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biscotti di San Martino

l' 11 novembre è un giorno in cui si accavallano molte ricorrenze alcune belle e alcune tristi , in alcune zone la festa di San Martino veniva festeggiata anche preparando dei biscotti di cui diamo la ricetta
in questo periodo il clima si fa' piu' mite difatti è chiamato Estate di San Martino

San Martini

Ingredienti
Farina, Zucchero, Strutto, Lievito, Semi di anice, Cannella, Burro
Preparazione
Impastare la farina con lo strutto, un po’ d’acqua, il lievito, lo zucchero. Quando la pasta è morbida, aggiungervi la cannella e i semi di anice. Impastare bene il composto. Ricavarne dei bastoncini di 5-6 cm. Adagiateli in una placca da forno imburrata. Fare lievitare i “sammartini” per un’ora in luogo caldo. Infornarli a 180° per 20 minuti. Decorare con zucchero a velo.

Dolci ricorrenze etc di San Martino cenni storici

Nel giorno consacrato a S. Martino si stilavano i bilanci dell’annata e venivano rinnovati i contratti agrari. Per il mondo contadino, dunque, l’11 di novembre era un giorno importante, una sorta di “capodanno”, di spartiacque stagionale da celebrare con lauti banchetti e grandi bevute, in un’atmosfera gioiosa, di gaudio, eco di antichissimi culti agrari. In questo giorno, oche, castagne e vino era la triade alimentare che dominava, solitamente, sulle tavole contadine. Mentre, per quanto riguarda i dolci, numerose sono le varianti, da nord a sud della penisola: si va dai galeti veneziani ai turcinielli e alla “pizza con i quattrini” della tradizione abruzzese, dai “viscottu” di S. Martino ai guasteddi siciliani, ai papassinos di Sardegna.
E’ un S. Martino a cavallo quello effigiato sui galeti o gialletti veneziani di farina di mais che vengono donati ai bambini nel corso della tradizionale questua in nome del santo. Mentre, nella cosiddetta “pizza con i quattrini” abruzzese, fatta di farina di mais, noci, fichi secchi e miele, viene nascosta una monetina per i bambini più fortunati. In Sicilia, per celebrare il santo di Tours, si preparano speciali biscotti detti “sammartini”, che le famiglie più abbienti offrivano alle persone di servizio e ai vicini più bisognosi, in segno di devozione. “U viscottu di San Martino abbagnatu”, “i biscotti di San Martino bagnati”, cioè, inzuppati nel vino dolce moscato era la classica merenda dell’11 novembre dei nobili palermitani. A Palermo, dove la tradizione dolciaria barocca è ancora molto viva, questi biscotti vengono impreziositi da un velo di candida glassa decorata con confettini e fiori di pasta reale. Nella Sardegna profonda, l’11 di novembre ai freschi sposi vengono donati da parenti e amici i “papassinos”, biscottini tradizionali confezionati con uva passa.
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San Martino: maiale, oca e vino


San Martino (IV sec d.C.)La trasformazione dell’uva in vino, è uno degli avvenimenti più importanti dell’annata agricola, e nella tradizione popolare, il santo dell’autunno è San Martino. Vissuto in Francia nel IV sec., figlio di un soldato e militare lui stesso, San Martino vescovo, si vede attribuiti atti di vero eroismo spirituale, fra i quali, uno dei più famosi, l’episodio della cappa strappata a metà per essere donata ad un povero infreddolito (dell’altra mezza, ne fecero lo stendardo del re di Francia). A lui si riconoscevano molti “patronati”, era chiamato a proteggere: viandanti, locandieri, mariti traditi ed ubriachi. Martino, astemio e temperante fu eletto anche patrono dei mestieri della viticultura, perché ritenuto capace di trasformare il mosto in abbondante vino.

Questa un passo da San Martino del Carducci :

“…per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando...”

L’11 novembre, simbolicamente giorno finale del calendario rurale, coincideva con quel periodo di tempo che arrivava fino al carnevale, nel quale si uccideva il maiale dalla cui lavorazione si ottenevano le "provvigioni pendenti al soffitto" (prosciutti, salami, cotechini, ecc.).
La "maialatura" avveniva nelle case dei contadini, affidata a specialisti che venivano da fuori, con la partecipazione della famiglia, dei parenti e dei vicini. Dopo l'uccisione e il lavoro di approntamento degli insaccati e degli altri derivati, i norcini o mattatori o lardaroli (chiamati variamente nei diversi dialetti), partecipavano alla tradizionale, superba, rumorosissima "cena del porco" durante la quale si consumavano i residui della carne dell'animale.
I festeggiamenti dell’estate di San Martino, così chiamata per lo scampolo di bella stagione che il patrono regalava, erano anche l'occasione di mangiar carne d’ogni genere, pur restando il ragù di maiale il preferito da sposare ai primi a base di maccheroni.
Cacciagione e gallinacei, facevano la loro comparsa nel tegame, e l’oca in particolare, ritenuta il porcellino dei poverissimi, era tanto gradita, perché gravida di ottima carne, grasso e piume (ideali per calde trapunte).

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approfondimento trovato sul web

Dolci di San Martino


Ogni occasione è buona! Questo direbbe qualunque persona nell’apprendere che per i siciliani tutte le opportunità, specialmente quelle sacre, sono favorevoli per produrre, ma soprattutto per consumare, dolci. Di certo, alle menti creative e golose isolane non sfugge l’opportunità di onorare il generoso santo di Tours che dona il suo mantello.
Una curiosità: la tradizione prevede un San Martino dei ricchi, che è quello dell’11 Novembre, e uno dei poveri, che per festeggiare attendevano la prima Domenica successiva al giorno 11, forse per ragioni economiche legate alla scadenza della paga settimanale. Il San Martino dei poveri veniva festeggiato a Palermo, con il rito del biscotto di San Martino “abbagnatu nn’u muscatu”, cioè di un particolare biscotto chiamato sammartinello, inzuppato nel vino moscato.Confezionati con fior di farina impastata con il latte e fortemente lievitata. I biscotti hanno la forma di una pagnottella rotondeggiante e l’aggiunta nell’impasto di semi d’anice che conferisce loro un sapore e un profumo particolare. Per inzuppare si usa utilizzare un vino liquoroso, il “Moscato o Passito di Pantelleria”, che grazie alla particolare fermentazione presenta un profumo fruttato ed un gusto dolce ed aromatico.
Su questo vino si racconta la leggenda della Dea Tanit (la dea punica della fecondazione), che, invaghitasi di Apollo, voleva a tutti i costi attirarne l’attenzione. Venere, la dea dell’amore, le consigliò che per raggiungere l’obiettivo doveva salire sull’Olimpo e fingersi coppiera. Tanit seguì il consiglio, e sostituì all’ambrosia, bevanda abituale degli dei, il mosto delle vigne di Pantelleria.
Il trucco riuscì ed Apollo si innamorò perdutamente di Tanit. Il celebre Passito in effetti è prodotto nell’isola da tempo immemorabile ma cominciò ad essere esportato solo nel 1883. Nel 1936 fu inserito tra i vini tipici italiani per il suo “aroma delicato e fine e per il suo sapore vellutato, dolce, carezzevole, generoso”, e già nel 1971, ottenne la Doc. Il vino ha una fermentazione particolare infatti i grappoli di uva Zibibbo, raccolti ad Agosto, sono fatti appassire al sole su stenditoi di pietra nel vigneto per una ventina, trentina di giorni. Si ottiene così un vino dal profumo intensamente fruttato di albicocca e pesca sciroppata, dal gusto dolce, pieno, aromatico, ma non stucchevole.
Dal momento che non ne abbiamo mai abbastanza, non ci accontentiamo del solo biscotto croccante per l’abbagnata ma ne vengono realizzati dai maestri della sacca a poche due alternative. La prima utilizza il “rasco” variante morbida del biscotto, è destinata ad essere riempito. I maestri dell’alta pasticceria palermitana, impreziosiscono i tradizionali biscotti, rivestendoli con certosini ornamenti barocchi; una velata di zucchero fuso e decorandoli con cioccolatini fondenti, confettini e addobbi floreali di pasta reale, il tutto ripieno di marmellata. La seconda variante, prevede che il biscotto, sempre morbido, venga svuotato, inzuppato in liquore di rhum e riempito di crema di ricotta e scaglie di cioccolato.
Di sicuro questo è il migliori dei modi per dire addio all’estate e anticipare le delizie del natale

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