la morte lo coglieva il 10 marzo 1872 nel lettino di ferro dove giaceva ì da alcuni giorni avvolto nello stesso scialle che qualche anno prima aveva coperto il corpo agonizzante di Carlo Cattaneo.

fonte - clicca
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SI DICE.... --- varie ed eventuali

Alle prime elezioni del Parlamento piemontese il pericoloso ricercato repubblicano latitante GIUSEPPE MAZZINI fu eletto per ben tre volte DEPUTATO della Città di Messina, il re del Piemonte annullo' le elezioni e poi non le fece più fare lasciando Messina senza deputato a Torino.
A Giuseppe La Farina invece costruirono un grande monumento in una piazza di Torino, tanto che molti piemontesi pensano che sia stato un loro paesano invece era messinese, aveva tramato con Cavour per invadere la Sicilia con l'aiuto degli inglesi e di un certo Giuseppe Garibaldi.

Giuseppe Mazzini non era Libero Muratore

Mazzini morì in esilio a Pisa il 10 Marzo 1872 nella casa Nathan-Rosselli per "rinascere" il 17 Marzo 1872 Libero Muratore. La Massoneria ottocentesca "invitava tutti i Liberi Muratori, a qualunque nazione appartengano, sparsi attualmente nella valle del Tevere, a raccogliersi domenica mattina alle ore 9 nella Piazza del Popolo verso il Pincio, per prendere parte alla cerimonia funebre in onore del defunto Fratello Giuseppe Mazzini".

L'appropriazione indebita del grande pensatore italiano continuò con la costruzione della tomba di Mazzini nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova. I Massoni liguri ordinarono all'architetto Gaetano Vittorio Grasso (non Massone) una tomba (vedi immagine in alto) che doveva riprodurre in piccolo il Tempio di Re Salomone, porticato e colonne Jachin e Boaz incluse.

Nonostante alcuni websites su internet indichino il Mazzini fra i Massoni famosi, probabilmente sviati da una pubblicistica di parte specialmente attiva dopo la morte del grande patriota italiano, egli non fu mai iniziato alla Libera Muratoria né in Italia né all'estero.

Anzi, come riporta per esempio Nello Rosselli nel suo libro "Bakunin e Mazzini" più volte nelle sue lettere Mazzini specificò di non essere Massone.

In una lettera a Federigo Campanella del 12.6.1867 scriveva "...La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente inutile a ogni scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura d'eliminazione ed una revisione delle file, poi una formula nazionale o politica per l'iniziazione..."

Il Campanella era Massone e dopo che Garibaldi rinunciò al titolo di Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del RSAA di Palermo (7.7.1868), propose a Mazzini di divenirne il nuovo Sovrano G.C. In verità il Campanella fece molto di più: inviò al Mazzini la nomina e la formula del giuramento per la firma di accettazione. Mazzini lesse la formula di giuramento e rispose che l'unico giuramento che avrebbe fatto nella sua vita era quello verso la sua libertà di pensiero.

Ernesto Nathan il 21.4.1918 dovette affermare inoltre "...Mazzini nella Massoneria non volle mai entrare. Diffidava dell'ascendente goduto dalla direzione massonica francese, e dalla tiepida sua volontà a dare valido aiuto alla propaganda per il risorgimento patrio. Ma fu sempre in amichevole con i massoni più influenti."
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Mazzini era socio del banchiere livornese Roberto Lemmi, massone fondatore della P1...ecco...quella che Licio Gelli tempo dopo denominò P2. Insieme organizzarono intrighi attentati terroristici e omicidi eclatanti, al loro seguito una masnada di criminali senza scrupoli. Mazzini inoltre era organico alla nascente Mafia, sotto il suo protettorato agiva Esposito boss mafioso dei due mondi...Signorina bella la racconti tutta la storia su Mazzini



http://www.bassilo.it/area_alunni/mazzini/index.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Mazzini
http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/mazzini2.htm
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Personaggi/Mazzini.htm
http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/mazzini.htm
http://www.google.it/search?q=mazzini&hl=it&prmd=ivnsbm&tbs=tl:1&tbo=u&ei=wAs6TbDFGcXKswbK1rXzBg&sa=X&oi=timeline_result&ct=title&resnum=18&ved=0CJMBEOcCMBE

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