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BRIGIDINI

BRIGIDINI un dolcetto nato per sbaglio

storia, ricetta etc tratte dal web

Questi dolci sono così ricordati da Pellegrino Artusi , nel suo famosissimo libro:
«è un dolce o meglio un trastullo speciale, alla toscana, che trovasi in tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme di cialde».
I brigidini, chiamati anche cialde o cicalini, sono una specialità di Lamporecchio (paese fra Pistoia ed Empoli), e il loro nome viene dalle “Brigidine”. Devote a Santa Brigida, queste monache vivevano in un monastero del luogo, e il loro “servizio” consisteva nella preparazione di ostie per la comunione, realizzate per mezzo di stampi in ferro con due dischi incisi, fatti a mo’ di lunga tenaglia. La leggenda vuole, che verso la metà del XVI sec., tutto sia cominciato per l’errore di una delle sorella, che mentre stava elaborando l'impasto delle ostie ne sbagliò la preparazione. Le monache allora, per non sprecare quel composto e mangiarlo in occasione del pranzo domenicale, pensarono di ingentilirlo aggiungendovi dei chicchi d’anice.
Era così nato il "trastullo speciale", destinato a divenire la ghiottoneria profana, che si prepara da tempo immemorabile in tutte le sagre d’Italia.
Leggi ricetta


Impastare della farina con un uovo più un tuorlo, zucchero, un pizzico di sale, un po’ di liquore d’anice e dei semi d’anice.
Si lavori la pasta sulla spianatoia come per la sfoglia, poi si manipoli allungandola in fili cilindrici grossi come un mignolo. Questo cilindro, detto “baco”, dovrà essere tagliato in pezzetti come nocciole. Ciascuna di esse, sarà poi passata in un'apposita schiacciata da cialde a diretto contatto con la fiamma viva. Cuocere il brigidino affinché non avrà preso un bel colore dorato.
Come si usava nel passato, presentate i brigidini in cesti foderati con carta gialla.


Brigidini toscani

Brigidini di Lamporecchio
Ingredienti
Dose per circa 30 brigidini:
1 tazza di farina per torte
2/ 3 di tazza di zucchero
3 uova
1 cucchiaio da tavola di semi di anice
un pizzico di sale
un pizzico di estratto di vaniglia (opzionale)
Uno stampo per brigidino o un ferro con piatti piani


Preparazione
Sbattere le uova fino a farle diventare schiumose, aggiungere lo zucchero e i semi di anice e lavorare aggiungendo la farina, sale e vaniglia fino a far diventare la pasta liscia e morbida. Riscaldare lo stampo per i brigidini o i piatti caldi in modo che brucino e mettere un cucchiaio da tè di pasta su uno dei piatti, unire l'altro piatto bollente finché il brigidino è fatto, a quel punto il brigidino dovrebbe essere croccante.

Sono piccole e fragranti cialde dorate a base di uova, zucchero, anice e farina. Il loro nome rimanda alle brigidine, monache di un convento locale, devote alla svedese Santa Brigida, che sono ritenute le creatrici di questi dolci.


La Storia
«E' un dolce o meglio un trastullo speciale alla toscana, ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme da cialde». Così il più famoso esperto di ricette, Pellegrino Artusi, descrive il brigidino. E' stata proprio la Toscana ad aver dato i natali a questi particolarissimi dolcetti gialli tipici del piccolo paese di Lamporecchio, in provincia di Pistoia. La leggenda vuole che siano state le suore di un convento ad inventare per sbaglio il brigidino. Tutto cominciò con un errore di suor Brigida, che si confuse mentre stava preparando l'impasto delle ostie. Le sorelle, per non sprecare quel composto, pensarono di ingentilirlo aggiungendovi dei chicchi di anice. Nacque così quel "trastullo speciale" destinato a divenire una tradizione a Lamporecchio, dove la ricetta si è tramandata di generazione in generazione dando vita a molte botteghe artigianali specializzate proprio nel brigidino. La pasticceria Carli è sicuramente una delle più antiche e rinomate del paese. «I miei bisnonni cominciarono l'attività a fine ottocento - racconta una delle titolari -. All'epoca vendevano i brigidini e la frutta fresca e secca. Un binomio un po' strano, che durò diversi anni. In seguito i miei nonni e lo zio pensarono di specializzarsi nei brigidini, e da allora ci siamo tramandati l'attività di padre in figlio. Nel 1969 abbiamo ingrandito il negozio trasformandolo in pasticceria e adesso ci lavoriamo in tre fratelli». In passato non sono mancati i riconoscimenti alla famiglia Carli per la sua attività. «Nel 1905 il mio bisnonno, Leopoldo Carli, ricevette la medaglia d'oro a Roma da Vittorio Emanuele III, per essersi classificato primo all'esposizione nazionale per brigidini e berlingozzi. Furono alcuni nobili romani, che avevano delle proprietà a Lamporecchio e che quindi conoscevano e apprezzavano la nostra produzione, a invogliare il bisnonno a partecipare a questa esposizione». Dal 1800 ad oggi la lavorazione dei brigidini, almeno per quanto riguarda gli ingredienti, è rimasta quasi inalterata. «Gli ingredienti dei brigidini sono uova, farina, zucchero e anice - spiega la titolare -. Una volta si formavano delle palline, che venivano cotte sulle piastre come quelle dei necci. Avevano una forma tonda, ma molto più grande di quella attuale. Fino agli anni '40 sono stati fatti con questo sistema. Poi venivano cotti sulle stampe calde con resistenze a elettricità. Finché, nel 1980, un signore di Pieve a Nievole ha inventato la macchina dei brigidini. L'impasto è sempre lo stesso, solo che oggi, al posto dei chicchi, si usa l’essenza di anice. Anche i tempi di lavorazione sono rimasti lunghi, tant’è che il nonno e lo zio si occupano solo dei brigidini».


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